Omelia (07-08-2013)
Paolo Curtaz
Commento su Mt 15,21-28

Sconcerta la durezza di Gesù che nemmeno rivolge una parola alla donna pagana che chiede insistentemente la guarigione della figlia. La sua risposta ci mette in imbarazzo: Gesù è un razzista, asseconda lo stereotipo del giudeo che si occupa solo dei suoi correligionari? No, certo: se così fosse non si spiegherebbe la reazione entusiasta del Signore alla risposta della donna. Alla donna non importa molto chi sia Gesù: è un santone come altri, la sua non è fede ma superstizione ossessiva e fanatica. Non può incontrare Dio, non è nemmeno presente nel suo orizzonte di riferimento. E Gesù tace: perché dovrebbe occuparsene? Perché distogliere la sua attenzione dai figli? La provocazione è violenta, forte, sconcertante. Io mi sarei offeso e me ne sarei andato. La donna no: accetta la provocazione, riflette, dà ragione a Gesù: è proprio un cane, non le importa nulla del Signore. Ma a volte i cani leccano le briciole che cadono dalla tavola dei padroni. Quante volte anche noi ci comportiamo così, rivolgendoci al Signore solo quando la sofferenza bussa alla nostra porta! Seguiamo la donna del racconto, che ha il coraggio di mettersi in discussione e si converte...