Omelia (17-05-2015)
padre Antonio Rungi
Con il cuore pieno di gioia rivolto al cielo

La solennità dell'Ascensione che oggi celebriamo è un forte appello alla gioia del cuore, una gioia che sperimentiamo sulla terra e soprattutto a quella gioia che aspiriamo di raggiungere nella pienezza nel cielo, dove Cristo ci ha preceduto e ha preparato un posto per tutti, senza esclusione di nessuno. La liturgia della santa messa di oggi inizia proprio con la bellissima preghiera della colletta: "Esulti di santa gioia la tua Chiesa, o Padre, per il mistero che celebra in questa liturgia di lode, poiché nel tuo Figlio asceso al cielo la nostra umanità è innalzata accanto a te, e noi, membra del suo corpo, viviamo nella speranza di raggiungere Cristo, nostro capo, nella gloria". La gioia che siamo chiamati a sperimentare è di tutta la chiesa e di tutta l'umanità, in quanto in Cristo asceso al cielo noi abbiamo la certezza, se seguiamo le sue orme ed il suo insegnamento, di raggiungerlo a conclusione dei nostri giorni terreni. Questa certezza assoluta ci spinge a comportarci in maniera degna della nostra vocazione.

Ed il salmo responsoriale di questa solennità ci invita nuovamente a vivere nella gioia e ad esultare per quanto oggi celebriamo: "Popoli tutti, battete le mani! Acclamate Dio con grida di gioia, perché terribile è il Signore, l'Altissimo, grande re su tutta la terra. Ascende Dio tra le acclamazioni, il Signore al suono di tromba. Cantate inni a Dio, cantate inni, cantate inni al nostro re, cantate inni. Perché Dio è re di tutta la terra, cantate inni con arte. Dio regna sulle genti, Dio siede sul suo trono santo".

Siamo quindi ad esultare di gioia tutti. Ma siamo persone gioiose, viviamo davvero nella gioia che ci viene dall'alto, dove Cristo si è assiso alla destra del Padre, come ci ricorda il testo degli Atti degli Apostoli. Il mistero della fede nell'ascensione del Signore è un mistero di tale profondità, che solo chi ha vera fede può aderirvi pienamente. Di fronte ad una cultura che guarda solo nell'orizzonte terreno, parlare di un destino eterno dell'uomo non è facilmente accettabile e condivisibile. Per cui, convinti più che mai che siamo persone fatte per l'eternità, noi dobbiamo camminare verso il cielo con sempre maggiore consapevolezza che è quella la nostra patria definitiva. Non possiamo avere tentennamenti o indecisioni, ma solo certezze e sicurezze di fede e di comportamenti rispondenti ai cercatori del cielo e non delle cose della terra. Ce lo rammenta con parole molto belle e semplici, l'Apostolo Paolo nel brano della sua lettera agli Efesini che oggi ascoltiamo.

I capisaldi della morale cristiana e dell'ascesi cristiana che ci indirizza all'eternità trovano in questo brano quelli più di immediata lettura, interpretazione ed applicazione. Le virtù fondamentali della vita morale stanno indicate in questo testo: umiltà, dolcezza, magnanimità, sopportazione, amore, unità e pace. Sono virtù che dobbiamo esercitare senza mezze misure. Il Paradiso lo si conquista con questi comportamenti morali che attingono la loro forza proprio dal mistero del Cristo morto, risorto ed asceso al cielo. Di queste verità di fede dobbiamo tutti farci portavoce, senza paura di fronte ad un mondo distratto da tante cose e che ha decretato, in molti ambienti, la morte di Dio, lasciando l'umanità nello smarrimento e nella confusione più totale. Noi, che confermiamo ancora una volta oggi, la nostra fede nell'eternità, vogliamo annunciare il vangelo della gioia con la stessa forza e lo stesso coraggio dei primi apostoli. Essi su mandato di Gesù stesso, prima di ascendere al cielo, fecero esattamente quello che il Maestro e Signore chiese a loro. Infatti ci ricorda il brano del Vangelo di Marco che "essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano".

Missionari della gioia nel mondo, come ci raccomanda Papa Francesco continuamente nel suo magistero, a partire dall'esortazione apostolica Evangelii gaudium alla quale dobbiamo ispirare, oggi, nel contesto della chiesa del XXI secolo l'azione evangelizzatrice in ogni angolo della terra, a partire dai nostri ambienti di vita e di missione. "Invito ogni cristiano -scrive Papa Francesco- in qualsiasi luogo e situazione si trovi, a rinnovare oggi stesso il suo incontro personale con Gesù Cristo o, almeno, a prendere la decisione di lasciarsi incontrare da Lui, di cercarlo ogni giorno senza sosta. Non c'è motivo per cui qualcuno possa pensare che questo invito non è per lui, perché «nessuno è escluso dalla gioia portata dal Signore». Chi rischia, il Signore non lo delude, e quando qualcuno fa un piccolo passo verso Gesù, scopre che Lui già aspettava il suo arrivo a braccia aperte. Questo è il momento per dire a Gesù Cristo: «Signore, mi sono lasciato ingannare, in mille maniere sono fuggito dal tuo amore, però sono qui un'altra volta per rinnovare la mia alleanza con te. Ho bisogno di te. Riscattami di nuovo Signore, accettami ancora una volta fra le tue braccia redentrici». Ci fa tanto bene tornare a Lui quando ci siamo perduti! Insisto ancora una volta: Dio non si stanca mai di perdonare, siamo noi che ci stanchiamo di chiedere la sua misericordia. Colui che ci ha invitato a perdonare «settanta volte sette» (Mt 18,22) ci dà l'esempio: Egli perdona settanta volte sette. Torna a caricarci sulle sue spalle una volta dopo l'altra. Nessuno potrà toglierci la dignità che ci conferisce questo amore infinito e incrollabile. Egli ci permette di alzare la testa e ricominciare, con una tenerezza che mai ci delude e che sempre può restituirci la gioia. Non fuggiamo dalla risurrezione di Gesù, non diamoci mai per vinti, accada quel che accada. Nulla possa più della sua vita che ci spinge in avanti!".