Omelia (26-04-2015)
Carla Sprinzeles
Commento su At 4,8-12 e Gv 10,11-18

Amici, ci chiediamo ancora una volta chi è Dio e chi è l'uomo. La verità è che non lo sappiamo! Dobbiamo ospitare il dubbio, lasciargli spazio in noi perché non ci avvenga di trasformare la fede in fanatismo. C'è un capello tra il fanatismo e la fede!
Come fare? C'è una possibilità, il punto di coniugazione della conoscenza dell'uomo e di Dio è il nostro cuore, inteso come centro delle nostre decisioni.
Ci sono i due anelli estremi della catena della conoscenza: il primo è un uomo storpio, un uomo handiccappato, scartato dalla società, un carcerato, un anziano, un tossico; l'altro, è il Dio che non conosciamo. Tra questi due anelli c'è Gesù, "pietra scartata", nessuno è più scartato che un condannato a morte e ad una morte infame. Gesù ci è venuto a dire concretamente chi è il Dio che non conosciamo.
Chi ha visto Gesù, ha visto uno da cui si doveva fuggire, fuggirono tutti quando lo videro ridotto a un condannato!

ATTI 4, 8-12
La prima lettura riprende gli Atti degli Apostoli. Pietro deve dare l'annuncio che Gesù, lo scartato, è stato liberato da morte, lo fa guarendo uno storpio per manifestare la nuova signoria nata per decisione di Dio e in cui lo scartato, la pietra scartata, è diventata pietra angolare, punto di sostegno di una nuova costruzione che si fa privilegiando gli scartati.
La guarigione dello storpio è l'emblema di questo nuovo processo: è dall'amore per gli scartati, che nasce la capacità di guardare dall'altra parte, di guardare verso l'ignoto, verso Dio, sapendone qualcosa. Essere solidali con gli scartati, non è una pura opera di pietà e misericordia, è una conoscenza del mondo falso a cui apparteniamo, posso quindi iniziare a parlare di Dio.
La cruna dell'ago da cui passare per parlare di Dio, è l'uomo scartato.
La conoscenza è una questione di cuore, come centro decisionale.
Gesù dà la vita per gli scartati, e ha dato a tutti gli scartati del mondo il senso della propria dignità e di un futuro del mondo che appartiene a loro.
Chiediamoci: apparteniamo al mondo degli scartatori di pietre?
Siamo nel mondo dei costruttori con mucchi di pietre scartate che sembrano montagne?
Più che dire se Dio c'è o non c'è, è importante cosa decidiamo di fronte allo scartato, al tossico, all'anziano, all'handicappato nelle varie forme: da qui si vede se conosciamo il vero Dio che Gesù ha annunciato.

GIOVANNI 10, 11-18
Oggi leggiamo il testo secondo Giovanni, dove Gesù descrive se stesso e dice: "Io sono il buon pastore". A noi fa venire in mente Gesù con l'agnellino sulle spalle, un'immagine molto rassicurante e tenera. Vediamo il contesto in cui è stata scritta.
Gesù ha appena aperto gli occhi al cieco nato e i capi religiosi non possono tollerare che si sia potuta compiere un'azione positiva, trasgredendo il comandamento ritenuto più importante: il riposo del sabato.
Le autorità religiose credono di sapere tutto quello che Dio può fare e quello che non può fare. Se trasgredisce il sabato è un peccatore.
Gesù rivendica quello che ha fatto, dicendo che non è l'azione di un peccatore, ma è l'azione di Dio, perché Dio non tollera che le persone soffrano.
"Io sono" è il nome di Dio. "Io sono il pastore, quello bello" questa è la traduzione letterale, ossia il pastore ideale, l'eccellente, il migliore, l'unico pastore.
Richiama un passo di Ezechiele (Ez. 34,1-31), in cui Ezechiele, constatando che i pastori che guidavano gli ebrei nel tempo dell'esilio, pensavano solo al loro tornaconto, al loro interesse, saranno spodestati. E' finita l'epoca dei pastori, il Signore sarà lui stesso il pastore del suo gregge. Nasce da questa esperienza uno dei salmi più belli, il salmo 23, andatelo a leggerlo per intero è bellissimo!
Dai Vangeli emerge che la legge di Dio non esiste, perché Dio non fa leggi. Dio è amore e l'amore non può essere codificato. Andate a dire a una mamma di dare da mangiare al suo piccolo?
Quindi quando si parla di legge di Dio, si intende la legge di Mosè.
Gesù agisce sempre in nome dell'amore del Padre, cioè per il bene degli uomini. Nel conflitto tra la legge e il bene concreto da fare agli uomini, non ha avuto esitazioni: ha sempre scelto il bene dell'uomo. Facendo il bene agli uomini si fa piacere a Dio.
Gesù rivendica di essere quell'unico pastore del suo popolo, rivendica la sua condizione divina.
"Il pastore, quello bello, offre la sua vita per le pecore". Per quattro volte verrà ripetuta l'espressione "offrire la vita".
Quanto siamo lontani dai pastori di Israele, denunciati da Ezechiele, che prendevano la vita delle pecore per sé e per il proprio tornaconto!
Gesù con l'immagine del pastore elimina ogni forma di dominio e di potere: lui è il vero pastore perché dona la sua vita per le pecore.
Al momento dell'arresto, Gesù avrebbe potuto scappare e salvarsi la vita. Invece no, resta in attesa e dice: "se cercate me, lasciate andare costoro".
Il mercenario non è un cattivo pastore, al mercenario non importa delle pecore.
Poco prima Gesù aveva detto dei dirigenti del popolo, che sono ladri e assassini: ladri perché si sono impossessati del gregge che era di Dio e assassini perché per rubare il gregge ammazzeranno il pastore legittimo, Gesù il figlio di Dio.
Gesù è venuto a inaugurare una nuova relazione tra gli uomini e la divinità. Gli uomini nella religione erano abituati ad una relazione di sottomissione nei confronti di Dio da servire e da temere, al quale si doveva offrire.
L'espressione "conosco le mie pecore", indica il rapporto coniugale, Gesù ha con i suoi un rapporto molto intimo e aggiunge che "chiama una per una per nome".
Un pastore che vede nascere le pecore, anche se sono centinaia, gli dà un nome (Bianchina, Brunetta, Riccioluta). Il rapporto con Dio è un rapporto personale.
L'annuncio di Gesù col quale il gregge è chiamato a collaborare è rivolto a tanti "ovili".
Il termine "ovile"indica l'atrio del santuario del tempio, luogo dell'istituzione religiosa.
L'ovile dona sicurezza in cambio della libertà.
Gesù è venuto a offrire la piena libertà perché una persona non cresce fintanto che non è libera.
Gesù sa che ha la forza capace di sconfiggere e di buttare all'aria tutti i recinti e tutte le sicurezze: è questa forza è la sua voce.
E' finita l'epoca degli ovili, dei recinti, anche se sacri. Gesù non limita la libertà delle persone, ma la potenzia dando loro la piena libertà dei figli di Dio.
"Convertirsi" significa smetterla di essere centrati su noi stessi e iniziare a vivere per gli altri.
"Pastore e gregge" si fondono in un'unica realtà.
Nel vecchio santuario bisognava andare, nel nuovo è lui che va incontro agli altri, anche alle persone che nel vecchio santuario non potevano entrare per la loro condotta morale.
Quindi ecco perché i capi del popolo volevano ucciderlo!
Gesù è pastore e anche "agnello", agnello di Dio.
Gesù è venuto a rivelare che Dio è il Padre di tutti, ebrei e pagani, che la sua Parola è rivolta a tutti, perché conoscessero la sua voce e lo seguissero sul sentiero della Vita.

L'unica cosa che ci è chiesta è che ogni volta che uno, che si sente fuori del gregge, ci avvicina, che sia un pezzente, un condannato, uno spacciatore o un drogato, come Gesù offriamo la nostra vita, sia a chi sta dalla nostra parte sia a chi sta dall'altra. Per fare questo occorre essere molto aderenti allo Spirito di Gesù, cadranno "muri di separazione" seguendo la "voce" di un solo pastore.
Guardare gli altri, chiunque altro come persona amata personalmente dal Dio di Gesù mi fa entrare nella logica dell'unico Padre che fa sorgere il sole su tutti.