Omelia (26-04-2015) |
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COMMENTO ALLE LETTURE Commento a cura di Rocco Pezzimenti 1. Siamo ancora nel pieno del periodo pasquale e il brano odierno del Vangelo spiega la grandezza dell'evento avvenuto. Gesù ci ricorda che ha dato la vita per noi e che ha avuto il potere di risorgere. "Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e di riprenderla di nuovo". Il dare la vita è un fatto volontario che manifesta il suo grande amore per noi. Ci ha dato la sua vita perché noi potessimo diventare una sola cosa con Lui. Solo partecipando alla vita del Signore, si può avere la vita eterna. È questo l'insegnamento del buon pastore che ama le sue pecore non come il mercenario che le abbandona quando sono in difficoltà, proprio nel momento in cui avrebbero maggiormente bisogno. 2. Il Cristo conosce le sue pecore in modo profondo e misterioso, perché le conosce come conosce il Padre. Ci conosce meglio di quanto noi stessi ci conosciamo, perché ci conosce nel disegno di Dio. Conosce le nostre debolezze come i nostri meriti. Come conosce anche le pecore che ancora non sono nel suo recinto, ma che, comunque, verranno. "E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io debbo guidare". Anche quelle verranno chiamate e ascolteranno la sua voce amorevole, perché morirà e resusciterà anche per quelle. Così vuole il Padre e il Signore non le abbandonerà e non lascerà che si perdano lontano da Lui. 3. Quanto è diverso il lupo! A Lui non stanno a cuore le pecore. È come un mercenario e non gli importa che le pecore si perdano. Se avesse premura per le pecore, darebbe la sua vita e le terrebbe unite. Questo vuole il Signore: l'unità del suo gregge. "Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore". Tutto questo a ribadire che tra pastore e gregge non può esserci separazione, ma l'unità tipica del Corpo Mistico. È questa certezza che fa gridare a Pietro, nella prima lettura, che quel Cristo, che è stato crocifisso e che è resuscitato, continua a operare nelle sue pecore. È la pietra angolare che i costruttori hanno rigettato ignorandone il valore. 4. Pietro, "colmato di Spirito Santo", ricorda che solo per mezzo di Cristo ci si può salvare. Il suo valore salvifico è unico "non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati". Per salvarsi, occorre passare attraverso la croce e la Resurrezione di Cristo. Passare attraverso il suo amore misericordioso che ci rivela la grandezza dell'amore divino. L'amore verso figli redenti dalla verità e non più schiavi del peccato. 5. Da qui il giubilo di Giovanni: "vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!". Per questo apparteniamo, sin da ora, ad un'altra dimensione, ad un'altra realtà. "Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto Lui". Cristo appare un estraneo per il mondo, perché non ne riconosce le logiche. Ma, in questa estraneità, sta la sua grandezza che sarà anche la nostra. Se, infatti, "noi fin d'ora siamo figli di Dio, ciò che saremo non è stato ancora rilevato". Qualcosa di ancora più grande, anche se per ora misterioso, ci attende. |