Omelia (05-04-2015) |
don Luca Garbinetto |
Egli vi precede in Galilea Vennero, le donne, al sepolcro. È presto, il sole si sta appena levando. Le donne sono sempre le più intraprendenti, si muovono prima. E si sono preparate con cura, comperando gli oli per la sepoltura. Le donne non si dimenticano facilmente dell'amore ricevuto, e difficilmente si lasciano superare nella riconoscenza e nei gesti di bene. Il loro Amato ora è morto. Ma non smettono di manifestare il loro affetto, che è segnato nella carne dalla sofferenza, e penetra nello spirito attraverso un religioso atteggiamento di tenerezza verso il corpo del defunto. Le donne patiscono la morte dell'Amato, ma desiderano perpetuare la comunione con Lui. Anche se tutto sembra finito, le spinge a venire l'inconsapevole speranza che l'aroma della vita possa ancora profumare gli odori della morte. Sebbene portino nell'animo la pesantezza del momento, del dubbio, della rassegnazione: ‘Chi ci farà rotolare via la pietra?'. Pare la domanda essenziale. Chi toglierà l'ostacolo e ci permetterà di comunicare ancora? Chi oltrepasserà davvero il confine tra noi e Lui, che non è più qui? Chi metterà in comunione nuovamente il Cielo con la terra, ora che la terra si è chiusa sopra di Lui? È la nostra domanda, spesso angosciata, impaurita, che manifesta la nostra intima impotenza: chi ci libererà dal dramma della morte? Chi porrà fine alla tragedia della nostra finitezza? Dove troveremo la risposta al nostro desiderio di infinito? Aspiriamo a che siano infinite le nostre relazioni d'amore, che sia infinito il bene che vogliamo ai nostri cari, che sia infinita la pace tra i popoli! Le nostre paure si fanno invocazione: ‘Signore, quando sarà che la vita vincerà la morte e durerà per sempre?'. La morte ci terrorizza, perché sembra porre una pietra di definitiva incomunicabilità tra noi, perché ci emargina in un assoluto isolamento... Ci siamo noi, nella domanda delle donne. Che chiacchierano tra loro, con lo sguardo basso. Come noi cerchiamo risposte spesso senza alzare gli occhi, illusi da false promesse tecnologiche che possono al massimo prometterci di allungare la fatica della nostra fragilità. Ha senso vivere 100, 200, 500 anni se rimaniamo inesorabilmente mortali? Ha senso eliminare ogni malattia e ogni imperfezione se comunque dobbiamo lasciare questa terra? Ha senso smettere di soffrire se non possiamo continuare a vivere per sempre? Ha senso la nostra intima solitudine? Ma le donne non permettono a queste domande di inchiodarle nella rassegnazione. Pur non capendo e oppresse dal dolore, o forse proprio per questo, si mettono in movimento. Insieme. Rifiutano alla radice l'individualismo. E vengono. Vengono lì dove solo può esserci un bagliore, una luce che squarcia l'incomprensibile. Vengono lì dove hanno deposto il corpo dell'unico che ha saputo mostrare un nuovo modo di guardare la vita, e ha vissuto in modo nuovo la morte. Vengono perché hanno visto celebrare il dramma e il mistero di una donazione totale. Forse c'è un'attrazione inesprimibile: ogni persona è attirata verso la testimonianza del dono gratuito, perché la verità di sé affascina anche i cuori più duri. Lo aveva detto l'Amato: ‘Attirerò tutti a me!'. Così avviene l'inatteso. Irrompe l'imprevedibile. O meglio, alzando lo sguardo si accorgono che è già accaduto. Perché se le donne sono mattiniere, Dio lo è di più. E Dio è imbattibile in iniziativa. ‘La pietra era già stata fatta rotolare, benché fosse molto grande' (v. 4). Se ne accorgono quando finalmente fissano gli occhi e osservano: cioè si fermano, e contemplano quanto lo sguardo umano mai avrebbe potuto immaginare di poter vedere. La pietra è già stata tolta, seppur pesantissima. Dio ha vinto la morte! Gesù è risorto! No, non lo capiranno né lo crederanno facilmente le donne. Le buone notizie, le notizie inattese hanno bisogno di tempo per essere incamerate e metabolizzate. Ma questa in particolare è un terremoto, più forte di quello che ha scosso la terra quando Gesù ha dato il suo ultimo respiro. La buona notizia, il vangelo della risurrezione genera in esse paura! Capita: lo spostamento d'aria è potente, perché Dio va ben oltre le nostre aspettative. Egli abbraccia la nostra debolezza e ci dona la forza dell'amore senza fine. Egli infrange i limiti della nostra temporalità e ci fa abitare l'eterno. Egli attraversa la frontiera della morte e ci immette nel godimento dell'immortalità. Insieme . Ecco ciò che desideravamo, con le donne; ecco la risposta, definitiva, imprevedibile. Siamo fatti per la vita, siamo fatti per l'eternità! E Dio ci precede, nel condividere questa verità esistenziale con noi. Dio non aspetta di trovarci degni, di riconoscerci ben preparati. I vasetti di olio e di aromi non servono più; gli attrezzi con cui cerchiamo di garantirci un bagaglio adeguato all'incontro con Lui non hanno più valore. Possiamo lasciare tutto lì, nel sepolcro aperto e vuoto, come la brocca ormai inutilizzabile per attingere acqua antica. Ora serve solo la nostra sete, la nostra trepidante esigenza di incontrarlo, toccarlo, stare con lui. Dio, nel suo angelo, invita le donne e noi a tornare a casa, alla vita quotidiana, al mondo. E anche lì ci precede Lui. Ci precede Gesù risorto. Ci precede con il costato aperto e zampillante acqua di salvezza e sangue di donazione. Nei rapporti ordinari, nelle relazioni di ogni giorno, nelle gioie e fatiche normali è penetrato definitivamente il profumo della Risurrezione. L'ha sparso Egli stesso, e continua a farlo ogni volta che qualcuno di noi, anziché rimanere a testa bassa a fantasticare ingannevoli fughe dalla realtà della nostra fragilità, alza lo sguardo e coglie l'opportunità di una comunione profonda con Lui attraverso i fratelli. Mettiamoci in cammino, allora. Oggi esultiamo di gioia, perché la nostra pietra è stata già rotolata via. E oggi, venuti al sepolcro e sorpresi da Dio che ci ha preceduto nella Vita, andiamo a riconoscerlo Vivo in mezzo alla nostra gente. Siamo risorti con Lui, in questa Santa Notte! Viviamo da risorti, senza più paura, perché Gesù Risorto ci precede in Galilea! |