Omelia (07-06-2015)
Omelie.org (bambini)


Oggi è la festa del Corpus Domini.
In questa domenica festeggiamo in modo solenne la presenza vera e concreta del Corpo di Cristo nell'Eucarestia: Gesù si fa incontrare, si fa pane, diventa cibo per noi.
Ma ci pensate, bambini, a quanto grande è l'amore del Padre?
Ci ha donato il suo unico Figlio per farci stare con Lui per sempre, e Gesù, obbediente alla volontà del Padre, ha dato se stesso morendo sulla croce per salvarci.
Questo gesto d'amore, questo sacrificio, si ripete in ogni celebrazione Eucaristica da più di 2000 anni!
Nessuna mente umana avrebbe potuto anche solo pensare un "miracolo d'amore" così grande!
Gesù, in ogni Messa, ci dona il suo corpo e il suo sangue perché vuole stare con noi, perché vuole aiutarci con la sua presenza in ogni momento della nostra vita, perché ci vuole felici.
La celebrazione dell'Eucaristia si rifà all'ultima cena del Maestro con i suoi apostoli: e' durante questa cena che Lui dona se stesso agli uomini ed il Vangelo di oggi ci racconta la preparazione di questo grande evento.
L'evangelista Marco scrive ciò che Gesù dice nel momento più importante: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo èil mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti".
Anche la Messa è una cena, un banchetto in cui Cristo si fa "mangiare " da noi per farci essere in comunione con lui.
Ma non solo! In questo banchetto noi entriamo in comunione anche con tutti i nostri fratelli.
Quando si parla di pasto, infatti, si intende il riunirsi come famiglia, come comunità: c'è sempre amore e unione.
Non sono così le feste che fate con le vostre famiglie, con i nonni, con i cugini, con i vostri parenti ed amici? Penso proprio di sì!
Ecco allora l'importanza della comunità quando ci incontriamo nel giorno del Signore!
La Comunione infatti non è solo "incontro con Gesù", lo è anche, ma è un qualcosa di più. E' come un patto di alleanza che ci invia a fare comunione con tutti, che ci invia a vivere la nostra vita con lo stesso stile di Gesù: donarsi a tutti. Per amore.
Vorrei farvi notare la differenza sostanziale fra il cibo che abitualmente mangiamo ed il Pane Eucaristico. Quando mangiamo il cibo comune, il nostro organismo lo trasforma in proteine, vitamine, energia... nutrimento cioè per il nostro corpo.
Nutrendoci di Gesù, invece, è Lui che trasforma noi, la nostra vita: ci trasforma in Lui, ci aiuta a diventare come lui, a pensare come lui, ad amare come lui.
Sembrerebbe così difficile vivere così... fare tutto per amore, donare tutto di noi stessi, perdonare sempre, servire, essere sempre buoni, obbedienti, non litigare mai, non prendere mai in giro nessuno...
Certo. Tutto questo non è facile, ma se vogliamo essere persone vere, persone che non si lasciano vincere dal male, se vogliamo essere nella gioia, questa è la strada che ci indica Gesù.
E' un cammino certamente in salita ma è l'unico che ci rende liberi da tutti gli egoismi che rendono cattivi gli uomini.
Dio, che è amore, ci ha creati a sua immagine e somiglianza ed è proprio questo che Lui si aspetta da noi: che siamo come lui.
Naturalmente non ci lascia soli perché sa che abbiamo sempre bisogno di essere incitati, aiutati, anche portati in braccio quando non ce la facciamo proprio più! Non ci lascia soli nemmeno quando sbagliamo perché lui è sempre pronto a perdonarci: il suo desiderio più grande, infatti, è quello di stare con noi.
L'Eucaristia è il momento più alto di unione con lui, è il momento in cui anche noi siamo invitati a essere "pani spezzati", come Gesù ha spezzato il pane che è realmente carne sua.
Certo che Gesù non ci chiede di "spezzare" il nostro corpo!!!
Per noi, spezzare la vita per gli altri significa comportarsi generosamente, ascoltare la Parola di Dio, essere solidali con chi ha bisogno, avere il coraggio di essere dei veri cristiani: in sintesi, vivere la carità come ci insegna il Vangelo.
Papa Francesco dice:"La carità di Cristo, accolta con cuore aperto, ci cambia, ci rende capaci di amare non secondo la misura umana, sempre limitata, ma secondo la misura di Dio. E qual è la misura di Dio? Senza misura! La misura di Dio è senza misura. Tutto! Tutto! Tutto! E allora diventiamo capaci di amare anche chi non ci ama".
Ci impegniamo a riscoprire la grandezza dell'Eucaristia, Cibo che dona vita?
Ci impegniamo a diventare "pane spezzato"?
Provate. Sono certa che troverete la vera gioia.

Il Girasole
In un giardino ricco di fiori di ogni specie cresceva, proprio nel centro, una pianta senza nome. Era goffa, sgraziata e senza profumo. Per le altre piante nobili del giardino era né più né meno che una erbaccia e non le rivolgevano la parola.
Ma la pianta senza nome aveva un cuore pieno di bontà e di ideali. Quando i primi raggi del sole, al mattino, arrivavano a fare il solletico alla terra e a giocherellare con le gocce di rugiada, le altre piante si stiracchiavano pigre. La pianta senza nome, invece,
non si perdeva un solo raggio di sole. Se li beveva tutti uno dopo l'altro. Trasformava tutta la luce del sole in forza vitale, in zuccheri, in linfa. Tanto che, dopo un po', il suo fusto che prima era rachitico e debole, era diventato uno stupendo fusto robusto, diritto, alto più di due metri. Le piante del giardino cominciarono a considerarlo con rispetto e anche con un po' d'invidia. «Quello spilungone è un po' matto», bisbigliavano dalie e margherite.
La pianta senza nome non ci badava. Aveva un progetto. Se il sole si muoveva nel cielo, lei
l'avrebbe seguito per non abbandonarlo un istante. Non poteva certo sradicarsi dalla terra, ma poteva costringere il suo fusto a girare all'unisono con il sole. Così non si sarebbero lasciati mai.
Le prime ad accorgersene furono le ortensie: «Lo spilungone si è innamorato del sole!», cominciarono a divulgare ai quattro venti...
La meraviglia toccò il culmine quando, in cima al fusto della pianta senza nome, sbocciò un magnifico fiore che assomigliava in modo straordinario proprio al sole. Era grande, rotondo, con una raggiera di petali di un bel giallo dorato e continuava a seguire il sole nella sua camminata per il cielo. Così i garofani gli misero nome «girasole». Glielo misero per prenderlo in giro, ma piacque a tutti, compreso al diretto interessato.
Rose, ortensie e dalie non cessavano però di bisbigliare su quella che, secondo loro, era una stranezza che nascondeva troppo orgoglio. Furono le bocche di leone, i fiori più coraggiosi del giardino, a rivolgere direttamente la parola al girasole: «Perché guardi sempre in aria?
Perché non ci degni di uno sguardo? Eppure siamo piante, come te!».
«Amici»- rispose il girasole- «sono felice di vivere con voi, ma
io amo il sole. Esso è la mia vita e non posso staccare gli occhi da lui. Lo seguo nel suo cammino. Lo amo tanto che sento già di assomigliargli un po'. Il sole è la mia vita e io vivo per lui».
Anche noi abbiamo un Cibo, il Corpo di Cristo, che è un Sole da seguire perché è la nostra Vita e noi vogliamo vivere per Lui.
Commento a cura di Maria Teresa Visonà