Omelia (24-09-2013)
Paolo Curtaz
Commento su Lc 8,19-21

Gesù propone un modello famigliare e di relazione che supera ampiamente l'idea sociale e culturale che ci siamo fatti della famiglia e delle relazioni umane (anche noi cattolici!). All'epoca di Gesù l'influenza del clan famigliare era determinante, fortissima, e tutto ruotava intorno alle decisioni del capo-famiglia. La Bibbia riflette lungamente sulle qualità del buon capo-famiglia confermando l'impianto culturale di tale ruolo. Gesù, invece, supera questa impostazione: l'unione fra le persone non è più determinata da legami di sangue ma dalla consapevolezza di essere figli dello stesso Dio, di fare la stessa esperienza di fede, di appartenere alla stessa comunità di vita. Chi ascolta la Parola e la accoglie stabilisce con gli altri fratelli legami più autentici e profondi di quelli, spesso di facciata, determinati dall'appartenenza allo stesso clan. È l'esperienza che fanno molti di noi che vivono un'intensità di relazione molto forte con chi ha fatto la nostra stessa scoperta: siamo figli amati dal Padre. È una consolazione immensa, e non solo per chi ha vissuto una sconfortante esperienza famigliare e che ritrova nel sogno di Dio che è la Chiesa la possibilità di essere accolto e di accogliere, ma per tutti!