Omelia (17-05-2015)
mons. Roberto Brunelli
Ci ha preceduto presso il Padre comune

Oggi si celebra l'ascensione di Gesù al cielo, avvenuta quaranta giorni dopo la Pasqua. Lo attesta la Bibbia, che però va intesa bene: in realtà Gesù è tornato al Padre suo lo stesso giorno di Pasqua, poco dopo essere risorto dai morti (vedi quanto dice alla Maddalena al sepolcro: Giovanni 20,17). In seguito si è fatto vedere e toccare ripetutamente dai suoi, sino a quando, appunto quaranta giorni dopo, con l'ascensione ha posto fine a queste manifestazioni sensibili.
Le letture di oggi narrano l'evento due volte, corredando il resoconto di ulteriori informazioni. La prima (Atti degli apostoli 1,1-11) riferisce due promesse: l'imminente invio dello Spirito Santo (è quanto si celebrerà domenica prossima) sugli apostoli, per trasmettere loro la forza di essere testimoni di Gesù "fino ai confini della terra", e l'altra promessa, che egli un giorno tornerà.
Nel vangelo (Marco 16,15-20) l'impegno di essere suoi testimoni è espresso così: "Andate in tutto il mondo e proclamate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno". Sono espressioni quanto meno singolari; in ogni caso da non prendere alla lettera, in senso materiale: non è proprio il caso che chi crede le metta alla prova, prendendo in mano i serpenti o bevendo veleno! Il loro significato va ricercato nell'ottica della fede; nelle forme colorite del linguaggio orientale, vogliono dire che la fede consente di superare le tentazioni al male, rende immuni dai pericoli di cui è minacciata la vita spirituale, mette in grado di compiere il bene e di lodare Dio finalmente nel modo giusto ("parleranno lingue nuove") e pregare per gli altri (i malati, per esempio) con speranza di essere esauditi.
Il fatto in sé dell'ascensione, Marco lo esprime con un altro particolare simbolico: Gesù, dopo aver parlato agli apostoli, fu elevato in cielo "e sedette alla destra di Dio". L'espressione significa che il Padre ha gradito l'opera compiuta dal Figlio in terra, e per questo lo accoglie presso di sé, assegnandogli il posto d'onore. Ed è così che, ragionando in termini umani, la Chiesa - come attestano tutte le raffigurazioni - pensa alla divina Trinità, con il Figlio assiso alla destra del Padre, e tra loro lo Spirito Santo cioè l'Amore che li lega.
Marco conclude l'evento dichiarando che gli apostoli eseguirono il mandato: "Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro". L'ascensione segna una svolta nel percorso della salvezza, che da Gerusalemme dove si è compiuta si dilata in dimensione universale; il gruppo sino allora compatto si scioglie: mentre il Redentore "parte" verso il cielo, gli apostoli partono ciascuno in una direzione diversa. E dopo di loro un'innumerevole schiera di missionari da venti secoli, si sa con quanto eroismo non di rado espresso dal martirio, continua l'opera degli apostoli, per rendere partecipe il maggior numero possibile di persone dei benefici derivanti da quello che Gesù ha detto e realizzato.
C'è davvero del prodigioso, nel fatto che da undici uomini si sia potuto sviluppare un organismo in cui si sono ritrovati e si ritrovano milioni e milioni di credenti. Umanamente impossibile; la spiegazione sta nelle parole riportate: "Il Signore agiva insieme con loro". E con uno scopo ben preciso. Il gruppo compatto, costituito da Gesù con i primi apostoli, si è sciolto; i loro seguaci si sono diffusi nel mondo intero; ma non si sono dispersi: li mantengono uniti la fede e l'amore, insieme con la speranza. La speranza, in particolare, di ricomporsi in unità, al cospetto di Colui che tutti ci ha preceduto presso il Padre suo e Padre nostro.