Omelia (17-05-2015)
padre Gian Franco Scarpitta
Il tempo della fede

Con l'ascensione al cielo di Gesù, ora tutto dipendeva dalla fede degli apostoli. Non vi era più la voce ridondante e consolante del Maestro che ammoniva e dava disposizioni e adesso tutto dipendeva da loro. Quando mi fu dato il primo incarico di responsabilità nell'Ordine come Superiore di un Convento e Rettore di Chiesa, ciò avvenne in modo del tutto improvviso e inaspettato e per di più senza alcuna predisposizione. Appena arrivato nel Convento di cui dovevo prendere possesso, il Superiore precedente partiva proprio nel giorno in cui io arrivavo. Avrei preferito che restasse almeno per una settimana ancora, giusto il tempo d'istradarmi e di avviarmi un po' per volta in quel coacervo di imprese che per me erano insostenibili e ardue. E invece mi fece sbrigativamente le consegne e mi trovai improvvisamente da solo, inesperto, con un intero Convento e chiesa da portare avanti. E in più con una serie di impegni e di mansioni che altri avevano preso in precedenza e da portare immediatamente a termine. Non avevo alcuna esperienza precedente di gestione e di responsabilità diretta, sia interna che ministeriale, poiché avevo svolto solamente attività varie e periodiche di diverso tipo quali la predicazione, la catechesi occasionale a gruppi e la sostituzione periodica di altri confratelli assenti, per cui ora mi si dispiegava improvvisamente un universo indefinito di imprevisti. Avvertivo qualcosa che mi pressava sulla testa, cose se un macigno volesse schiacciarmi e spalmarmi sul terreno. Se prima erano stati altri a provvedere a tutto quanto, ora tutto dipendeva dalla mia capacità, dal mio coraggio e dalla mia intraprendenza. Fortunatamente il Signore ci concede dei lumi e man mano che si procede ci attrezza anche adeguatamente.
Quando ci si trova improvvisamente soli dopo essere stati accuditi per tantissimo tempo si prova smarrimento e confusione, soprattutto quando si hanno incombenze importanti.
Così grossomodo dovevano trovarsi gli apostoli al momento della dipartita del Signore, che tornava nella dimensione divina effettiva, nella gloria che gli competeva. Essi restavano lì attoniti e indecisi sul da farsi, e nonostante la comprovata gioia della Resurrezione si trovavano ad essere confusi, perché il loro maestro, prima visibile e percepibile ai sensi, adesso lo si doveva incontrare nella fede. E in più ora dipendeva da loro l'accortezza e la capacità di vederlo presente nelle loro azioni e nella loro stessa vita di tutti i giorni. E' vero che si facevano forti della promessa che egli sarebbe stato con loro "fino alla fine del mondo",(mt 28, 20) ma percepirne la presenza adesso non avveniva più con la stessa immediatezza e con la serenità di prima e dovevano farsi forte della fede e della buona disposizione d'animo. Inoltre sembravano ancora impreparati e anzi si ha l'impressione che essi non avessero compreso proprio nulla delle intenzioni salvifiche di Gesù, visto che poco prima qualcuno di loro aveva posto la domanda: "E' questo il tempo in cui ricostituirai il Regno d'Israele?" Come se il Regno di Dio non fosse già stato costituito, con la morte e la resurrezione di Cristo!. Gesù contrappone alla domanda un incarico universale ben preciso: essere suoi testimoni e latori del suo annuncio senza indagare sulla storia e sul destino personale di alcuno. Devono essere semplicemente annunciatori credibili, testimoni oculari e proclamatori della novità di vita nel mondo, con la certezza che Gesù sarà sempre con loro anche se di presenza ineffabile e misteriosa. Alla paura e allo sconforto bisogna sempre reagire con l'azione, senza procrastinare. Occorre lanciarsi in avanti quando si è impacciati e insicuri e la prudenza non deve mai coincidere con la paura esagerata di sbagliare. Quindi il loro compito sarà semplicemente quello di affidarsi nella fede al Signore man mano che procederanno nel corso della loro vita missionaria.
Per quanto riguarda lui, adesso torna nella dimensione del divino, cioè alla "destra del Padre" (salmo 110, 1), in una posizione quindi che lo equipara a Dio fino ad identificarlo con Lui. Torna ad essere Dio sparendo dal quotidiano. Come avviene questo? Certamente non nella forma di una sparizione spettacolare da supereroe dei fumetti, e anche la pagina descrittiva degli Atti va interpretata in senso teologico. La "nube" dalla quale infatti viene avvolto Gesù mentre si sottrae alla vista dei discepoli, rappresenta la presenza di Dio, il suo avvincerci del mistero e del fascino di superiorità e di grandezza. Essa ci ricorda altri episodi di ottenebramento da nube come ad esempio la sacra nuvola dell'Arca dell'Alleanza" (Es 40, 34) o quella della tenda dell'incontro, che avvolge Mosè mentre questi vi si reca per incontrare Dio faccia a faccia come un amico. Lo sparire dalla vista dei suoi discepoli indica semplicemente il fatto che, mentre prima potevano questi vedere il loro maestro nella possibilità di un'interazione materiale, quale la parola o la comunione del banchetto, adesso si ritrovano un po' alla volta a dover vedere il loro Signore solamente nella fede e cimentarsi in questa nuova dimensione del vissuto apostolico. Come dicevamo all'inizio è probabile che essi abbiano provato iniziale sbigottimento, anche se di fatto essi prendono subito l'iniziativa di organizzarsi per esempio nella testimonianza immediata di Pietro e nell'elezione di Mattia a sostituto di Giuda nella missione di annuncio apostolico (At 1, 14 e ss).
Il Signore in ogni caso non li lascia soli e davvero è presente in mezzo a loro, come aveva promesso in precedenza, sia pure nella forma invisibile. Con la discesa dello Spirito Santo su di loro, saranno infatti illuminati sulla verità per intero, il dubbio soccomberà definitivamente sotto la fede e la fiducia si sostituirà al terrore e alla paura. Saranno consapevoli, coraggiosi e attivi e percepiranno non soltanto che il Signore è presente in mezzo a loro, ma che Egli stesso agisce nelle loro opere e nelle loro attività. Lo Spirito infatti attualizza la presenza del Risorto, ci rende consapevoli che egli è vivo ci permette di usufruire della sua azione salvifica. Ciò in ogni ambito della vita e soprattutto nei Sacramenti, nei quali la sua presenza è misteriosa eppure certa e non fittizia e soprattutto è presenza di salvezza, che rigenera e dona vita. L'ascensione di Gesù è infatti anche un invito al coraggio e alla decisione di saper percepire la presenza del Signore attraverso un?ottica del tutto differente da quella a cui è abituato l?uomo comune, la quale abbia come presupposto e come fondamento l?apertura del cuore e la capacità spontanea di affidamento e per questo essa ci è di sprone a ravvivare in noi la fiducia e la speranza che il Risorto vive sempre con noi.
Gesù fa ritorno verso la completa dimensione della divinità, essendo assiso assieme al Padre e allo Spirito Santo e che la sua umanità non è smentita ma assunta nella gloria, il tutto compendiato nelle parole di San Paolo: "Che cosa significa "asceso" se non che prima "discese"? (I Cor); e questo lo qualifica come Dio e re di tutto l'universo... Un Dio e re che sarà sempre con noi, partecipando delle nostre vicende e delle nostre sofferenze, così come delle nostre gioie ed esultanze.