Omelia (26-04-2015) |
padre Antonio Rungi |
Il profumo delle pecore del pastore vigile ed attento La quarta domenica di Pasqua è per antica tradizione liturgica dedicata al buon Pastore, in quanto, nel brano del Vangelo di questa giornata ci viene proposto proprio la figura del buon pastore che dona la sua vita per il suo gregge. Tale buon pastore per eccellenza è Gesù Cristo che davvero ha dato la sua vita per tutta l'umanità, morendo sulla croce per noi e risorgendo a vita. Il Buon Pastore Cristo è modello di santità e pastoralità per ogni persona che nella chiesa è chiamata a servire il popolo santo di Dio con generosità, abnegazione, sacrificio, attaccamento sincero alla vocazione e alla missione, difesa ad oltranza di ogni pecora del suo gregge, sostegno a tutte le pecore dell'ovile in difficoltà, nella stanchezza della vita o dell'esistenza umana; ricerca della pecora sperduta e confusa nelle tante tentazioni che peccato genera nella sua vita. Questo modello di pastoralità autentica che è Cristo va riscoperto oggi alla luce non solo del vangelo che ci viene offerto come punto di partenza, ma anche aderendo in pienezza a quanto continuamente ci dice il Vescovo di Roma, Papa Francesco, che in più di qualche circostanza ha richiamato i sacerdoti e non solo loro ad un impegno coerente e coraggio con la scelta della loro vita, che è quella di essere pastori santi in mezzo al gregge del popolo di Dio affidato alle loro cure spirituali e umane. I pastori autentici di differenziano con chiarezza con quanti sono mercenari, i quali invece di proteggere e difendere il gregge, lo sfruttano per i propri loschi interessi materiali o di carriera o di affermazione egoistica e prepotente di se stessi. Il pastore-servo è una categoria che facilmente di dimentica anche tra coloro che il Signore chiama, attraverso una speciale vocazione, alla sua sequela. Im particolare il discorso riguarda tutti i vescovi ed i sacerdoti, ma riguarda anche chi, per vari motivi, collabora ai pieno titolo al servizio alla chiesa e nella chiesa, per il bene della chiesa. E sono le altre categorie si persone ovvero di ministero svolto nella comunità dei credenti, tra cui anche i fedeli laici impegnati in quei settori della pastorale più congeniali al loro essere nel mondo, quali il servizio alla vita, alla famiglia, alla cultura, alla politica, all'arte. Non per sminuire il ruolo del sacerdote o del vescovo, ma per far accrescere al consapevolezza che in base al battesimo abbiamo tutti un sacerdozio comune da vivere e testimoniare, ben sapendo che nel battesimo siamo stati consacrati, mediante il crisma, in Cristo re, sacerdoti e profeti. Regalità, sacerdozio e profezia sono la connotazione di ogni uomo di Dio, prete, religioso o fedele laico, che ha a cuore il bene della comunità dei credenti di cui fa parte e della quale deve rendere ragione della speranza davanti al mondo intero. Il testo del vangelo di oggi, tratto dall'evangelista Giovanni, ci aiuta a capire meglio questo aspetto fondamentale dell'essere cristiani. Il Buon pastore quindi è colui che dona la vita per i gregge, conosce bene ogni pecora singolarmente e le identifica con precisione, senza confusione o cambiamenti di immagini e volti davanti alla sua mente ed al suo cuore di pastore. Egli sa discernere, individuare, sostenere e se necessario correggere. In questo scambio di conoscenza tra pastore e pecore si realizza la chiesa e la chiesa sperimenta la bontà di Dio e la bontà tra il popolo santo di Dio. La fratellanza diventa lo stile di vita del credente che si mette alla sequela del suo pastore legittimo ed autentico e non di tanti mercenari che pure possono affermarsi nella Chiesa, falsificando il vero volto di essa, nonostante i suoi peccati e le sue debolezze, espressione della condizione della persona umana che vive nel peccato e non sente la voce di Dio che la chiama alla conversione e al cambiamento di strada. San Giovanni Apostolo nella sua prima lettera scrive con grande sincerità ed onestà intellettuale ciò che siamo oggi e ciò che saremo un domani in una visione della vita aperta all'eternità e proiettata verso l'incontro definitivo con il Dio della vita nell'eternità. Vedere il volto di Dio, così come egli è. E il volto del Signore è il volto della misericordia, della vita e della gioia per sempre. Quella gioia che ha accompagnato i primi passi della comunità dei credenti dopo la risurrezione di Gesù e la discesa dello Spirito Santo su di loro che li rende nuove creature coraggiose dei propri atti e passi nel cammino della fede e della testimonianza a Cristo, fino al martirio. E' Pietro, il capo e la guida del popolo di Dio a prendere la parola, dopo che è stato fortificato, come tutti gli apostoli, dal dono dello Spirito Santo circa la reale presenza del Risorto in mezzo a noi. Gesù, in questo breve brano, tratto dagli atti degli Apostoli ci rammenta infatti lo scopo fondamentale di ogni vocazione, che è quella della testimonianza di una degna condotta di vita. Per cui, alla fine di questa meditazione-omelia, possiamo ben dire con animo fiducioso, confidando nell'aiuto di Colui che tutto vuole e può: "Dio onnipotente e misericordioso, guidaci al possesso della gioia eterna, perché l'umile gregge dei tuoi fedeli giunga con sicurezza accanto a te, dove lo ha preceduto il Cristo, suo pastore". E l'augurio più sincero, soprattutto in questo anno della vita consacrata e del prossimo giubileo e anno santo della misericordia è che tutti i cristiani possano continuamente riscoprire il grande dono della fede e del servizio alla fede, con l'esercizio di una vera pastoralità a beneficio esclusivo del popolo eletto e chiesa santa di Dio. Amen. |