Commento su At 1, 11; Mc 16, 20
«Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l'avete visto andare in cielo».
At 1, 11;
«Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano».
Mc 16, 20
Come vivere questa Parola?
Celebriamo oggi la solennità dell'Ascensione di Gesù al cielo, nella quale il mistero pasquale del Cristo, il suo esodo da questo mondo al Padre, è letto in un'ottica particolare, che non è facile decifrare nel modo adeguato. Con la morte e la sepoltura di Gesù è avvenuta una separazione tra Lui e i suoi discepoli, e la Risurrezione non ripristina la situazione pre-pasquale - quella cioè di un'esistenza vissuta insieme a Lui ‘visibilmente' - ma origina un modo ‘altro', con cui Gesù, Risorto e Vivente, si rende presente alla sua Chiesa. I Vangeli hanno espresso tutto questo mediante l'immagine dell'Ascensione di Gesù al cielo. Presso quasi tutti popoli il cielo sta ad indicare l'abitazione della divinità e anche la Bibbia usa questo linguaggio spaziale. Con l'avvento però dell'era scientifica, tutto questo linguaggio religioso ‘celeste' oggi è entrato in crisi. Il cielo è per gli uomini del nostro tempo lo spazio in cui si muove il nostro pianeta e l'intero sistema solare, e nulla più. Anche noi cristiani siamo d'accordo, quindi, nel dire che il ‘cielo', come luogo della dimora di Dio, è più uno ‘stato' che un ‘luogo'. Quando si usa questo termine, non ha senso dire sopra o sotto, su e giù. Con questo non sto affermando - sia ben chiaro - che il paradiso non esiste, ma solo che ci mancano le categorie adatte per potercelo rappresentare adeguatamente.
Alla luce di quanto abbiamo detto, proclamare che Gesù "è asceso al cielo" significa dire che Egli, anche come Uomo, è entrato nel mondo di Dio: «siede alla destra del Padre». Insomma, il nostro vero cielo è il Cristo Risorto col quale noi andremo a ricongiungerci e a "fare corpo" dopo la nostra morte. Le parole dell'angelo, citate sopra nel primo testo, contengono un velato rimprovero ai discepoli: non bisogna stare a guardare in cielo e speculare sull'aldilà, ma piuttosto vivere in attesa del ritorno di Gesù, proseguire la sua missione, portare il suo Vangelo fino ai confini del mondo. Egli è andato in cielo, ma senza lasciare la terra. È solo uscito dal nostro campo visivo fisico. Proprio Gesù del resto, nel brano parallelo di Matteo, ci assicura: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).
La voce di un grande Papa della Chiesa antica
«Nella festa di Pasqua la risurrezione del Signore è stata per noi motivo di grande letizia. Così ora è causa di ineffabile gioia la sua ascensione la cielo. Oggi infatti ricordiamo e celebriamo il giorno in cui la nostra povera natura è stata elevata in Cristo, fino al trono di Dio Padre»
Leone Magno, Disc. 2 sull'Ascensione 1,4
Don Ferdinando Bergamelli SDB - f.bergamelli@tiscali.it
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