Commento su At 9,26-31; 1Gv 3,18-24; Gv 15,1-8
La liturgia di domenica scorsa si svolgeva tutta intorno alla figura del pastore che da la vita per le sue pecore. Le pecore gli sono state affidate dal Padre e conoscono la voce del pastore e lo seguono. Ma Cristo è venuto per portare salve al Padre anche tutte le pecore che sono fuori dal recinto, basta che queste abbiano fiducia in lui.
La liturgia di questa domenica ci fa considerare i meravigliosi frutti che produce la vigna dopo aver subito una dolorosa ma necessaria potatura. Solo se l'uomo rimane in Cristo potrà portare frutti e salvarsi; al contrario si seccherà e verrà gettato.
Gesù ci chiede di rimanere in lui per portare frutti, infatti senza di lui non possiamo fare nulla, solo così possiamo avere il frutto di una vita santa. La fede è anche avere la capacità di credere in lui, credere che egli ci ama, che è capace di intervenire nella nostra vita, che è vivo, che non ci abbandona mai.
Nella prima lettura, tratta dal libro degli Atti degli Apostoli, troviamo Saulo che venuto a Gerusalemme cerca di unirsi agli apostoli, che hanno però paura di lui, perché non credono che sia un discepolo. Allora Barnaba lo prende con sé, lo conduce davanti ai discepoli e racconta loro come, durante il viaggio, avesse visto il Signore e di ciò che era accaduto a Damasco; così poté restare con loro.
Paolo predicava per Gerusalemme la parola del Signore, predicava per quelli di lingua greca, ma questi tentavano di ucciderlo. Allora i fratelli lo condussero a Cesarea e lo fecero partire per Tarso. Paolo subisce una dolorosa potatura da parte della comunità di Gerusalemme e forse possono anche ucciderlo: si sente solo, isolato dagli altri, è visto come un intruso, uno che predica e minaccia le sicurezze acquisite, le abitudini che ormai piacciono alla gente. Paolo per portare frutti deve darsi alla fuga, deve andare per il mondo a predicare la parola del Cristo.
In quel tempo la Chiesa era in pace per tutta la Giudea, la Samaria e la Galilea, camminava insieme, cresceva di numero con il conforto dello Spirito Santo.
Con il ritornello del salmo responsoriale "A te la mia lode, o Signore, nella grande assemblea" il salmista ci vuole far conoscere come il fedele trova conforto in ogni sua prova. Quanti cercano il Signore lo troveranno, i poveri saranno saziati, tutti i confini torneranno al Signore e davanti a lui si prostreranno tutte le famiglie, tutti coloro che sono già morti e risorgeranno. La discendenza del popolo che crederà in lui conoscerà il vero Dio e vedrà la grande opera che ha compiuto.
Nella seconda lettura, tratta dalla prima lettera di San Giovanni, l'apostolo ricorda come Dio non sia solo un Padre giusto e severo, ma piuttosto un Padre pieno di amore, che si prende cura di ciascuno di noi, dei suoi figli, perché egli ha un cuore grande.
Ci esorta ad amare non con le parole ma con i fatti e nella verità e conosceremo così che Dio ha un grande cuore e non ci rimprovera nulla; dobbiamo avere fiducia in Dio, perché da lui riceviamo tutto ciò di cui abbiamo bisogno, ci chiede di osservare il comandamento dell'amore, cioè di credere in suo Figlio Gesù Cristo e di amarci gli uni gli altri secondo i suoi comandamenti. Attraverso lo Spirito possiamo sentire in noi la presenza di Dio.
Giovanni ci dice di amare in verità e noi sappiamo che per l'apostolo la verità è Cristo stesso quale rivelatore del Padre e del suo progetto sull'uomo; per questo Cristo è sceso nel mondo, vive ogni giorno accanto a ciascuno, per condividerne le fatiche, le gioie, i dolori e soprattutto per insegnarci la carità vera verso i fratelli.
L'evangelista Giovanni ci presenta in questa domenica il suggestivo brano della vigna e dell'agricoltore.
E' molto facile immaginarci la scena: tutti abbiamo certamente visto una vigna, specialmente a settembre, piena di viti rigogliose con foglie verdi e grappoli maturi. La vigna ha dato i suoi frutti, ma prima quanto lavoro da parte dell'agricoltore.
Gesù si paragona alla vigna di cui Dio Padre è l'agricoltore. Anche Dio deve tagliare i rami che non producono frutti, perché potrebbero danneggiare tutta la vigna rispetto ai rami che portano bei frutti.
Ma questa operazione non basta: ancora è necessario che anche i rami che producono frutti siano potati, affinché producano frutti migliori e abbondanti.
I tralci però devono rimanere ancorati alla vite per poter produrre frutti, così "anche voi per portare frutti dovete rimanere in me ed io in voi, io sono la vite e voi i tralci. Rimanete in me perché senza di me non potete fare nulla, se rimanete in me avrete tutto ciò che chiederete ed in questo è glorificato il Padre".
La scelta della vigna è stata presa perché era abbastanza facile far comprendere quali profitti possono derivare per la vita quotidiana da quei frutti.
Ma questa vigna ha una particolarità: non produce frutti umani, ma piuttosto vuole far crescere i nostri cuori a credere, ad amare, ad essere uniti per sempre al Figlio e con lui al Padre.
Dio ci chiede di far fruttificare la vigna con mezzi leciti che rispettano le leggi della natura e poi ci chiede di rimanere in lui, perché solo allora la vigna produrrà frutti abbondanti.
Tutti hanno diritto a trovare frutti rigogliosi; che se ne potrebbe fare l'uomo di un bellissimo albero con solo foglie verdi? non potrebbe saziare la sua fame!
La vigna avrà molti frutti solo se ciascuno entrerà in profonda comunione con Dio Padre e così anche la Chiesa, per non diventare sterile, dovrà privilegiare la persona del Cristo, senza voler entrare in relazione con i grandi e potenti della terra.
Altro discorso difficile da comprendere è quello della "potatura" a cui nessuno può sottrarsi e soprattutto non possiamo sapere quando arriverà per noi: Si chiede a chi già porta frutto di "subire" la potatura per produrre frutti più belli e grandi, potremmo dire "grappoli dorati e maturi". Non immaginiamo quale sarà la nostra potatura, ma certamente non quella che speriamo noi, non quella che saremmo pronti ad accettare, ma quando avverrà, potremmo superarla non con gioia ma con tanta pazienza, solo se uniti al Cristo per sempre.
"Senza di me non potete far nulla" dice il Signore, solo con lui risolveremo i problemi grandi e piccoli della nostra vita, ma dobbiamo essergli fedeli sino alla fine.
Per la riflessione di coppia e di famiglia:
- Paolo rischia la vita perché predica il vangelo del Cristo risorto. Siamo disposti ad accogliere, con umiltà, le omelie domenicali anche se a volte troppo semplici o troppo difficili, cercando di comprendere il messaggio che attraverso il sacerdote Dio vuole comunicarci, o siamo capace solo di lamentarci e pensare ad altro?
- Le prime comunità cristiane vivevano nella condivisione totale ed erano gioiose e crescevano di numero. Oggi noi siamo disposti a condividere con chi è meno fortunato di noi quello che il Signore ci ha donato? O il nostro concetto è: questo è solo mio?
- La nostra è una fede viva o è generata dalle nostre emozioni?
- Crediamo che il cuore di Dio è immenso e che contiene il cuore di tutti gli uomini? Siamo capaci di aprire il nostro cuore al suo amore e con lui aprirci verso i fratelli?
- Siamo disposti ad accettare la "potatura" non certamente con gioia ma almeno con tanta pazienza per produrre frutti abbondanti e generosi?
- Siamo convinti che senza l'agricoltore non possiamo far nulla e che solo da lui ci viene tutto ciò di cui abbiamo bisogno?
Gianna e Aldo - cpm Genova -