Omelia (19-04-2015)
mons. Gianfranco Poma
Toccatemi e guardate!

La fede cristiana non è l'adesione ad un'ideologia o ad un sistema etico, ma è l'incontro con una persona viva che dà senso a tutta la nostra vita: è l'incontro con Gesù, il crocifisso risorto. Ma noi crediamo veramente? Il nostro incontro con Lui è la fonte di una vita nuova? Nella domenica terza di Pasqua, il Vangelo di Luca (Lc.24,35-48) risveglia la nostra domanda e ci apre il cuore, gli occhi, tutti i sensi, per un incontro vivo con Lui.
Lc.24,34 ha avvertito il suo lettore che il Signore è apparso a Simone prima di manifestarsi ai due discepoli di Emmaus: "Veramente il Signore è risorto" è la prolamazione che ormai risuona in Gerusalemme, come testimonianza di una esperienza vissuta ("Il nostro cuore ardeva mentre egli conversava con noi e ci spiegava le Scritture") da coloro che l'avevano incontrato nella via e l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
Adesso Luca compone una scena che riguarda ormai il tempo della Chiesa, la comunità, oggi la nostra, che continua a gustare quella prima esperienza. Dopo la proclamazione "veramente il Signore è risorto", il soggetto dei verbi non è più "il Signore" o "Gesù", ma semplicemente "Lui" o "Egli", tanto la sua presenza riempie la scena: "egli sta in mezzo a loro". Il motivo dello stare insieme dei discepoli, la logica che regge i loro pensieri, è "Lui" che sta in mezzo a loro, che dona loro la pace. La pace che Egli dona è il segno della presenza operante di Dio nel mondo, quella che cantavano gli angeli alla nascita del Salvatore, quella che Egli augurava ("Va in pace") a chi manifestava la fede in Lui, è una pace nuova, capace di superare ogni ostacolo: la pace del crocifisso è donata alla comunità che crede in Lui, alla quale è chiesto di portarla nel mondo rispondendo ai dubbi e allo scetticismo di coloro che nella sua crocifissione vedono la fine di ogni sogno messianico.
Luca, ai discepoli "sconvolti e pieni di paura, che credevano di vedere un fantasma", a noi che possiamo riconoscerci in loro, rivolge la domanda: "Perché siete turbati e perché fate calcoli nel vostro cuore?" e l'invito: "Vedete le mie mani e i miei piedi: sono proprio io"... La paura, la chiusura in se stessi, il ritorno ad una lettura autoreferenziale delle cose, impedisce di entrare in una visione nuova del mondo. Certamente Luca intende affrontare le obbiezioni alla risurrezione che vengono dalla cultura greca: di qui l'invito a "palpare" e a "mangiare". In modo simile a quello di Giov.20,24-28 (l'incontro con Tommaso), Luca affronta il problema della fede: il risorto non è un'idea, non è un mito, è lo stesso Gesù di Nazareh, proprio Lui, il crocifisso che appartiene al mondo di Dio. È Lui che tante volte si è seduto a mensa con loro, è Lui, il crocifisso nel quale Dio ha raggiunto il vertice del suo Amore, è vivo ed attira tutto il mondo a sé: adesso, non più increduli ma credenti, hanno superato il loro scetticismo e sono pieni di una gioia indicibile. Non rimanere chiusi in se stessi, aprire il cuore e sentire il suo Amore, toccare il suo corpo donato e vedere con occhi credenti e pieni di stupore che lì è il mistero di un Dio che si annienta per dare la vita, è l'esperienza della fede: solo vedendo il crocifisso sperimentiamo il risorto.
Adesso comincia una vita illuminata da una luce nuova: non è un sogno, ma è l'esperienza dell'Amore che illumina e riscalda la concretezza anche drammatica della vita umana. Luca ricorda l'invito rivolto da Gesù ai suoi discepoli di rileggere le Scritture, la Legge, i Profeti, i Salmi, per entrare nella comprensione piena del mistero della sua morte e della sua risurrezione che illumina gli eventi della storia con la sua luce, e fa di essi la sua memoria viva: il mistero della sua morte e risurrezione si compie nella storia che continua, l'Amore di Dio che si annienta, compatisce, perdona e rigenera, risorge, continua ad essere la forza che cambia il mondo. La conversione, il cambiamento radicale di mentalità, il veder Dio non come l'onnipotente che domina, giudica e condanna, ma come l'Amore che si abbassa, soffre e muore; l'annuncio di un Amore che si dona, perdona, e manifesta la sua onnipotenza nella fragile tenerezza che abbraccia chi si lascia amare: conversione e perdono sono l'attuazione del progetto di Dio che ama il mondo continuando a ricrearlo con il suo Spirito perché il mistero della morte e risurrezione, partendo da Gerusalemme, raggiunga i confini del mondo.