Omelia (07-06-2015)
mons. Roberto Brunelli
Nutrire il pianeta non di solo pane

Quest'anno la festa del Corpus Domini cade nel corso di quella manifestazione straordinaria che è l'Esposizione Universale, l'EXPO, intitolata "Nutrire il pianeta". Milioni di visitatori, non so quanti padiglioni, convegni e dibattiti, affronteranno nel corso di sei mesi i vari aspetti relativi al cibo, a cominciare da quello drammatico della fame nel mondo. Lodevole iniziativa, che speriamo porti copiosi frutti; i cristiani però non dimenticano - oggi in modo particolare - che non basta il cibo materiale. L'uomo non si riduce alla sua dimensione fisica; scegliendo di dare se stesso sotto forma di cibo, Gesù ha ricordato la nostra dimensione spirituale, che ha bisogno di essere alimentata non meno dell'altra.
"Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: Prendete, questo è il mio corpo". Il vangelo di oggi (Marco 14) ci riporta ai fatti evocati il giovedì santo; se domenica scorsa, festa della Trinità, la liturgia invitava a riconsiderare la Pasqua appena celebrata come opera congiunta del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, oggi ai fedeli è richiamata l'attualizzazione della Pasqua, che si compie ogni qual volta si ripete quanto egli ha detto e fatto nell'ultima cena. In altre parole, l'odierna festa del Corpus Domini vuole ricordare che i benefici della redenzione, compiuta da Gesù con la sua morte e risurrezione, giungono a noi principalmente con la celebrazione della Messa, cioè prendendo posto alla mensa cui egli ci invita, nutrendoci del cibo che egli ci offre.
Un altro aspetto collega poi il vangelo letto domenica scorsa, che parlava del Battesimo, con quello odierno, imperniato sull'Eucaristia: i due sacramenti-cardine sono tra loro strettamente connessi. Istituendo l'Eucaristia Gesù ha lasciato ai suoi fedeli il sacrificio perfetto da offrire a Dio, il sacrificio di cui quelli continui del tempio di Gerusalemme erano soltanto una pallida prefigurazione. Abilitati ad offrire quei sacrifici erano i sacerdoti, e questo era il loro specifico compito, che li distingueva dagli altri componenti del popolo d'Israele. Nel popolo di Dio che è la Chiesa, invece, "abilitati" ad offrire il sacrificio, cioè sacerdoti, sono tutti i suoi membri, resi tali proprio dal Battesimo. Quanti ricevono il primo sacramento sono consacrati a Dio, e come tali possono validamente celebrare l'Eucaristia.
Non tutti i cristiani sanno della propria dignità di sacerdoti. Comunemente si pensa che a celebrare l'Eucaristia sia il prete o il vescovo: e invece sono tutti i battezzati presenti al rito, uomini e donne, giovani e anziani. Certo, preti e vescovi sono sacerdoti a titolo speciale: il sacramento dell'Ordine conferisce loro il sacerdozio detto ministeriale; ma quest'ultimo non vanifica, anzi valorizza l'altro, il sacerdozio battesimale. Si badi a quel che accade durante la celebrazione dell'Eucaristia: quand'anche il ministro ordinato è solo uno, egli parla sempre al plurale: Noi, Signore, ti chiediamo... noi ti offriamo questo sacrificio... noi ti preghiamo di accoglierlo... e così via. Non si tratta certo di un plurale "maiestatis", come quello che usavano i re; il "noi" si riferisce a chi parla e a tutti i presenti, così come a nome e a beneficio di tutti egli proclama il vangelo, predispone il pane e il vino, li consacra, li offre a Dio, li distribuisce.
E' detto con chiarezza nella Sacra Scrittura: Gesù, "hai riscattato per Dio, con il tuo sangue, uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione, e hai fatto di loro, per il nostro Dio, un regno di sacerdoti" (Apocalisse 1,6; 5,9-10). Di qui un auspicio: che ogni battezzato prenda sempre più coscienza di appartenere a un popolo di sacerdoti, e di conseguenza, tra l'altro, partecipi alla Messa non da spettatore di un rito ma, quale è, da protagonista dell'azione più sublime che in questa vita gli sia dato di compiere.