Omelia (23-10-2013)
Paolo Curtaz
Commento su Lc 12,39-48

No Pietro, la parabola del servo che aspetta non riguarda i fratelli ancora in ricerca o quelli che tengono Dio lontano dal proprio orizzonte. No, non è proprio così: riguarda me e te, noi discepoli di lunga data, noi che abbiamo avuto la gioia straordinaria di conoscere il vero volto di Dio. Proprio noi rischiamo di appesantire la fede, di appannare lo smalto, di abituarci alla gloria del Padre. Proprio noi che lo abbiamo seguito da vicino rischiamo di dare tutto per scontato: le scoperte, le conquiste, i doni della fede. E di sederci. Quanto sono rimasto turbato dalle pagine sconcertanti dei preti pedofili! Certo, ci sono dei casi patologici, dei veri e propri disturbi della personalità in mezzo a loro, ma molti di più sono i preti "normali" che si sono adagiati, che non hanno vegliato, che hanno iniziato a percuotere gli altri servi. E senza andare a questi eccessi anche noi possiamo, senza accorgercene, senza darvi peso, diventare dei piccoli dittatori della nostra parrocchia, esigenti e presuntuosi, troppo sicuri di noi stessi e delle cose che sappiamo. No, Pietro, Gesù parla a noi due, te e me, e ci invita a non scommettere troppo sulla nostra presunta fede. Vigiliamo.