Omelia (24-05-2015) |
Carla Sprinzeles |
La vita cristiana è vita nello Spirito di Dio. La spiritualità cristiana non è qualcosa di vago, che determina un benessere fisico o psichico passeggero, ma è esperienza dello Spirito che Dio ci ha donato attraverso Gesù. La Pentecoste ha dunque una perenne attualità in ogni momento della sua vita il cristiano è "immerso nello Spirito Santo". La Pentecoste ci invita a riflettere anche sulla dignità che scaturisce per noi da questa presenza. ATTI 2, 1-11 La Pentecoste era già una festa ebraica e la prima lettura di oggi, tratta dagli Atti degli apostoli è una ricostruzione dell'effusione dello Spirito Santo compiuta il giorno di Pasqua, sullo schema del Vecchio testamento. Narra come sette settimane dopo la traversata del Mar Rosso - Pasqua ebraica - ci fu sul monte Sinai, la consegna della legge a Mosè, nel fulgore di fulmini, nel rumore di tuoni e di venti. La Legge fu consegnata in quella manifestazione tumultuosa, era scritta nella pietra e aveva lo scopo di dare identità al popolo giudeo. La Pentecoste cristiana è stata pensata sul modello del Sinai. Ripeto quanto già detto tante volte, il testo sacro non è da prendere come una cronaca dei fatti, ma come il frutto di un'attenta riflessione dell'autore Luca per trasmettere un messaggio. Anche la Pentecoste cristiana viene descritta come un uragano e abbiamo il fuoco. Ma questa Pentecoste non consegna agli uomini una legge scritta su tavole di pietra. Essa dà agli uomini una parola che viene ascoltata da ciascuno nella propria lingua. E' la legge universale non più scritta nelle pietre ma nei cuori, ed è affidata alla libertà dello spirito. Il mondo di oggi è unificato, ma l'unità raggiunta è la più deludente che si possa immaginare, in quanto a tenerci uniti è la forza meccanica della paura. La paura e i suoi equilibri sono l'antitesi del messaggio di Gesù. Cercano di garantirci una tranquillità con l'uso della forza. Ci siamo fatti anche una coscienza su misura. Quando l'unità è progettata dagli uomini uniformandoli, rendendoli uguali, per paura della novità, con la presunzione dell'autosufficienza, diventa una maledizione perché è il rifiuto del nuovo e della diversità, che è benedizione di Dio. Torniamo invece alla scena di Gesù, che appare ai suoi nel Cenacolo, "soffia" lo Spirito e dice "pace". Notate la differenza: sul Sinai fulmini, tuoni e uragani, nel Cenacolo appena un alito. L'unità non è "a piramide" come a Babele, ma è una unità che passa attraverso le libertà dello Spirito, che è creativo. Noi dobbiamo scegliere, rimanendo nel mondo in cui siamo: o la parvente sicurezza dell'umanità o il soffio primaverile della libertà, che non garantisce la nostra sicurezza. Quanto siamo attaccati alle nostre piccole sicurezze? Dove poggiamo in realtà la nostra sicurezza? E' importante darci delle risposte! Se siamo distratti, non ci accorgiamo neppure dello Spirito, perché non è un uragano, è congenito alla nostra libertà interiore, e se non siamo liberi, rispettando la libertà altrui, non avvertiamo lo Spirito. Noi vogliamo rompere l'unità del mondo, che calpesta la libertà dell'uomo, la dignità dell'uomo, stritolando tutti nella propria logica. La Pentecoste rompe il chiuso del Cenacolo, e nel quotidiano, ma nella convinzione che lo Spirito domina la terra, può riempire il mondo. Dobbiamo trasmettere il messaggio di Gesù, in modo che ognuno lo senta misurato su di sé. Non è un linguaggio solo di parole, dev'essere accompagnato da fatti concreti, un po' come gli uomini della Pentecoste, portati sul patibolo e nei tribunali da chi voleva mantenere l'unità dell'ordine babelico. Non sono stati perseguitati per dei bei discorsi consolatori! GIOVANNI 15, 26-27; 16, 12-15 Oggi il Vangelo è tratto da Giovanni. Durante l'ultima cena Gesù promette lo Spirito, il suo Spirito ai discepoli. Si era parlato della vite "vera" e del mondo. Gesù promette lo Spirito, ma cos'è lo Spirito? E' l'azione della vita in noi, è il dono della vita che continuamente riceviamo attraverso le relazioni. In che cosa consiste la testimonianza? E' mostrare la verità del messaggio di Gesù. Spesso noi confondiamo gli idoli, con Dio, confondiamo il bene con il male, abbiamo gli occhi chiusi e mille brame confuse. Per questo è necessario che ci siano testimoni del Vangelo, persone che ci aiutino a infrangere questa confusione e permettere all'essere vero di venire alla luce, al desiderio profondo di emergere: questo è lo Spirito di verità. La testimonianza dello Spirito deve mostrare qualcosa più grande di noi, come freccia puntata, come indicazione che conduce oltre quello che noi siamo, visto che non siamo ancora definitivi e realizzati. C'è poi una frase di Gesù da comprendere: "Mi renderete testimonianza, perché siete stati con me fin dall'inizio", cosa vuol dire? Occorre essere testimoni integrali, completi, di tutte le parole di Gesù, di tutto ciò che Gesù ha vissuto, ha proclamato, ha consegnato ai suoi, non solo di alcuni aspetti a noi più congeniali. "Quando verrà lo Spirito di verità, vi guiderà alla verità tutta intera"! Non vuol dire: lo Spirito vi condurrà a una dottrina perfetta, perché la dottrina non salva come tale. Il termine "verità" indica la fedeltà alla vita, la coerenza. Come abbiamo già detto la vita ci viene consegnata momento per momento, la verità della vita è la fedeltà nell'accogliere le spinte vitali e tradurle in gesti nuovi, il termine "spirito" sottolinea la "novità". I semi della novità ci sono stati depositati nelle esperienze compiute, negli incontri con gli altri, poi possono fiorire nei momenti di solitudine di riflessione, di preghiera. Si fa fatica a portare il peso di una verità che si è sempre cercato di negare. Qualsiasi idolo offre paradisi artificiali. Lo Spirito invece può rivelare a chi scende nell'interiorità il dono di vita racchiuso nel vuoto che volevamo evitare. Ma in verità, siamo sinceri con noi stessi, crediamo davvero che in noi esiste una forza creatrice di Dio, che può far fiorire nuove forme di giustizia, di pace, di perdono, di misericordia? Non piove dal cielo quest'azione di Dio è già in ognuno di noi! Occorre perciò che ci abbandoniamo con fiducia a questo flusso di vita che ci investe e che spesso noi trascuriamo, perché siamo idolatri, ci attacchiamo ai nostri beni, preferiamo restare quello che siamo, perché ci illudiamo di essere autosufficienti. La preghiera è l'esercizio, l'allenamento ad accogliere il flusso di vita, l'azione di Dio nella nostra vita. La preghiera non è ricordare a Dio qualcosa, perché l'azione creatrice contiene già tutto e ci offre già tutto. La preghiera ci serve a smascherare le nostre illusioni con la consapevolezza, le nostre idolatrie e lasciare agire la forza che ci avvolge e ci alimenta. Lo Spirito di Cristo apre a ciascuno la sua identità, desidera che ciascuno sia solamente se stesso, sia cioè libero di realizzare quello che è veramente. Pentecoste è la festa della relazione perché Gesù ha inventato questo modo di comunicarci i germi di vita: donandoli li riceviamo. Non abbiamo che da credere alla verità che la vita ci è già donata in modo totale e che noi poco alla volta, secondo la capacità di portarla, ci apriamo ad accoglierla istante dopo istante. Buona festa! Alla settimana prossima. |