Omelia (24-05-2015) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Presenza del dono di Dio Una volta asceso Gesù al cielo e ritornato alla gloria del Padre, egli entra nella piena dimensione del divino e la sua presenza nel mondo, nell'uomo, nella storia adesso si riscontra non più attraverso la percezione sensoriale, ma viene recepita nella fede. Questa è la nuova prerogativa che rende possibile il nostro incontro quotidiano con Gesù. Questi quale aveva rassicurato i suoi discepoli: "Non vi lascio soli"... "Io sono con voi fino alla fine del mondo": egli sarà presente fino all'epilogo della storia terrena, verso il quale noi siamo diretti man mano che procediamo nell'avventura del presente. Tuttavia la sua presenza sarà ineffabile, misteriosa, impossibile a recepirsi con le comuni attitudini dei sensi interni ed esterni: sarà l'occhio scrutatore della fede a dover riconoscere il Risorto ancora vivo e attuale nelle varie esperienze della nostra vita e questa fede dovrà sgomitare con tante sfide e con tante marce contro corrente. Il fatto però che Gesù abbia detto che non ci avrebbe lasciati soli, ci rassicura oggi come risollevava allora l'animo dei discepoli perché tale promessa viene accompagnata dalla garanzia di un dono: "Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà."(Gv 16, 13 - 15) Lo Spirito Santo. Dio stesso che santifica e che rigenera l'intera creazione divinizzando l'uomo, ci viene effuso da Gesù perché noi non restiamo abbandonati a noi stessi, perché non ci disorientiamo e non procediamo ciascuno per un sentiero impervio, ma perché percorriamo una strada comune verso un comune obiettivo che è la vita e la salvezza eterna. Lo stesso Spirito per il quale il Figlio di Dio, nascendo prodigiosamente da una Vergine era diventato Figlio dell'uomo; lo stesso che aveva istituito Cristo Figlio di Dio non appena era uscito dalle acque del Giordano e che aveva condotto Gesù nel deserto che poi, al momento dello spirare in croce, Cristo stesso aveva "riconsegnato al Padre". Insomma lo Spirito della Rivelazione di Dio nel mondo nel mistero dell'Incarnazione, viene comunicato da Gesù nel giorno di Pentecoste ai suoi discepoli e da questi a tutta la Chiesa. Ciò avviene a Gerusalemme nel giorno della Pentecoste ebraica, la quale ha fatto convenire al tempio tantissime persone di varia provenienza culturale ed etnica allo scadere dei cinquanta giorni dall'inizio della mietitura: grati a Dio per l'abbondanza dei raccolti, esponenti di varie comunità entrano al tempio per deporre un frutto di ciascun prodotto della terra. Aria di gioia e di serenità in una Festa considerata fra le più importanti per il popolo ebraico, poiché oltre che a rendere culto a Dio nello specifico delle primizie radunava gruppi e persone da ogni parte del mondo. Improvvisamente un gruppetto di uomini, fino a pochi istanti prima ignoti e non considerati dalla folla perché reclusi in un angusto spazio, si vedono correre e gridare per lo spazio antistante alla porta del tempio: parlano lingue diverse eppure vengono compresi da tutti e da parte di tutti si comprende che essi annunciano senza paura le grandi opere di Dio. Cos'era successo a questi uomini prima pavidi e insicuri e ora pieni di zelo e di livore? Cosa li sta portando a vincere l'isolamento e la paura per assumere tanto fervore e coraggio di annuncio? Un fenomeno insolito alla vista umana ma del tutto comprensibile se ci si colloca dalla prospettiva del Dio Salvatore: lo Spirito Santo che Gesù aveva promesso è disceso su di loro. A dire il vero non è la prima volta che essi ne sono investiti: già immediatamente dopo la Resurrezione Gesù era comparso davanti agli Undici per alitare su di loro e per esclamare: "Ricevete lo Spirito Santo. A chi rimetterete i peccati resteranno rimessi; a chi non li rimetterete resteranno non rimessi"(Gv 20, 22-23).. Si trattava però di una prima effusione dello Spirito che abilitava gli apostoli a rendersi ministri della riconciliazione discernendo secondo la logica di Dio la gravità dei peccati commessi dagli uomini. Lo Spirito Santo infatti, nel sacramento della Riconciliazione, è di ausilio sia al sacerdote nel rendesti medico, giudice e maestro delle anime, sia ai penitenti che in forza della sua azione possono davvero coscienziosamente riconoscersi tali per usufruire della grazia del perdono divino. Quella a cui si assiste a Gerusalemme è invece un'effusione solenne e universale. Lo Spirito Santo viene donato agli apostoli che ne saranno latori a tutti gli uomini senza riserve e senza limitazioni etniche e geografiche. Lo Spirito, che ha già reso testimonianza veritiera del Cristo agli stessi apostoli, apporta la stessa testimonianza di verità anche presso tutti questi uomini e donne di ogni nazione, che restano sbigottiti di come semplici uomini possano annunciare a tutti le grandi opere di Dio. Pietro spiegherà agli astanti che non si tratta di ebbrezza (sono appena le nove del mattino) o di demenza mentale, ma che come aveva profetizzato il profeta Gioele, lo Spirito del Signore si è appena effuso su ogni persona per compiere prodigi. Lo Spirito di Colui che loro, appunto i Giudei interlocutori, avevano appeso sulla croce e che Dio ha risuscitato. Lo Spirito Santo prenderà decisioni congiuntamente agli apostoli (At 15) e sarà guida e anima della comunità cristiana man mano che essa si accrescerà di numero e si protenderà nella missione di evangelizzazione e di annuncio. Come si diceva all'inizio, nello Spirito Santo Gesù Asceso al Padre non ci lascia orfani e disorientati poiché è proprio Questi che attualizza in noi e attorno a noi la presenza di Gesù Risorto nella molteplicità dei nostri ambiti e delle nostre avventure. E' grazie allo Spirito che noi nella fede possiamo riscontrare la presenza di Cristo ed essere docili alla sua Parola e alla sua azione su di noi. Lo Spirito "divinizza" l'uomo perché consente che Dio oltre che in se stesso abiti nell'uomo e lo plasmi fino in fondo come Figlio suo; lo Spirito infatti "attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio"(Rm 8, 16); e facendoci vivere da Figli ci conduce alla verità che ci è stata rivelata, facendogli distinguere "il centrale dal periferico" (Congar), cioè ciò che è determinante per la salvezza da ciò che è secondario o addirittura lesivo. Di conseguenza siamo resi capaci di comprendere quanto sia veramente rivelato da quanto veramente sia mistificato e subdolo. Come il Figlio rivela il Padre, così lo Spirito rivela il Figlio e ne attualizza, rinnovandola,. la presenza. E la certezza di non essere rimasti soli sospinge all'azione e alimenta lo zelo; rincuora nella fiducia e fa progredire nella speranza donando costanza nella prova e coraggio nelle incertezze e nelle inquietitudini. |