Omelia (10-05-2015)
mons. Gianfranco Poma
Io vi chiamo amici

La pagina che leggiamo nella sesta domenica di Pasqua, Gv 15,9-17, è certamente una delle più intense del Vangelo: solo ascoltandola interiormente, vivendola, possiamo comprenderne sempre più profondamente il significato. È Lui, Gesù, che continua ad invitarci a "rimanere" in Lui, ma adesso ci introduce nella sua vita intima e ci svela chi Lui è: la sua vita è relazione di Amore. "Il Padre ha amato me": l' "io sono" di Gesù è l'essere amato, l'abbandonarsi di ogni attimo ad un Amore inesauribile, continuamente nuovo, che gli dona la vita. Gesù parla della sua esperienza come relazione di Amore che nella sua carne umana diventa l'esistenza del Figlio generato dal Padre: egli ci conduce nella sua più profonda intimità, dove tutto ciò che è umano, piccolo, diventa vita, gioia, fecondità, quando non si chiude in se stesso ma accetta di essere lo spazio e il tempo riempito dall'Amore infinito del Padre. Così Gesù nella concretezza della sua carne, svela che al centro della vita di Dio e dell'uomo, c'è l'amicizia, la forma più perfetta dell'Amore, la relazione gratuita e non possessiva che realizza la comunione delle persone.
"Io ho amato voi": ogni attimo della vita di Gesù è un atto di Amore per le persone che incontra. Con Lui ogni incontro è relazione personale vera, che fa entrare nella trama della concretezza quotidiana l'intensità dell'Amore di Dio. "Come il Padre ha amato me, così io ho amato voi": l'Amore con cui Gesù ha amato rivela il senso, il gusto personale della vita. Non è il premio per il proprio merito ma gratuità che non giudica, riscalda il cuore, apre gli occhi, dona forza, libera dalla paura, dona la certezza di essere avvolti dalle braccia del Padre: e non è una teoria, una dottrina, ma il dono di un'esperienza concreta. Gesù ha sperimentato ogni debolezza, non ha avuto paura di toccare la carne dei lebbrosi, di superare barriere di impurità religiose, si è seduto a mensa con i peccatori, non ha allontanato le prostitute, ha perdonato, dato speranza, ricostruito l'uomo e tutto questo come segno della tenera preoccupazione del Padre che attraverso la carne del Figlio, le sue mani forate, il suo fianco squarciato, vuole che le sue creature sentano il suo amore e lo gustino pienamente.
"Rimanete nel mio Amore": Lui che prima ci aveva invitati a rimanere in Lui, adesso ci invita a rimanere nel suo Amore, a non allontanarci dalla fonte della vita, ad aprirci a Lui che nel dono totale di sé, ci ha inclusi nel suo rapporto con il Padre.
Adesso tutto è nuovo: è Lui il pastore, la via, la verità e la vita, la porta attraverso la quale l'Amore del Padre diventa la nostra vita. Rimanere nel suo Amore significa entrare nella relazione nuova con Dio, non più alleanza con un legislatore supremo che ci chiede l'osservanza della Legge, ma relazione con un Padre che ci implora di credere in un Amore he è arrivato a donare il proprio Figlio. Rimanere nel suo Amore, significa sentire, amare la vita come Lui l'ha sentita e l'ha amata, come un dono, come gioia, come libertà.
"Rimanete nel mio Amore": Gesù parla ad una comunità di persone chiamate a condividere il suo Amore.
Tutto è nuovo: Dio non giudice ma Padre che si rivela nella carne amata del Figlio; Gesù non mediatore di una "Legge perfetta" ma annunciatore di una "Legge nuova", "l'Amore", dono e forza di vita che chiede soltanto di essere accolta; Gesù non maestro che insegna una dottrina, un'etica che rimarrebbe imposta alle fragili spalle dell'uomo, ma testimone che mostra e dona nella carne umana una vita nuova. Gesù è l'amato dal Padre per essere l'amante che attrae a sé ogni persona che ascolta interiormente la sua Parola: la novità di Gesù diventa la novità della comunità dei suoi discepoli, non alunni che imparano una lezione dal maestro, ma "amici" che, rimanendo nell'Amore di colui che dona la vita per loro, lo sperimentano tra loro. "Amici" è il nome più vero dei discepoli di Gesù, non più servi, sudditi costretti ad osservare una legge, ma liberi di quella libertà generata dall'Amore al quale Lui si è affidato e di cui ci rende partecipi se rimaniamo nella sua parola: "Questo vi comando, che vi amiate reciprocamente". Questa in realtà, è un'implorazione che ci rivolge, perché Lui per primo ci ha amati e Lui ci dona la forza perché noi pure lo facciamo. È la novità della nostra comunità: essere una scuola di amicizia, in cui impariamo a non essere autoreferenziali, a liberarci lentamente da tutto ciò che è possessivo e dominatore per lasciare spazio alla logica del dono e della fede; una scuola di gioia, in cui impariamo a sorridere di noi stessi e degli altri, nella libertà di chi non ha nulla da difendere o da nascondere perché sa di essere ospitato dalle mani affidabili del suo Signore.