Omelia (17-05-2015) |
Agenzia SIR |
Alla fine si ricomincia: dopo aver detto la buona notizia che Dio è amore e averla compiuta con l'atto supremo di amore della sua morte e resurrezione, Gesù manda i suoi ad allargare questo Vangelo a tutta la creazione. La condanna è nel non credere a questo amore, la salvezza è tutta nell'accoglierlo. I segni che seguono quelli che credono dicono la meraviglia della vita nuova ma anche la grande lotta contro il Male che solo la Fede può affrontare e vincere. Il Vangelo di Marco è breve, riassume. Anche qui, alla fine, troviamo la sola volta in cui il termine Signore è accostato al nome Gesù: il Signore Gesù! Gesù è il Signore! Questa è la salvezza e la via per trovarla: credere che Gesù è il Signore e vivere nella sua Signoria. L'assunzione è un avvenimento visibile, una vera esperienza degli Undici, ma anche legata alla tradizione profetica che proclamava la Signoria del Figlio di Dio, innalzato e seduto alla destra di Dio, speranza suprema dell'umanità, della creazione e della storia. Non è la fine della presenza e della potenza di Gesù Cristo, ma la garanzia assoluta di esse nella povera storia dell'umanità. L'Ascensione di Gesù alla destra di Dio dice anche la realtà di una storia che ora è in mano a noi, affidata alla nostra responsabilità e obbedienza nella fede. Il Signore non ci abbandona. Il Vangelo si chiude con l'immagine meravigliosa di questi pochi uomini, poveri e fragili, che partono per una missione preponderante le loro forze. Così vuole Colui che li manda, ma che opera insieme con loro confermandone la Parola con i prodigi che l'accompagnano. I segni confermano la risurrezione, la vittoria sulla morte e la vita nuova in Gesù. La comunità cristiana deve vivere nella serena consapevolezza della sua minorità, con lieta umiltà. Commento a cura di don Angelo Sceppacerca |