Omelia (26-11-2013)
Paolo Curtaz
Commento su Lc 21,5-11

Se solo ascoltassimo quanto ci dice il Signore! Tutte le cose sono destinate a scomparire, anche il magnifico tempio che ha ridato lustro e gloria alla decadente Gerusalemme. Erode il grande, con grande intuito politico, aveva dato il via ai lavori di ampliamento nel 19 a.C. e sarà finito solo nel 62 d.C.: ottant'anni per costruire uno spazio capace di accogliere quasi centocinquantamila persone. E ne durerà solo dieci prima di essere raso al suolo da Tito e dall'esercito romano giunto nella capitale per sedare la rivolta. Quante opere d'arte, frutto dell'ingegno umano vengono distrutte dall'idiozia umana e dalla violenza! Quante volte nella storia la cultura e la bellezza sono spazzate via dalla bramosia di potere degli uomini! Ma, ci ammonisce il Signore, gli sconvolgimenti non sono il segno della fine dei tempi. Nessuno sa quando sarà tale fine, nemmeno il Figlio dell'uomo; ciò che possiamo fare è non scoraggiarci e continuare a costruire il Regno di Dio là dove viviamo, con fede e semplicità. Davanti agli eventi drammatici degli uomini siamo invitati a proclamare la salvezza che proviene da Dio e a vivere da salvati.