Commento su At 4,8-12;1Gv 3,1-2; Gv 10,11-18
La liturgia di domenica scorsa ci spronava a credere veramente nella risurrezione di Cristo salvatore.
Cristo è tornato tra noi ma in una dimensione diversa da quella umana, resterà per sempre con noi, ci sarà vicino ogni giorno nel nostro quotidiano e ci sosterrà con la sua amicizia e la sua grazia. Egli è il nostro mediatore presso Dio Padre.
Sta a noi credere in lui.
La liturgia di questa domenica si svolge tutta nella figura del "pastore" che è "Cristo" e delle sue pecore cioè del suo gregge che siamo noi. Il pastore conosce le sue pecore ed esse conoscono lui. Cristo però è venuto a salvare anche le pecore che stanno fuori dal recinto e le riporterà al Padre.
In questa domenica si celebra anche la cinquantaduesima giornata mondiale della preghiera per le vocazioni.
Nella prima lettura tratta dagli Atti degli apostoli, Pietro risponde al popolo che lo interrogava sulla guarigione di un infermo "a tutti voi, anziani e capi sia noto che solo per mezzo di quel Gesù di Nazareth che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dalla morte, è stato risanato".
La pietra che voi costruttori avete scartato è divenuta testata d'angolo, non esiste sotto il cielo nessun altro per mezzo del quale l'uomo sia stato salvato se non Cristo Gesù.
Oggi capita spesso che i credenti sanno molto bene che l'unica vera salvezza ci viene solo per mezzo del Cristo Risorto, ma hanno timore di annunciarlo, tengono chiuso nel loro cuore quello che Dio ha concesso loro di capire. Forse proprio in questo nostro tempo è necessario creare un popolo che crede e che testimoni con la propria vita la verità.
Il ritornello del salmo responsoriale ripropone il concetto della pietra scartata divenuta testata d'angolo. Una meraviglia ai nostri occhi. Quel Gesù che è stato messo a morte e che sembrava distrutto è diventato il centro della storia dell'umanità redenta: ecco la meraviglia.
Nei versetti il popolo ringrazia il suo Dio perché è buono, perché da lui solo viene la salvezza. Non si deve avere fiducia nei potenti perché la salvezza non avviene per mezzo loro. Rendiamo grazie al Signore perché il suo amore è per sempre. Preghiamo e diciamo: Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
Nella seconda lettura tratta dalla prima lettera di San Giovanni, l'apostolo ci ricorda il grande amore che Dio ha avuto per ciascuno di noi chiamandoci "figli" ma il mondo non comprende questa grandiosa novità perché non ha conosciuto il Padre. Riconosciamoci per quello che siamo, infatti quello che saremo non è ancora stato rivelato e solo quando Egli si sarà manifestato allora o vedremo come veramente è.
L'uomo da solo non comprende nulla basta però che abbia fiducia nel Signore e sia pronto a rispondere sì come ha risposto per tutti noi quel Gesù che ci prende per mano e ci conduce ogni giorno nella nostra vita ed allora saremo veri "figli" di Dio. La superbia non porta a realizzare nulla.
Quante persone possiedono un'intelligenza enorme, superiore alla media, che non riescono a credere pur riconoscendo l'esistenza di Dio e di Gesù, perché pensano di bastare a se stessi e poter dimostrare tutto con la loro mente umana.
L'apostolo Giovanni nel vangelo si sofferma particolarmente sulla figura del Pastore e delle Sue pecore che gli sono state date dal Padre. " Io sono il buon pastore e do la vita per le mie pecore, dice il Signore.
Il mercenario al contrario, quando viene il lupo le disperde e fugge per salvarsi, egli infatti non ama le pecore perché non sono sue il suo è solo un mestiere.
Io conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me come il Padre conosce me ed io conosco il Padre e do la vita per le mie pecore".
Nessuno potrà strappare le pecore a Gesù Cristo perché gli sono state affidate da Dio Padre.
La conoscenza di cui parla Gesù in questo brano non è quella intellettiva ma quella profonda dell'amore: egli conosce le sue pecore perché le ama, come ama il Padre.
Io però ho altre pecore che non provengono da questo recinto degli Ebrei che devo guidare, ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, pagani ed israeliti insieme, un solo popolo di Dio con un solo pastore Gesù Cristo.
Quante volte nelle nostre comunità ci comportiamo come il mercenario: siamo spesso chiamati ad essere pastori di un gruppo ed in esso stiamo bene sino a quando tutto procede come vogliamo noi, nel momento in cui ci sono delle difficoltà siamo capaci di far tacere il nostro orgoglio ferito e vedere il vero bene del gruppo o ci allontaniamo da esso perché non più rispondente alle nostre esigenze spirituali?
Questo è allora il momento di rivedere il nostro concetto di "servizio".Cristo Gesù è veramente il nostro pastore, l'esempio che dobbiamo seguire nell'essere a nostra volta pastori o seguiamo piuttosto le nostre ambizioni personali, le nostre realizzazioni di una vita noiosa?
Siamo testimoni della risurrezione di Cristo nella nostra vita di ogni giorno, siamo convinti che dalla risurrezione del Cristo nascerà per sempre una terra nuova, una natura nuova una nuova bellezza per l'umanità salvata.
Nel mondo purtroppo ci sono avvenimenti brutti e dolorosi che ci fanno pensare che tutto sia inutile ma la forza della risurrezione di Cristo è l'unica che ci aiuta a continuare il cammino incominciato.
Quando noi diciamo di "conoscere" una persona significa che, in qualche modo, siamo entrati in relazione con lei. Gesù entra in relazione con le sue pecore, cioè ognuno di noi. Siamo per lui, una cosa assoluta, non un qualcuno che fa parte di un grande numero. Egli ci conosce in tutta la nostra persona, conosce le nostre qualità, le nostre caratteristiche, le nostre negligenze, i nostri peccati, e ci ama così come siamo. Egli non permetterà a nessuno di portarci via pur lasciandoci liberi di agire nella nostra vita secondo le scelte che ognuno desidera e ritiene opportune.
Per la riflessione di coppia e di famiglia:
- I credenti sanno che Cristo Risorto è il salvatore dell'umanità e che la vera salvezza viene solo da lui. Siamo capaci di testimoniare con l'annuncio e con la nostra vita questa meravigliosa realtà?
- Il popolo di Dio è formato da tutti noi quando traduciamo la parola di Cristo nelle piccole cose di ogni giorno ma anche dei grandi avvenimenti che viviamo insieme agli altri. Solo nell'essere insieme la nostra coscienza si forma e ci possiamo allora sentire veramente parte del suo popolo. Siamo certi di questo o preferiamo una religiosità solitaria ed intimistica?
- Ci sentiamo parte del suo "gregge"? Preferiamo star fuori dal recinto per non comprometterci?
- Quando a nostra volta siamo chiamati ad essere pastori cerchiamo con umiltà di purificare il nostro cuore e di portare agli altri solo una vera testimonianza di fede e di amore sull'esempio di Gesù?
- Nei confronti del pastore della nostra parrocchia siamo capaci di accettarlo come è e di sostenerlo nelle sue iniziative anche se non corrispondono esattamente alle nostre aspettative?
- L'apostolo Giovanni ci annuncia che tutti noi siamo "figli di Dio" in virtù del suo Cristo Redentore e Salvatore. Questa realtà chi fa sentire pieni di gioia o lo diamo per scontato perché così ci hanno insegnato ma ci lascia indifferenti?
- Siamo capaci di vedere e ascoltare la voce del "Pastore" e di entrare in relazione con lui per mezzo dei fratelli che ogni giorno incontriamo nella nostra vita?
Gianna e Aldo - cpm Genova -