Omelia (27-09-2013) |
Paolo Curtaz |
Commento su Lc 9,18-22 Pietro compie un salto mortale nella fede quando afferma che Gesù è il Cristo di Dio. La gente aspettava un messia ma era un messia trionfante, poderoso, possente condottiero, un nuovo re Davide che avrebbe ridato lustro alla decaduta monarchia di Israele. Non certo un marginale falegname di Nazareth improvvisatosi rabbino! Nulla faceva pensare che davvero Gesù potesse assomigliare alla figura del Messia: solo i più attenti avevano letto fra le righe di Isaia l'annuncio di un Servo sofferente disposto a morire per proclamare l'anno di liberazione di Dio. Pietro giunge ad intuire questa verità assoluta che Gesù conferma, ribadendo che il messianismo che egli incarna non ha nulla a che vedere col trionfalismo. Spiazza i discepoli questa affermazione e anche noi. Non preferiremmo un Messia forte e muscoloso che ci risolvesse i problemi? Lo vogliamo davvero un Dio che mantiene un basso profilo, che cammina con gli uomini, che ne condivide sogni e speranze, dolori e aspettative? Gesù contraddice la connaturale idea di Dio che portiamo nel cuore, ribalta la nostra prospettiva, ci obbliga a chiederci davvero chi è Dio. E se lo vogliamo davvero, un Dio così... |