Omelia (26-12-2013)
Paolo Curtaz
Commento su Mt 10,17-22

Otto giorni per dirci ancora la grande notizia che già conosciamo e che stentiamo a riconoscere e a rendere presente. Siamo qui per far rinascere Dio nei nostri cuori, per lasciargli spazio, per lasciare che sia lui a condurre la sua Chiesa, a incarnarsi nelle nostre a volte stanche e demotivate comunità. Ma, dicevamo ieri, per molte persone Natale è fatica e sofferenza perché fa emergere la profonda nostalgia di bene e di amore che attanaglia il nostro cuore. Per chi vive il Natale in solitudine, senza una famiglia o con persone che sente distanti, Natale è uno strazio. Perciò la Chiesa celebra santo Stefano, il primo martire, per ricordarci che accogliere Dio nella sua piccolezza richiede dolore e sofferenza, fatica e conversione. E che essere cristiani richiede di versare sangue, spesso. Quel bambino non suscita sentimenti di tenerezza ma inquietudine e preoccupazione, inutile negarlo. Sconcerta un Dio innocuo, fragile, consegnato alla nostra indifferenza, e suscita le reazioni peggiori. È pieno di sangue il Natale che abbiamo riempito di zucchero! Animo fratelli in sofferenza: guardiamo al Signore con fiducia. Il suo non è stato un gran Natale!...