Omelia (19-04-2015)
fr. Massimo Rossi
Commento su Luca 24,35-48

Nella pagina tratta dagli Atti degli Apostoli, Pietro dichiara, sì, il peccato di coloro che hanno ucciso il Signore; al tempo stesso afferma che all'origine del peccato c'è l'ignoranza.
In altre parole, il peccato è sempre un errore.
Ci insegnano che l'ignoranza della legge non scusa, ed è vero, per fortuna. Ignorare la verità non rende innocenti; tuttavia è anche vero che se loro avessero, se noi avessimo conosciuto tutti gli aspetti della situazione, quei gesti sbagliati non li avrebbero, non li avremmo compiuti; quelle parole di troppo non le avrebbero, non le avremmo pronunciate.
Dio sta sempre dalla parte del perdono, fa di tutto per non condannare, per assolvere e salvare. Questa è la prospettiva positiva, nella quale possiamo/dobbiamo collocare il cammino della nostra conversione. C'è in gioco la nostra pace interiore, che è fondata sulla pace con Dio. Se siamo in pace con Lui, tutto è più facile. Anche la fatica, anche i problemi appaiono sotto una luce diversa, meno pesanti, meno tragici. La pace interiore è la condizione necessaria per costruire pace anche all'esterno, con il prossimo. Al contrario, colui che ha lo spirito inquieto, difficilmente sarà in grado di disporsi alla pace con gli altri. È come se, dovendo scalare una montagna, invece di considerare l'obbiettivo della vetta, calcolassimo il numero complessivo dei passi. Ebbene, soppesare la fatica è una battaglia persa prima ancora di averla iniziata. Vincerà la fatica, e noi perderemo ogni slancio.
A proposito di fatica, ci siamo mai fermati a riflettere sulle fatiche dell'anima? Molti credono che il vero amore non richieda alcuna fatica... "È così bello amare e lasciarsi amare!". E con questa visione, forse un po' troppo irenica dell'amore, si confonde l'amore con l'innamoramento. Dico questo perché la seconda lettura pone in relazione l'amore per Dio e l'osservanza dei comandamenti, ai quali siamo tutti tenuti per fede. "Da questo sappiamo di aver conosciuto Dio: se osserviamo i Suoi comandamenti.". Nel linguaggio biblico, conoscere Dio, conoscere un uomo, una donna, significa amare Dio, amare un uomo, amare una donna.
Dunque, la questione: l'amore possiede uno statuto normativo suo proprio? Potremmo rispondere che, per noi cristiani, lo statuto dell'amore umano si chiama matrimonio. Ma anche l'amicizia è regolata dalle sue leggi. E così, come non tutti i giorni ci svegliamo con il sole, anche in amore non è sempre domenica. La fatica della perseveranza si fa sentire presto; è questo il momento nel quale ci ricordiamo di avere assunto un impegno esplicito, ufficiale, ed è ora di mantenerlo. Non esiste piacere senza dovere; ogni piacere va costruito, e costruire è sempre faticoso. Sto dicendo cose scontate? Perdonatemi.
Temo tuttavia che tra la gente sia diffusa una serie purtroppo numerosa di equivoci sul significato di parole come amore, emozioni, affetto, piacere, dovere, patto, impegno, fatica, fedeltà... Complici, o, meglio, colpevoli di questa generale confusione intorno al grande tema dell'amore, certa letteratura, certa filmografia e l'infinita rassegna di reality televisivi, dal Grande Fratello in poi... vere e proprie immondizie, pandemie maligne, che nascondono la verità, sotto un'apparenza di verità, neanche tanto verosimile - troppo ben costruita per non puzzare di finzione -; mentre la verità, quella vera, quella integrale, i sentimenti veri, l'impegno autentico a costruire relazioni significative e profonde, vengono tacciati di ingenuità, o, peggio, di stupidità.
Desidero spendere le ultime parole, gli ultimi minuti a disposizione per il Vangelo.
San Luca presenta l'incontro con il Risorto, nel cenacolo, in modo diverso rispetto a quello di Giovanni, che abbiamo ascoltato domenica scorsa. In pratica, il Signore ripete con gli Undici, ciò che aveva fatto con i due di Emmaus: spiega il senso delle Scritture alla luce della sua passione. In questo caso Gesù aggiunge il mandato ad essere testimoni della risurrezione: la testimonianza non consiste solo nell'assistere, ma nel vivere!
Ed ecco la sfida: come si fa a vivere la risurrezione di Cristo? come si fa a vivere da risorti?

Qualcuno propone di lavorare sul versante dello spirito: certo, coltivare lo spirito è un ottimo consiglio... Ma non basta! È un po' come credere che il corpo risorto del Signore, il corpo glorioso di Cristo sia in sostanza un corpo spirituale - ma si può parlare di corpo spirituale? -... Del resto, come avrebbe potuto, Gesù, passare attraverso le porte chiuse? il Risorto può fare questo e altro ancora, perché (dopo la risurrezione) è un puro spirito...
Invece no! e che il Signore non fosse un puro spirito, un fantasma, lo mostra Lui stesso, chiedendo agli apostoli qualcosa da mangiare. "Un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho.". Bene, ora che sappiamo che il Risorto non è un puro spirito, che cos'è?
Io credo che le due domande - com'era il corpo risorto di Cristo, e come si può vivere da risorti - siano in qualche modo correlate.
Testimoniare la risurrezione del Signore, vivendo da risorti, significa innanzi tutto non perdere il contatto con le cose terrene. Ritorna ancora e sempre il principio dell'incarnazione. Cristo risorto non rifiuta le mediazioni materiali tipiche dell'umano, come, appunto il cibo e gli affetti...
Tuttavia non ne dipende più come prima, come noi.
Anche noi, allora, dobbiamo resistere alla tentazione di credere che la fede privilegi la dimensione spirituale, su quella materiale... sarebbe una fede disincarnata! si tornerebbe alla tesi di matrice agostiniana, secondo la quale, il bene, la verità, la santità... non hanno niente a che vedere con la carne. Non rinneghiamo nulla di noi, se non il peccato! Nessuna dimensione dell'umano è intrinsecamente disordinata e dunque (più) incline all'errore. Possiamo peccare con il corpo, ma anche con lo spirito! in verità, colui che commette il peccato è l'uomo tutto intero, spirito, anima, intelletto, corpo... Tutto di noi può essere santo e tutto di noi può essere colpevole!
Nessuna fuga dal mondo, dunque! Nessuna presa di distanza dalla città degli uomini!
La vita può essere vissuta solo attraverso le sue proprie coordinate! Pensare diversamente, cercare altre strade, che non intercettano le dimensioni spazio-temporali, è alienazione bell'e buona!
Molti sono coloro che credono di credere e, in nome della fede, perdono il contatto con la realtà, o comunque vivono la fede - si illudono di viverla - in modo del tutto separato, avulso dalla realtà di questo mondo. E come lo salviamo questo mondo? come lo consacriamo questo mondo?
Quello che doveva fare il Signore, lo ha già fatto! Ora tocca a noi!!