Omelia (29-11-2013)
Paolo Curtaz
Commento su Lc 21,29-33

Le parole del Signore non passano. Con questa certezza concludiamo l'anno liturgico, certi della promessa fattaci dal Maestro. E con questa certezza possiamo leggere gli eventi del mondo e della Chiesa, senza paura, senza dietrologie, senza visioni approssimative e piccine ma con lo sguardo ampio che solo la fede ci può donare. Il discepolo guarda al mondo con realismo ottimista: senza cedere alle lusinghe di chi periodicamente trova delle soluzioni definitive, sa che nel cuore portiamo un'ombra, il peccato originale e che tale ombra rode dall'interno ogni utopia, ogni progetto, ogni rivoluzione. Ma questo non significa che restiamo immobili senza far nulla, che ci rassegniamo ma che aspettiamo cieli nuovi e terra nuova in cui avrà stabile dimora la giustizia. Qui e ora costruiamo il Regno dove viviamo, con semplicità, con ostinazione, con gioia. Qui e ora realizziamo il sogno di Dio di un mondo in cui ci si accoglie nel rispetto delle diversità cercando insieme il senso ultimo della vita che Cristo ci ha rivelato. E l'attesa è colma della presenza e delle parole di Cristo che non passano e che diventano pane quotidiano.