Omelia (07-06-2015) |
fr. Massimo Rossi |
Commento su Marco 14,12-16.22-26 La pagina della Lettera agli Ebrei che abbiamo or ora ascoltato richiama la liturgia istituita da Mosè, per ordine di Dio, come rendimento di grazie per il dono della Legge: il sangue di capri e vitelli, offerti in sacrificio, con il quale il sacerdote aspergeva l'altare e il popolo, purificava-santificava nella carne coloro che erano contaminati (dal peccato). Gesù sostituisce questo sacrificio con l'offerta di sé sulla croce; non si tratta solo di un sacrificio di espiazione che purifica dai peccati - e sarebbe già molto! -: l'Eucaristia costituisce la chiave d'accesso alla comunione con Dio! A qualcuno sembrerà superfluo ricordarlo, ma è necessario, per rispondere all'obbiezione sull'utilità del sacramento dell'altare, dal momento che, per il perdono dei peccati, Cristo ha già istituito la Riconciliazione. In parole povere, se la riconciliazione sacramentale elimina gli ostacoli che impediscono l'incontro con Dio, l'Eucaristia realizza l'incontro con Dio, nel sangue di Cristo. Il gesto (liturgico) di spezzare il pane non risponde solo al comando del Signore "fate questo in memoria di me", ma stabilisce il contatto con Dio e con la Gerusalemme del Cielo, dove sono i nostri cari defunti: per realizzare la relazione piena con Cristo e con i defunti, abbiamo l'Eucaristia, abbiamo soltanto l'Eucaristia! anche questo va ribadito con decisione per scoraggiare coloro che vanno a Messa la domenica, fanno la Comunione...ma, intanto, hanno appuntamento con quel tal veggente, con quella tale medium, i quali assicurano di comunicare con i trapassati e, profumatamente pagati, danno informazioni su di loro... Una volta, una signora venne a confessarsi e mi raccontò di essere andata anche lei da una di queste persone che comunicano con l'aldilà, per chiedere notizie su suo figlio, recentemente scomparso in un incidente stradale: la donna ci concentrò, e dopo qualche minuto di silenzio rispose: "Mi dispiace, in questo momento suo figlio non può risponderle, è impegnato a pregare"... Purtroppo, tra i fedeli delle nostre brave comunità cristiane, capita anche questo. La nostra fragilità, i nostri dolori hanno talvolta il sopravvento sulla ragione e ci fanno fare cose di cui poi ci pentiamo... cose che insieme non possono stare; eppure siamo in grado di farle convivere nella nostra mente e nella nostra vita: fede e magia, fede e superstizione, Provvidenza e sorte... Il Vangelo di oggi costituisce l'inizio del racconto della passione che abbiamo letto e ascoltato la domenica delle Palme. Abbiamo riflettuto tante volte sul rapporto tra il gesto eucaristico compiuto dal Signore durante l'ultima cena e la passione che avrebbe consumato di lì a poco; (abbiamo riflettuto) sul valore del nostro attuale gesto eucaristico e, in particolare, di quale sacrificio noi facciamo memoria ogni domenica: quello istituito da Gesù a tavola, con i Dodici, oppure quello patito da solo sul Calvario? o tutte e due? Vi prego, non crediate che siano questioni accademiche! Si tratta della nostra fede e dobbiamo sapere bene quali sono i contenuti di questa nostra fede, quali sono le ricadute sulla vita pratica. Un aspetto fondamentale che fa la differenza tra i sacrifici antichi e il sacrificio di Cristo, è questo: mentre i sacrifici antichi, ripetuti ogni anno da capo, purificavano il popolo dalle loro iniquità, Gesù Cristo prende i nostri peccati su di sé e sale in croce con essi, una volta sola, una volta per tutte! Anche questo dovremmo ricordarcelo, dai lontani anni del catechismo. Chissà se abbiamo mai valutato a fondo tale aspetto della passione di Cristo... Beh, se non lo abbiamo mai fatto, proviamo a farlo ora! Mi raccomando, però, nessun senso di colpa, per aver causato la morte del Signore, sotto il peso dei nostri peccati! Certa spiritualità un po' dolorista, certa pseudo-teologia che colpevolizza, anziché liberare... non sono espressioni di un sano pensiero su Gesù, sull'Incarnazione e sulla salvezza. L'essenza di Dio, del Dio di Gesù Cristo, è la salvezza: lo dice il nome stesso che Gabriele arcangelo rivelò a Maria e a Giuseppe, da imporre al figlio che sarebbe loro nato per opera dello Spirito Santo; Gesù significa appunto Dio salva. E la salvezza è anche il fine con il quale Dio si rivelò a Mosè, sul monte Oreb, nel segno del roveto ardente: "Ho ascoltato il grido del mio popolo e sono sceso a liberarlo." (Es 3,7-8). Questa è la Verità di Dio e non possiamo neppur lontanamente immaginare che Dio decida di liberarci dal male che è in noi, e poi ci presenti, per così dire, il conto da pagare, in termini di rimorso di coscienza... Rinfacciarci il sacrificio di Cristo, a fronte dei nostri peccati, per farci vergognare e farci sentire in colpa, sarebbe un ricatto morale bello e buono! Questi giochetti perversi del tipo: "...Dopo tutto quello che ho fatto per te!...", il nostro Dio non li fa! forse qualche genitore, esclusi i presenti, ma Dio no! La salvezza operata dal Signore sulla croce fu una scelta libera del Padre e del Figlio, totalmente gratuita, cioè donata a tutti e a ciascuno per pura Grazia di carità! Se così non fosse, il Signore non avrebbe potuto insegnarci: "Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date!" (Mt 10,8). E san Luca, sempre a proposito del perdono gratuito, aggiunge: "Una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata in grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio" (Lc 6,38). |