Omelia (24-05-2015) |
mons. Antonio Riboldi |
Vieni Spirito Santo Sappiamo tutti come Gesù ha iniziato la storia della Sua Chiesa, chiamando a Sé dodici apostoli, espressione di povertà di spirito, generosità e docilità. Li aveva istruiti per anni, consegnando loro il tesoro della Parola, che forma i veri discepoli, e che loro un giorno avrebbero dovuto donare al mondo con coraggio, fino al martirio. Gesù conosceva la loro debolezza, che si manifestò pienamente al momento della prova - come spesso accade a noi - quando Gesù fu arrestato e condotto alla crocifissione. Sembrava quasi che sulla croce fosse finita la storia stupenda della speranza e che sulla terra non fosse più possibile sentire il ‘respiro di Gesù'. Possiamo ignorare o ostacolare questo ‘respiro', ma tutti sappiamo, per esperienza, quanto per noi tutto diventi allora complicato, se non doloroso, senza la Presenza di Gesù nella nostra vita. Ma la resurrezione del Maestro rimise al suo posto la speranza. E, dopo la Resurrezione, per quaranta giorni il Signore apparve tra loro; continuò la ‘Sua scuola' di fede e, ascendendo al Cielo, raccomandò loro di ‘stare insieme in preghiera, in attesa dello Spirito, che avrebbe mandato'. Deve essere stata un'attesa difficile da descrivere. Cosa sarebbe successo? Per loro, così timidi e paurosi, cosa avrebbe significato la venuta dello Spirito Santo? Cosa avvenne il giorno di Pentecoste lo narra questo breve ed intenso brano degli Atti degli Apostoli, con la semplicità delle grandi opere di Dio: "Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all'improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi. Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: ‘Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamiti; abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadocia, del Ponto e dell'Asia, della Frigia e della Panfilia, dell'Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene, Romani qui residenti, Giudei e proseliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio". (At. 2, 1-11) Quel giorno avrebbe segnato l'inizio della Chiesa: quella Chiesa cui noi apparteniamo e che, forse, non sempre abbiamo saputo ‘essere', per tante ragioni. Si rimane quasi increduli nel leggere questo brano, che narra ciò che lo Spirito ha operato, su quanti erano in preghiera nel Cenacolo. In un attimo cambia letteralmente la loro e la nostra storia e, da poveri uomini, ci rende capaci di grandi cose, fino al martirio. Tutto questo cambiamento, operato dallo Spirito Santo in noi, lo vediamo moltissime volte in fratelli, sorelle, che non nascondono la debolezza della propria natura, ma poi, quando lasciano operare lo Spirito in loro, davvero riescono a compiere grandi opere... di mitezza, di solidarietà, di perdono. Sono tanti i fatti che hanno la loro origine nell'ispirazione e forza dello Spirito Santo e, noi stessi, nella nostra stessa vita, se siamo attenti e abbiamo occhi soprannaturali, li possiamo osservare e provarne stupore, lo stesso della gente di Gerusalemme, nel giorno della Pentecoste. Forse non diamo o non abbiamo dato abbastanza peso, nella vita, alla trasformazione dell'umanità nella Pentecoste, che iniziò e ha guidato nei secoli la vita della Chiesa, a cui noi abbiamo il dono e il privilegio di appartenere. Quante volte, io stesso, mi sono chiesto: ‘Ma come ho potuto fare questo o quello? Dove ho trovato la forza per affrontare una tale situazione?'. E chissà quante volte anche voi siete stati colti da sorpresa per la fortezza e l'ispirazione - sempre se avete la coscienza della presenza dello Spirito in voi - davanti a decisioni o fatti, che avrebbero dovuto dare scacco matto alla nostra debolezza umana. Se allunghiamo lo sguardo da quella Pentecoste, inizio della Chiesa, ai 20 secoli del suo cammino, sono tante, ma tante, le opere pentecostali che mostrano come la venuta dello Spirito è il giorno di chi veramente, come gli apostoli, ‘camminando secondo lo Spirito', come dice Paolo, può compiere opere da suscitare lo stupore di chi vede. È lo Spirito Santo che continua a manifestare la Sua gioia di darci una mano là dove la nostra povertà non riesce. Ne siamo convinti? Siamo in sintonia con lo Spirito ‘che abita in noi'? Se la Pentecoste è il Natale della Chiesa cui apparteniamo, ne sentiamo la gioia? Ricordiamo le parole di Papa Francesco: "Abbiamo l'abitudine di domandarci, prima che finisca la giornata: ‘Cosa ha fatto oggi lo Spirito Santo in me? Quale testimonianza mi ha dato? Come mi ha parlato? Cosa mi ha suggerito?'... Perché è una presenza divina che ci aiuta ad andare avanti nella nostra vita di cristiani. Chiediamo questa grazia... Chiediamo la grazia di abituarci alla presenza di questo compagno di strada, lo Spirito Santo, di questo testimone di Gesù che ci dice dove è Gesù, come trovare Gesù, cosa ci dice Gesù. La grazia di avere una certa familiarità: è un amico. Gesù l'ha detto: "No, non ti lascio solo, ti lascio Questo". Gesù ce lo lascia come amico». In un tempo davvero senza più ‘energie' di futuro, che vada oltre i confini della terra, in cui siamo pieni di parole inutili o dannose, senza più conoscere il ‘volo nello Spirito', è urgente che risvegliamo lo Spirito che è in noi, perché lo Spirito Santo agisce in noi durante tutta la giornata, come testimone che ci dice dove è Gesù, per poter rifletterlo nelle nostre parole, nella nostra vita, andando oltre le miserie nostre e del nostro tempo. |