Omelia (10-05-2015) |
dom Luigi Gioia |
Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici Con l'avvicinarsi della Pentecoste, cioè del momento nel quale l'amore di Dio è versato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito che ci è dato, la liturgia si concentra proprio su questo tema: l'amore di Dio. E lo fa ricorrendo all'apostolo ed evangelista che più di ogni altro non solo ha parlato di questo amore, ma si è come immerso in esso e ne ha fatto il tema principale del proprio annuncio. Una leggenda racconta che negli ultimi anni della propria vita l'apostolo Giovanni ripetesse soltanto questa frase: Dio è amore, Dio è amore... Ed effettivamente, sia i passaggi della prima lettera di Giovanni sia il vangelo ripetono come un ritornello, con forme leggermente diverse, questo invito ad amare: Carissimi amiamoci gli uni gli altri - dice nella prima lettera. E ancora: Rimanete nel mio amore. O ancora: Questo io vi comando, che vi amiate gli uni gli altri. Perché questa ripetizione? Probabilmente perché l'amore è qualcosa nei confronti del quale abbiamo costantemente bisogno di essere esortati. Mai ci viene naturale, spontaneo. E' costantemente da conquistare. E' anche qualcosa che però non può essere imposto dal di fuori, ma deve venire dal di dentro, essere coltivato prima dentro per poter poi manifestarsi fuori. Le letture di oggi ci offrono due insegnamenti in particolare: in cosa consista l'amore e come esso si sia manifestato. In cosa consiste l'amore? In questo consiste l'amore - dice la prima lettera di Giovanni- non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi. Questo insegnamento raggiunge una delle esperienze fondamentali riguardo all'amore anche da un punto di vista umano. Ama o riesce ad amare soltanto chi è stato amato, soltanto chi si sa amato. L'amore è qualcosa che non si improvvisa, l'amore non si inventa. L'amore è come una fiamma che si accende solo ricevendo il fuoco da un'altra fiamma. Questa fiamma però non è qualcosa che è infuso o che nasce come magicamente da solo dentro di noi. Anche quando si ripete con Paolo che l'amore di Dio è stato versato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito che ci è stato dato, è importante non separare mai lo Spirito da Gesù. Ciò vuol dire che l'amore riversato in noi è l'amore che Gesù ci ha mostrato, ci ha di-mostrato, ci ha dato, ci ha donato venendo, vivendo e morendo per noi. Il primo segreto dell'amore che ci rivela Giovanni è proprio questo: per poter amare occorre riconoscersi amati, sapersi amati e lasciarsi amare. Quindi se vogliamo crescere nell'amore cristiano dobbiamo sempre più lasciarci amare da Dio. E Dio ci ama, ci dimostra il suo amore, ci raggiunge con il suo amore certamente attraverso la sua parola, il suo corpo dato per noi, la preghiera, ma prima di tutto attraverso gli altri cristiani nostri fratelli e sorelle. Se non ci lasciamo amare dai nostri fratelli e dalle nostre sorelle all'interno delle nostre comunità non possiamo amare. Se non incontriamo una comunità, dei fratelli e delle sorelle che ci fanno sperimentare l'amore di Dio, non sapremo mai cosa è questo amore e non potremo mai amare a nostra volta. In cosa consiste ancora questo amore? Dice il vangelo: Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore. Qui c'è un particolare strano e interessante. In un primo momento Giovanni dice: se osserverete i miei comandamenti (al plurale). Poi dice: Questo è il mio comandamento (al singolare) e poi Questo comandamento è che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amato. Sembra un ragionamento circolare: per poter amare, dobbiamo amare. Per poter rimanere nell'amore di Cristo, dobbiamo amarci gli uni gli altri. Questo ci suggerisce qualcosa della natura misteriosa di questo amore. L'amore è un mistero. Alcuni teologi hanno espresso questo mistero attraverso una spiegazione che forse è quella che meglio illustra le parole di Giovanni appena citate: si ama soltanto amando, si cresce nell'amore soltanto a misura che si ama. Sembra una tautologia, ma in realtà è proprio cosi: è soltanto lanciando il pulcino dal nido che questi impara a volare. Un uccello non impara prima a volare e poi si lancia dal nido, ma ad un certo punto la mamma uccello lancia il piccolo e questo scopre che ha le ali per volare. Lo stesso accade per noi cristiani: abbiamo bisogno di lanciarci per scoprire la presenza di questo amore nel nostro cuore. Abbiamo bisogno di approfittare o di creare le occasioni di donarci, per scoprire che ne siamo inspiegabilmente capaci e che questo amore di cui siamo capaci non viene da noi. Finora abbiamo visto il primo punto, vale a dire in cosa consista questo amore. Il secondo punto è come, in cosa esso si sia manifestato. Ce lo rivela la seconda lettera di Giovanni: In questo si è manifestato l'amore di Dio per noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui. E' attraverso la venuta del Figlio, attraverso ciò che ha fatto per noi, che abbiamo conosciuto questo amore. La stessa cosa è ripetuta, in maniera leggermente diversa, nel vangelo: Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Ecco in cosa si manifesta l'amore: nel dare la vita. Ora, dare la vita può avere certamente il senso di morire per qualcuno, ma in questa espressione vi è molto di più. Vi è un altro modo di dare la vita, un modo ancora più fondamentale, quello di far vivere gli altri. La madre "dà vita" nel senso che un figlio nasce da lei; i genitori danno vita non morendo per i loro figli, ma amandosi reciprocamente, amando i loro figli, seguendoli, occupandosi di loro. Questa è la maniera fondamentale di dare la propria vita: far vivere gli altri. Questo vale anche nelle nostre relazioni: in famiglia, sul lavoro, nei confronti del prossimo, vale a dire di chi mi trovo accanto, della persona che incontro adesso sul mio cammino. Quando Gesù ci chiede di dare la vita per gli altri, ci invita a cercare tutti i modi nei quali possiamo aiutare gli altri a vivere, cioè ad essere più profondamente sé stessi, a essere nella gioia, a scoprire il senso della vita, a non soccombere sotto il peso delle loro prove. Tante sono le forme, i modi nei quali possiamo dare la vita agli altri. Quindi occorre amare e investire in questo amore non solo tutte le nostre forze, la nostra intelligenza e il nostro cuore, ma soprattutto la nostra immaginazione. Se ci è chiesto di amare, è perché la gioia di Dio resti in noi: Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Dio trova la sua gioia non nel godere delle sue perfezioni, non nel contemplare se stesso. Potrebbe farlo, perché la grandezza, la bellezza di Dio è tale e tanta, è cosi inesauribile, che -per utilizzare una immagine un po' inappropriata ma che rende bene l'idea- anche solo guardandosi allo specchio, Dio potrebbe essere contento. Ma in realtà ciò in cui Dio trova la propria gioia non è nel guardarsi allo specchio, non è nel restare rinchiuso nella sua perfezione, ma nel guardare fuori da sé, verso di noi. Non è nel contenere sé stesso, ma nel riversarsi su di noi. Dio lo fa' perché questa cosa gli dà gioia ed a questa gioia invita anche noi, poiché secondo le parole dell'apostolo Paolo: c'è più grande gioia nel dare che nel ricevere. Anche questa gioia si scopre però non magicamente, non teoricamente, ma soltanto donandosi, soltanto dando la vita, soltanto facendo vivere gli altri. La stessa idea si trova in un altro dettaglio espresso in questa stessa pagina del vangelo di Giovanni. Un tale pressante invito ad amare, a dare la vita, a far vivere gli altri, ci è rivolto per permetterci di fruttificare, di portare del frutto, cioè di essere fecondi, di realizzarci. La gloria di Dio è l'uomo vivente. La gloria, la gioia di Dio è che l'uomo giunga a vivere pienamente, raggiunga una realizzazione piena di sé, che dia frutto, che sia fecondo, che dia vita, che faccia vivere gli altri. Ognuno di noi ha bisogno di sentire che la propria vita ha un senso. Ognuno di noi ha bisogno di sapere che porta qualcosa al mondo, che dà un frutto, un frutto che si vede, un frutto che fa crescere, che fa progredire, che cambia qualcosa nella storia, anche se a volte in modo apparentemente solo modesto. Quello che Dio vuole è questa vera realizzazione di noi stessi, è questa fecondità, e la via che ci indica è quella di questo amore. Se vogliamo amare, per poter amare, lasciamoci dunque prima di tutto amare da Dio. Approfondiamo sempre di più il modo nel quale Dio ci ha manifestato il suo amore guardando a Cristo, amandolo e pregandolo di aprirci gli occhi. E poi apriamoci a questo amore chiedendo la venuta dello Spirito di Cristo, lo Spirito Santo, nei nostri cuori . Infine, modestamente, ma con perseveranza, con costanza, senza mai scoraggiarci, ostinatamente, in tutti i momenti della nostra vita quotidiana, cerchiamo di approfittare di tutte le occasioni di donarci, di amarci, di amare gli altri, di dare la vita agli altri. Scopriremo così che più cerchiamo di amare, più ci scopriamo capaci di amare. E più ameremo, più daremo la vita, più faremo vivere gli altri e più saremo noi stessi fortificati da questo stesso amore. Grazie ad esso la gioia non ci abbandonerà mai e porteremo frutto in abbondanza. |