Omelia (08-12-2004) |
don Mario Campisi |
Il Si' di Maria La prima impressione che desta la lettura delle pagine della Genesi è che Dio sia davvero inesauribile nell'amore. Vi è una colpa che non rompe soltanto l'equilibrio di una situazione paradisiaca dell'uomo, ma che spezza un rapporto con Dio, fonte della vita. E subito dopo la constatazione che se all'uomo è consentito dalla sua libertà anche questo rifiuto di Dio, nulla egli può fare perché si riannodi un'alleanza d'amore. Come si potrà trovare grazia? Ancora oggi crea questione il peccato dei progenitori. Ma non credo che oggi la nostra debolezza e le seduzioni del male fanno problema per ciascuno di noi, come non si può negare che ogni peccato, anche se pesa sulla nostra personale responsabilità, rende l'umanità più povera ed infelice. Non è forse questa l'intuizione di Bernanos, che fa dire al suo "curato di campagna" che "le nostre colpe nascoste avvelenano l'aria"? Non c'è che un antidoto a tutto questo triste quadro: la fedeltà di Dio che nella sua "misericordia" (fedeltà e tenerezza insieme), mediante il Figlio suo, ci redime e ci riconcilia, sigillando la pace con noi nel sangue versato sulla croce da Cristo (cfr. Col 1,20). Non c'è, dunque, altro atteggiamento da assumere davanti al peccato che questo: appesantiti dalla colpa, tornare a Dio e fidarsi della sua promessa: avremo salvezza in Cristo, in colui che nacque da Maria, la prima dei redenti, l'Immacolata. Il brano evangelico di oggi ci suggerisce diverse considerazioni e ci propone impegni di grande rilievo. Oggi l'unica cosa da fare è mettersi davanti a Maria in atteggiamento di profonda gratitudine, di ammirazione e di affetto. E comprendo che la sua risposta al progetto di Dio impegna anche me, noi tutti, ad una più generosa adesione alla volontà del Padre. Penso al suo "sì": era preceduto da un atto di Dio, che nel suo immenso amore, l'aveva colmata di grazie e di santità. In lei già operava lo Spirito Santo, che le avrebbe dato la forza di abbandonarsi alla parola del Signore e di concepire nel suo grembo il Figlio di Dio. Vinta dall'amore Maria pronuncia il suo "sì", perché si compisse in lei quanto annunciato dall'angelo. Questa riflessione deve farci meglio comprendere che si può rispondere alla chiamata di Dio solo se egli ci dona per primo l'amore e la grazia per dire questo nostro "sì". Penso anche alla spontanea naturalezza dell'esitazione di Maria. L'angelo si accorge che ella teme; lei stessa chiede come tutto questo sia possibile dato che non conosce e non conoscerà uomo. Mi sembra che qui ci sia tutto l'immenso rispetto che Dio ha per la libertà dell'uomo e tutta la delicatezza con cui Dio si rivolge all'uomo non imponendo un "sì". Dinanzi ad una chiamata di Dio non è male esitare nella risposta. E' giusto chiedere spiegazioni, domandare consiglio, verificare le proprie capacità. Ciò che non è giusto è rifiutare tout cour la chiamata di Dio. Dio quando chiama sostiene i nostri passi e sempre ci accompagna. Ai giovani - ma non soltanto a loro - è doveroso dire: rispondi di "sì" a Dio, se ti chiama. Non temere. Non sei solo. Ti ricolmerà di coraggio, di sapienza, di grazia: in te effonderà il suo Spirito. Penso all'umiltà di Maria che si definisce "serva del Signore". Non è una virtù facile da vivere. Eppure è l'unica che ci consente di metterci a posto dinanzi a Dio e agli uomini. L'immensità di Dio non schiaccia l'umile; il giudizio degli uomini non preoccupa colui che non si considera più di quanto non sia rispondente alla verità. Maria si abbandonò a quel Dio al quale tutto è possibile; Maria non pensò a ciò che avrebbero detto di quella maternità fuori dal quotidiano quanti vivevano accanto a lei: Dio si sarebbe incaricato di svelarne il mistero a Giuseppe: tanto bastava. Se una preghiera vogliamo innalzare a Dio, nella luce dello Spirito, sia questa: ci doni sempre la forza di non anteporre mai alla sua volontà la preoccupazione del giudizio degli uomini. La Vergine Madre Immacolata presenti a Dio questo nostro desiderio di vivere, come lei, nell'umile disponibilità. |