Omelia (21-06-2015) |
fr. Massimo Rossi |
Commento su Marco 4,35-41 "Perché avete paura? (...) E furono presi da grande timore...": Gesù esorta gli apostoli a non avere paura, e questi reagiscono lasciandosi vincere dalla paura... La paura è un fatto istintivo, è questione di temperamento; quando hai paura, non c'è niente da fare; puoi tentare di razionalizzare le situazioni, puoi fare calcoli statistici, confrontare i pro e i contro... ma la paura è sempre lì, accovacciata al tuo fianco, come un cane fedele. Siamo fragili, questa è la verità! Lo dice anche il Salmo 8: "Se guardo il cielo, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissato, che cos'è l'uomo perché te ne ricordi, il figlio dell'uomo perché curi?...". Spaventati dall'infinitamente grande, ma anche dall'infinitamente piccolo! Eppure abbiamo la fede! Con Gesù si passa all'altra riva, si deve passare all'altra riva! A proposito di altra riva, come non ricordare la scena della Genesi, cap.32, il racconto della lotta tra Giacobbe e l'angelo? Conosciamo la storia: giunto al torrente Jabbok, il patriarca Giacobbe fece attraversare la sua famiglia, il bestiame, tutte le sue cose; Giacobbe rimase da solo, a fare i conti con la sua fede, simboleggiata dalla lotta contro l'angelo. Fu una sfida faticosa, pericolosa, senza esclusione di colpi, ma senza vincitori, né vinti... Alla fine, Giacobbe ricevette la benedizione di Dio e strinse con Lui il patto della fede. L'approdo di Giacobbe alla fede non fu, dunque, facile. E anche in questa occasione ‘passare all'altra riva' significa liberarsi delle proprie sicurezze, lasciarsele dietro - o mandarle avanti, non importa! - e decidersi a favore o contro Dio; fidarsi di Lui, o non fidarsi, scegliere Dio come unico appoggio assoluto, mentre tutto il resto - affetti, ricchezze materiali, etc. - è relativo, possiamo averlo, ma possiamo anche perderlo. Il Vangelo che abbiamo appena ascoltato presenta il gruppo dei Dodici, con il Signore, assediati letteralmente dalla folla... Gesù chiede ai suoi di prendere una barca e di passare all'altra riva del lago, al sicuro dai flash dei paparazzi, dalle urla dei fans... Dopo un'intera giornata trascorsa a guarire pletore di malati, ad insegnare alla gente, a rispondere ai rappresentanti religiosi, ai capi del popolo - e le giornate di Gesù erano tutte uguali! -... anche Gesù era stanco! forse, quella sera, era più stanco del solito: l'espressione "(gli apostoli) lo presero con sé, così com'era..." allude ad uno stato di particolare prostrazione psicologica ed emotiva... Tant'è che, appena salito sulla barca, il Maestro si abbandonò sul cuscino e si addormentò profondamente; non si accorse che stavano affondando per la violenza della mareggiata. Se questa era la situazione umana, il senso teologico del brano è un altro: il sonno di Gesù, l'apparente noncuranza di Lui nei confronti delle nostre piccole-grandi tragedie non sono sintomo di indifferenza da parte di Dio, tantomeno la prova che Dio, prima ci mette al mondo e poi ci abbandona in questa valle di lacrime... Anche questo è un tratto della nostra fragile persona: nonostante la fede promessa una volta per sempre, abbiamo continuamente bisogno di riscontri, di conferme che non ci siamo sbagliati, che la (nostra) fede non è un miraggio, un'illusione: "Se mi ami davvero..., allora...!". Del resto, anche gli apostoli chiesero a Gesù la cosiddetta ‘prova d'amore': "Se tu sei chi dici di essere, comanda che io venga da te camminando sulle acque!"; il parallelo del passo odierno di Marco, firmato da Matteo (14,22-33), presenta proprio la ‘fede incredula' di Simon Pietro. E Simon Pietro farà di peggio, rinnegando per tre volte di conoscere il suo amato Gesù: per inciso, nella Bibbia, ‘conoscere' qualcuno, significa amare lui, credere in lui. Tornando alla scena descritta dal Vangelo, la domanda finale degli Apostoli: "Chi è costui?" conferma la poca fede - meglio, la fede nulla - del gruppo. Invece di riconoscere, nel segno prodigioso della tempesta sedata, l'onnipotenza del Signore, si domandano chi sia quell'uomo a cui obbediscono anche le forze della natura... E ora veniamo a noi: avremo certamente vissuto momenti difficili, nella nostra breve, o lunga vita, momenti in cui non ci rimaneva altro che la fede... Come abbiamo reagito a quella tal batosta di lavoro, a quel tradimento, a quella malattia nostra o altrui,...? La fede ci ha veramente aiutato a superare la crisi? Oppure, con dolore, abbiamo constatato che questa tanto decantata fede non ci è stata di alcun conforto? o, peggio, proprio in quel momento, abbiamo toccato con mano che la fede era solo un'idea, un guscio vuoto?... Un giorno mi capitò di ascoltare un sacerdote, il quale, in vena di confidenze, affermò: "Dinanzi al dolore, al pericolo, la mia fede fugge inorridita!"... Personalmente non so come reagirebbe la mia fede, il mio Io credente, di fronte ad una prova veramente dura. In passato, insegnavano a pregare Dio, affinché ci conceda il dono della perseveranza finale, la fede e la speranza sufficienti per varcare la soglia della vita terrena ed entrare nella vita eterna. Tuttavia, la fede non serve solo per vivere il momento del trapasso. La fede serve tutti i giorni: anzi, se non la esercitiamo tutti i giorni, al momento di varcare la soglia, ci accorgeremo di non avere nessuna fede! La fede è un dono di Dio, certo, e Dio la dona a tutti i battezzati! Obbiezioni del tipo: "Io invidio coloro che credono sul serio, che pregano tanto...; peccato, io quella fede lì non ce l'ho, Dio non me l'ha data...", sono obbiezioni fasulle, scuse belle e buone, addotte piuttosto che riconoscere di non avere mai voluto porvi alcun impegno serio. La fede è come un muscolo, va esercitata con dedizione e regolarità, altrimenti si atrofizza. La fede è una relazione, se non viene alimentata costantemente, si allenta, fino ad estinguersi. Soprattutto, la fede non cerca prove: si crede e basta! sto parlando della fede, non del fideismo; non sono tra coloro che son convinti che "non si muove foglia, che Dio non voglia!"... La fede può tranquillamente confrontarsi con la ragione; la fede non teme la ragione, e la ragione non teme la fede; possono camminare insieme, devono camminare insieme! L'una illumina l'altra, l'una aiuta l'altra. E non potrebbe essere altrimenti: Dio non ci dona nulla che sia potenzialmente in conflitto con le nostre facoltà superiori; Dio non ci chiede di rinunciare all'intelletto, o alla volontà, o alla libertà, per aderire alla fede. La fede non umilia la persona, ma la perfeziona, la esalta! Quando si verificano dei conflitti tra questi diversi livelli, significa che uno di essi è uscito dalla sua verità; è necessario ricondurvelo. Non commettiamo anche noi l'errore di dare nulla per scontato... Pronti sempre a dare ragione della fede e della speranza che sono in noi (1Pt,3,15). |