Omelia (05-11-2013) |
Paolo Curtaz |
Commento su Lc 14,15-24 Dopo la scena di ieri del fariseo imbarazzato dalla riflessione di Gesù sull'invito gratuito, continua, durante la famosa cena, la riflessione del Signore su suggerimento di uno dei commensali. Ora il Maestro usa un'immagine molto efficace per descrivere il Regno: tutti sono invitati a parteciparvi, tutti sono chiamati a farne parte, ad esserci. Discorso piuttosto difficile da digerire in una casa di farisei dove la distinzione fra puro e impuro aveva finito col creare una netta distinzione sociale fra quanti praticavano i precetti della Torah e coloro che, per colpa o per ignoranza, non lo facevano! Gesù insiste: la salvezza non è meritata, non è automatica, non è scontata. Il rischio, anzi, è che proprio coloro che sono invitati per primi accampino mille scuse per non partecipare. In quel momento, allora, il padrone invita al pranzo gli ultimi, i mendicanti, spingendoli ad entrare. Siamo noi quei mendicanti che si sono trovati seduti al tavolo del padrone. Siamo noi coloro che non hanno accampato scuse e si sono lasciati dolcemente spingere ad entrare dai servi, che sono i discepoli del Signore. Non commettiamo l'errore, ora, di sentirci salvi, di crederci realizzati, di abusare di questa straordinaria opportunità... |