Omelia (06-11-2013) |
Paolo Curtaz |
Commento su Lc 14,25-33 Facciamoci bene i conti in tasca. È Gesù stesso che ce lo chiede, che ci invita ad osare, a prendere sul serio la sua sconcertante provocazione: egli pretende di essere più grande della più grande gioia che possiamo vivere. Più del bene, più dell'affetto, più dell'innamoramento, più del diventare genitori. È presuntuoso Gesù, ci sfida a diventare veramente suoi discepoli. Se ci fidiamo di lui, se capiamo che davvero la sua presenza può colmare la nostra vita, orientarla, darle orizzonte e respiro, luce e gioia intima ed infinita, allora vale la pena davvero lasciare tutto e seguirlo. Facciamo bene i nostri calcoli: quante energie, quanto tempo, quanta intelligenza dedichiamo - giustamente - alla nostra famiglia, al lavoro, alla quotidianità? Mettiamo altrettanta forza nell'investire in ciò che resta, nel dare spazio alla nostra anima sempre mortificata e compressa, sempre ignorata e messa all'ultimo posto delle nostre preoccupazioni. Il Signore non chiede di rinunciare alle gioie legittime che dispensa, ma di scoprire l'origine di ogni gioia che è la sua presenza. Sediamoci a tavolino e facciamo bene i nostri conti: ne vale certamente la pena... |