Omelia (12-04-2015)
Casa di Preghiera San Biagio FMA
Commento su Gv 20, 26-29

«Poi Gesù disse a Tommaso: "Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio costato; e non essere incredulo, ma credente!". Gli rispose Tommaso: "Mio Signore e mio Dio!". Gesù gli disse: "Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!"».

Gv 20, 26-29


Come vivere questa Parola?

Il protagonista di questa domenica ottava di Pasqua è Tommaso "l'incredulo". Mi soffermo in particolare sulla ‘beatitudine' con la quale Gesù conclude l'incontro ‘ravvicinato' col suo Apostolo. Questa «beatitudine» - l'unica del Vangelo di Giovanni - Gesù la dice non più a Tommaso, ma a tutti i futuri credenti in Lui, e quindi anche a tutti noi. Essa sta al centro dell'incontro di Gesù con Tommaso e costituisce il punto di passaggio dalla visione alla testimonianza e si apre sul tempo della Chiesa, sul nostro tempo. Vero credente è ora chi, superato ogni dubbio e ogni pretesa di vedere direttamente, accoglie la testimonianza autorevole di chi ha veduto. Nel tempo del Gesù terreno, visione e fede erano abbinate, ma ora, nel tempo della Chiesa, la visione diretta non può più essere pretesa: basta la testimonianza degli Apostoli. Ogni visione sarà ora «indiretta» accessibile cioè soltanto attraverso lo specchio della Parola. Pertanto l'ascolto ora s'impone come un passaggio obbligato ed ineliminabile. Solo partendo dall'ascolto del kerigma si può accedere alla vera fede. Non esiste una fede senza la mediazione della Chiesa, un credere senza appartenere alla Comunità.

Inoltre, Tommaso mi ricorda una cosa fondamentale: che Gesù non è un fantasma, una fiaba e nemmeno una proiezione dei miei desideri. C'è un foro nelle sue mani e c'è un colpo di lancia nel suo costato, dove una mano può entrare. E io dico grazie a Tommaso, perché ho bisogno di sapere che Gesù non è un fantasma. E nella mano di Tommaso ci sono tutte le nostre mani. Di noi che crediamo senza aver toccato, ma perché Tommaso ha toccato per tutti noi!

Fede di mani che ha attraversato il cuore. La via per credere Tommaso non la ricerca in qualche segno di potenza, ma semplicemente nelle piaghe, immagini gloriose dell'Amore più grande.


Oggi, in un momento di raccoglimento e di preghiera ripeterò anch'io, con la fede di Tommaso, la sua stupenda preghiera: "Mio Signore e mio Dio!".


La voce di un grande monaco del nostro tempo

«Senza le ferite, Gesù non sarebbe mai stato riconosciuto da Tommaso. Prima le piaghe sfiguravano crudelmente il corpo di Gesù, ora invece, ornano il suo corpo. Esse più non grondano sangue, ma, come le hanno viste gli antichi iconografi e pittori, irradiano luce. Le ferite dell'amore, nel corpo del Risorto, rinascono in fiamme di luce"
A. Louf, monaco trappista, già Abate di Mont-des-Cats.


Don Ferdinando Bergamelli SDB - f.bergamelli@tiscali.it