Omelia (21-09-2013)
Paolo Curtaz
Commento su Mt 9,9-13

Conclude la nostra settimana la memoria dell'evangelista Matteo, lo scriba diventato discepolo, da sempre identificato con Levi il pubblicano.


Viviamo tempi torbidi e faticosi, dobbiamo ammetterlo. In questo clima da fine Impero anche la fede è continuamente messa in discussione ed assistiamo a polemiche che hanno tanto il sapore del dibattito intellettuale fra laici e credenti di fine Ottocento... Una delle cose che periodicamente viene messa in discussione è la storicità di Gesù, la sua esistenza, la credibilità dei vangeli. Cose che speravano ampiamente superate, soprattutto dopo la feroce analisi critica superata dai testi e supportata dalle continue scoperte archeologiche che sempre rafforzano la totale conformità dei vangeli all'epoca in cui visse Gesù. Qui si inserisce Matteo e il suo percorso interiore: il desiderio di fornire una riflessione aggiuntiva al racconto di Marco lo ha spinto a scrivere un suo testo molto attento all'ebraicità di Gesù, forse per il fatto che la sua comunità era principalmente composta da giudei. Matteo ha messo molto impegno nel raccogliere e rielaborare le informazioni, ha aggiunto ricordi personali, ha voluto ampliare la sua riflessione. Ciò che racconta non è una biografia ma un'esperienza di fede basata sulla sua esperienza di vita. È storia riletta alla luce di Dio ciò che racconta. Ma sempre e solo storia, eventi, fatti. Non favole!