Omelia (31-05-2015)
dom Luigi Gioia
Battezzate tutti i popoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo

E' naturale chiedersi in questo giorno se Dio si chiami veramente Trinità, se questo davvero sia il suo nome. Trinità è un termine che non si trova nella Bibbia, ma è stato elaborato nella storia della teologia. Esso ha certo la sua utilità dal punto di vista teologico ma è spesso stato osservato quanto esso rischi di condurre ad una idea troppo astratta di Dio. Ed è forse vero che non viene spontaneo pregare Dio chiamandolo "Trinità", anche se non sono mancati santi come Elisabetta della Trinità che hanno saputo farlo con bellissime preghiere. Quando Dio dà il suo nome nella Bibbia non dice mai: Io sono Trinità. In realtà non dà mai il suo nome! Certo, sappiamo che nel libro dell'Esodo Mosè chiede a Dio il suo nome e Dio risponde con quello che è stato tramandato con l'appellativo di JHWH spesso tradotto in questo modo: Io sono colui che sono. Ma JHWH non è tanto una risposta quanto una promessa, un invito. Io sono colui che sono vuol dire: "Io sono colui che sono nel modo in cui agisco. Se vuoi sapere chi sono guarda quello che sto facendo, adesso ora, per te, per il tuo popolo. Del resto come potrei spiegarti chi sono, poiché non vi è nulla, non vi è nessuna altra cosa uguale a me". Ed effettivamente in quello stesso contesto Dio afferma ciò che intende fare: Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal potere dell'Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele. Ecco quindi il senso della prima lettura che ci propone la liturgia di questa domenica della Trinità: in essa vediamo cosa fa, cosa opera Dio: egli crea, parla dal fuoco. E' detto in questa lettura: E' mai successo che un popolo abbia udito la voce di Dio parlare dal fuoco, come l'hai udita tu? Poi Dio sceglie una nazione, combatte per essa, fa segni e prodigi in suo favore: Ha mai tentato un Dio di andare a scegliersi una nazione come fece per voi il Signore vostro Dio in Egitto, sotto i vostri occhi? Ecco quindi come si fa conoscere Dio: non rivelandoci, per così dire, il suo nome anagrafico, ma ricordandoci quello che fa per noi. Per conoscere qualcosa o qualcuno, abbiamo bisogno di rappresentarcelo mentalmente ricorrendo ad altri esempi dello stesso tipo, ma nel caso di Dio non possiamo, perché non c'è un altro Dio: Sappi dunque oggi e medita bene nel tuo cuore che il Signore è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra: non ve n'è un altro. Non vi è un altro Dio. Per la stessa ragione Giovanni alla fine del Prologo afferma Dio nessuno lo ha mai visto. Non ve n'è un altro, non possiamo avere il nome di Dio, non possiamo vederlo. Solo Gesù ce lo rivela, ma anche qui è importante capire come. Prima di tutto è sbagliato dire che Gesù sarebbe il volto umano di Dio. Gesù non è il volto umano di Dio, ma è Dio stesso in mezzo a noi: vedere agire Gesù, ascoltare Gesù, è vedere, ascoltare Dio. Essere toccati da Gesù è essere toccati da Dio. Essere amati da Gesù è essere amati da Dio. Nello stesso tempo però - ed è qui che siamo confrontati con il grande paradosso che ci introduce nel mistero della Trinità - anche vedendo Gesù, anche sentendo Gesù, anche toccandolo ed essendo toccati da lui, Dio resta misterioso, Dio resta nel fuoco inaccessibile, Dio resta Dio. Questo lo si evince nell'esperienza dei discepoli che hanno visto Gesù, sia durante la sua vita che poi risorto. Il Risorto è lo stesso Gesù con il quale hanno vissuto, mangiato, camminato eppure non lo riconoscono subito. Lo vediamo anche nella pagina evangelica di oggi: dopo aver passato quaranta giorni con Gesù, averlo toccato, aver mangiato con lui, aver visto i segni e i prodigi che ha operato, ancora esitano: Quando lo videro si prostrarono, però dubitarono. Lo riconoscono come Dio e per questo si prostrano, ma continuano a dubitare, perché pur vedendolo per riconoscerlo come Dio hanno bisogno di un atto di fede, hanno bisogno di una grazia speciale. Per conoscere Gesù come Dio e, attraverso Gesù, conoscere il Padre ci vuole qualcos'altro. Ed è questo aspetto che ci conduce nel cuore del mistero della Trinità. Il Padre e il Figlio non bastano. Il Padre invisibile, si rivela attraverso il Figlio e il Figlio ci rivela il Padre, però malgrado tutto quello che Gesù ha fatto per rivelarci il Padre, questo non basta. Ci vuole ancora un'altra manifestazione di Dio che è quella dello Spirito Santo. Solo con la venuta dello Spirito Santo la conoscenza di Dio è possibile. Solo grazie allo Spirito Santo infatti possiamo riconoscere in Gesù la persona divina del Figlio. Possiamo conoscere il Padre attraverso Gesù solo dopo che lo Spirito Santo è stato versato nei nostri cuori dove grida: Abbà, padre, solo dopo che lo Spirito Santo ha attestato nel nostro cuore che siamo figli di Dio, come dice la lettera ai Romani. Questo è normale, perché Dio non è solo Padre e Figlio, ma Dio è Padre, Figlio e Spirito Santo. Quindi, per conoscere Dio abbiamo bisogno non solo di sperimentarlo, toccarlo, ascoltarlo nel Figlio ma anche di riceverlo nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo. Padre, Figlio e Spirito Santo non sono tre realtà separate, cioè tre realtà che potremmo conoscere separatamente. Si tratta sempre di conoscere il Padre attraverso il Figlio per mezzo dello Spirito Santo. Il prologo di Giovanni infatti afferma il Padre nessuno lo ha mai visto. Poi il vangelo di Matteo afferma: Nessuno conosce il Padre se non il Figlio e nessuno conosce il Figlio, se non il Padre e colui al quale il Padre lo voglia rivelare. E infine ancora Giovanni dice: Lo Spirito non rivela se stesso, non parla da se stesso, ma fa conoscere Gesù. Proprio perché non c'è Padre senza Figlio, né Figlio senza Padre e proprio perché non ci sarebbero Padre e Figlio senza l'amore che li unisce, che è lo Spirito Santo, proprio per questa ragione non si può conoscere il Padre se non si conosce il Figlio e non si può conoscere il Figlio se non si conosce il Padre. E non si può entrare in questo scambio tra il Padre e il Figlio senza aver ricevuto nei nostri cuori lo Spirito Santo. Solo dopo che lo Spirito ci ha resi figli unendoci al Figlio possiamo gridare: Abbà, padre. Quindi si può dire che conosciamo la Trinità, conosciamo Dio, solo entrando nella sua vita, solo nel momento nel quale siamo inabissati, immersi nella sua vita, cioè "battezzati", che vuol dire appunto "immersi". Nel momento in cui ascende al cielo Gesù non dice semplicemente ai suoi discepoli: "Andate e insegnate a tutte le nazioni ciò che riguarda il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo", perché questo non basta. Non basta solo l'insegnamento. Dio non è una cosa o una persona che si conosce a parole, attraverso idee e concetti. Certo, idee, concetti e insegnamenti sono necessari, ma non sono decisivi. Quello che è decisivo per conoscere Dio è essere immersi nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo. E' per questo che Gesù dice: Andate dunque e fate discepoli di tutte le nazioni, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, cioè immergendoli nel Padre e nel Figlio e nello Spirito Santo. Si conosce Dio essendo battezzati in lui, essendo immersi in lui. E' per questo che i primi cristiani chiamavano il battesimo "illuminazione": quando si è battezzati, si è illuminati, si riceve la luce che ci permette di vedere ciò che non vedevamo prima, cioè Dio, e questa luce è la fede.
Il Battesimo è appunto il sacramento della fede. Crediamo quando udendo le parole di Gesù riceviamo lo Spirito. Questo Spirito non solo ci fa pensare, non solo ci fa dire, non solo ci fa confessare il nome del Padre, ma ce lo fa gridare. Come dice Paolo nella lettera ai Romani: Abbiamo ricevuto lo Spirito che ci rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: Abbà, padre. Lo Spirito ci fa gridare "Padre", perché siamo stati immersi in Dio, siamo diventati figli di Dio, e lo sappiamo, lo sentiamo e ce ne meravigliamo. E' un grido di entusiasmo, è un grido di meraviglia. Siamo così entusiasti, siamo così meravigliati dalla luce nuova nella quale ci troviamo immersi che abbiamo bisogno gridare questo nome! In questa festa della Trinità ricordiamoci che la conoscenza di Dio, o la relazione con Dio, non è prima di tutto una questione di idee, di concetti, di parole, e neanche di comportamenti, di cose che faremmo o non faremmo. Certo, tutte queste cose sono importanti, ma prima di tutto viene l'esperienza di cui ci parla Paolo, quella dello Spirito che è in noi, per mezzo del quale gridiamo Abbà, padre. Conoscere Dio è essere in Dio. Per questo i momenti nei quali più profondamente conosciamo Dio sono i momenti della preghiera, sono i momenti nei quali siamo immersi nella vita di Dio, sono i momenti nei quali, come figli nel Figlio, gridiamo nello Spirito Santo: Abbà, padre. E il Padre, ancora prima che noi abbiamo gridato il suo nome, ci viene incontro, ci prende nelle sue braccia, ci ascolta, ci esaudisce.