Omelia (02-09-2013)
Paolo Curtaz
Commento su Lc 4,16-30

Gesù chiude il rotolo del profeta Isaia e si siede, come fanno i rabbini per insegnare. Poi annuncia che la profezia si è conclusa. La reazione dei presenti è feroce, rabbiosa. Perché? Tutti conoscevano quel rotolo, ogni sabato, a turno, si leggevano gli stessi passi. Agli esperti di Scrittura non sfugge che Gesù tronca la frase di Isaia a metà. Il periodo conclude così: "e a predicare un giorno di vendetta per il nostro Dio" (Is 61,2). Gesù non lo legge, lo tronca. Si ferma all'anno di grazia. Nessuna vendetta, nessun riscatto spettacolare contro gli oppressori politici. Nessun riscatto del nazionalismo ebraico.

Perdono e conversione. Queste le due cifre dell'annuncio. La Parola si è chiusa, il libro viene arrotolato. Gesù si è permesso di correggere la Parola. Questo è troppo. Chi si crede di essere questo falegname? Gesù interagisce, cita la Scrittura, spiega come sia difficile fare i profeti in casa propria, e che solo degli stranieri, come la vedova di Zarepta e Naaman il Siro, hanno saputo riconoscere profeti grandi come Elia ed Eliseo. E si scatena il putiferio. All'iniziale sconcerto subentra l'offesa e la permalosità. Ma come si permette? Ma chi si crede di essere questo presuntuoso?