Omelia (14-06-2015) |
Carla Sprinzeles |
Commento su Ez 17,22-24 e Mc 4,26-34 Oggi la liturgia ci invita a verificare la nostra fede. La parola del Vangelo paragona la fede ad un seme gettato nel terreno, lasciando così vedere come questo seme, dato gratuitamente, possa fruttificare solo se accolto e curato. Siamo messi a confronto con la grazia di Dio e la nostra libertà. Grazia di Dio e libertà dell'uomo contaddistinguono tutta la nostra storia personale. La crescita del piccolo seme gettato nel terreno è il messaggio del Vangelo di oggi: come dal piccolo seme possa svilupparsi una pianta vigorosa è un evento che suscita stupore. Decisiva è la pazienza nell'attesa e la cura prestata perché la terra lo protegga e lo nutra, e il sole lo porti a maturazione. EZECHIELE 17,22-24 La prima lettura ci parla di una profezia: un ramoscello è preso dalla cima di un cedro per essere piantato su un alto monte. L'immagine parla del popolo che Dio si è scelto perché porti il suo nome a conoscenza di tutti i popoli della terra. Israele durante l'esilio, prende atto che sono stati i suoi peccati che hanno provocato la catastrofe. Durante l'esilio, c'è anche il grande rischio dello scoramento, perché il silenzio di Dio pesa sulla coscienza del popolo. Ezechiele svolge la sua missione proprio durante l'esilio babilonese e il suo compito è di rincuorare il suo popolo e di far capire che il casigo di Dio non segna la fine della relazione tra Dio e il suo popolo, ma svolge un'azione pedagogica: educare al senso di responsabilità e porre le basi per un amore ancora più grande. In questo contesto si colloca il nostro brano, la cui finalità è far comprendere che le promesse fatte a Davide non sono state dimenticate, ma si compiranno, perché Dio è fedele. Ezechiele paragona la storia del suo popolo a un grande cedro nato e cresciuto per iniziativa di Dio. L'albero è divenuto infruttuoso a causa dell'infedeltà, perciò la sua punta è recisa e trapiantata in un altro terreno ( simbolo della deportazione in Babilonia ). In mezzo all'infedeltà generale, però, un "piccolo resto" è rimasto fedele a Dio e alla sua alleanza e, grazie ad esso, il piano di Dio giungerà a compimento. "Ezechiele vede questo"resto fedele" simboleggiato in un ramoscello spuntato dal vecchio cedro insterilito. Dio stesso lo svelle dall'albero-Israele, per piantarlo di nuovo sul monte Sion, dove diventerà un albero rigoglioso. Israele diventerà un segno verso il quale volgeranno lo sguardo gli altri popoli per arrivare al culto del vero Dio. In questa interpretazione dell'esilio babilonese si sente l'eco dell'esodo dall'Egitto: due esperienze distanti nel tempo, ma che hanno aiutato Israele a crescere nella coscienza di popolo di Dio; un Dio che tra le complesse vicende umane è sempre capace di costruire e tracciare una nuova storia per il suo popolo. E'Dio il garante del futuro soprattutto per chi è debole, piccolo e senza speranza. Viene spontaneo, leggendo il v. 24 - "Sapranno tutti gli alberi della foresta che io sono il Signore, che umilio l'albero alto e innalzo l'albero basso, faccio seccare l'albero verde e germogliare l'albero secco."- pensare alle parole di Maria: "Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili.." Ci presentano un Dio che vuole anche oggi un futuro, una dignità, per ogni persona anche piccola, per ogni popolo povero e oppresso. Nessuno nella vita può considerarsi un fallito, perché veglia su di lui il Dio della vita che si fa solidale con l'uomo. MARCO 4, 26-34 Il Vangelo riunisce la parabola del seme che cresce da solo e la parabola del granello di senape, entrambe figura del regno di Dio. Il tempo è la dimensione che struttura la vita umana. E' il terreno nel quale cresce il Regno, a partire dalle cose di ogni giorno. Tesse l'ignoto del domani, compreso il mistero della morte, con il ricordo di ieri, sulla trama dei ritmi biologici, naturali, stagionali. La nostra società invece è orientata a guardare questa dimensione in termini di efficienza: si cerca di "guadagnare" il tempo. La carica umana di una persona, il suo futuro e il suo passato hanno valore solo se producono. Un giovane in cerca di lavoro per mesi o per anni, finisce col pensare, secondo i parametri sociali, che la sua vita non vale. D'altro canto, un alto dirigente in pensione diceva di rendersi conto di non essere mai esistito per la sua famiglia, di essere stato solo una macchina destinata a riempire il conto in banca; ora si sentiva terribilmente solo, non riusciva a entrare in relazione con nessuno. Una vita senza spessore nonostante il successo sociale. Perché correre, affrettare i ritmi, se alla fine uno si trova nel vuoto? Che cosa spinge questa corsa sfrenata "contro il tempo" che assale quasi tutti? Con la mente, pensiamo di comprendere al volo, di progettare a lunga scadenza, di programmare i risultati di un lavoro ancora non iniziato. Poi viene la lentezza dell'impatto con la realtà, con la materia, con gli altri e malediciamo il tempo che "vola", che scappa. Li "spirito" è veloce ma la "carne" è lenta ed è spesso faticoso, quasi umiliante piegarsi ai suoi ritmi. Un contadino poco avveduto che aprisse continuamente la terra per controllare se il seme germoglia lo ucciderebbe. Così è l'agitazione di chi vuole vedere il risultato subito. Il Regno sposa i ritmi della carne. "Che l'uomo dorma o vegli, il seme cresce", indipendentemente dalla sua ansia, dalla sua programmazione, dalle sue verifiche. Basta affidare il granellino alla realtà. Basta credere che la vita di Dio cresce in noi avvolta nel tempo. Se i gemiti dello Spirito, nel tempo, diventano carne, il seme divino cresce fino a diventare l'albero dove tutti possono trovare amore. Il valore di una vita è frutto del tempo, non dell'efficienza. Attraverso la parola Gesù, attraverso le sue azioni Dio opera nel cuore della storia. Dio ha scelto una strada modesta, quasi banale. E' una storia simile a quella del seme affidato alla terra, che scompare al suo interno prima di far germogliare un frutto abbondante. E' la storia del chicco di senape, il più piccolo fra tutti, un puntino nero quasi invisibile, che fa nascere la pianta più grande, un rifugio per gli uccelli del cielo. Cerchiamo di non aver bisogno di mezzi appariscenti e di avere fiducia nella bontà del seme che hai piantato. Un abbraccio e alla settimana prossima. |