Omelia (14-06-2015) |
padre Antonio Rungi |
Il seme della Parola che germina nel cuore dei fedeli Questa domenica undicesima del tempo ordinario dell'anno liturgico ci offre l'opportunità, attraverso i quattro testi biblici di riflettere sulla parola di Dio e sulla sua efficacia nella nostra vita di cristiani. Effettivamente, come leggiamo nel vangelo di oggi, che è quello di Marco, il regno di Dio è come un seminatore che esce a seminare e butta la sua semente e la lascia nella sua spontaneità e processo biologico naturale crescere e sviluppare. Egli non dovrà fare molto, ma deve fare molto il terreno che accoglie questa semente. Si tratta di una delle tante parabole di Gesù, finalizzate all'istruzione del popolo di Dio circa la disponibilità ad accogliere e far fruttificare la parola di Dio, che, se accolta sinceramente, fa crescere e sviluppare il regno di Dio, la casa di Dio, la comunità dei cristiani. E ciò non solo numericamente, perché la parola si diffonde di porta in porta, di bocca in bocca, ma qualitativamente, in quanto fa crescere il livello di moralità e santità, predispone il cuore e la mente delle persone a incamminarsi sulla strada della verità, della luce e della responsabilità. Basta, leggere con maggiore attenzione questa parabola, per entrare in questa logica della crescita, che non può ammettere tempi di arresto e di blocco. E' come se nel processo naturale di sviluppo di una pianta, di un essere vivente, di una persona umana, si bloccasse il tutto e si rimanesse allo stadio iniziale, senza arrivare alla maturità, alla perfezione, alla stabilizzazione del processo di crescita. Leggiamo nel vangelo di oggi: "Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura". L'esempio del granello di senape che Gesù apporta nel suo ragionamento ci aiuta a capire cosa sia davvero il Regno di Dio. Gesù, come abbiamo visto, parla in parabole in pubblico, rivolgendosi ad un uditorio di varia cultura e disponibilità ad accogliere il suo pensiero e la sua riflessione. Poi in privato, egli stesso spiega più approfonditamente le cose al gruppo dei suoi discepoli. Possiamo dire che Gesù stesso usa una doppia metodologia di insegnamento-apprendimento della parola di Dio. Quando questa è rivolta ad un pubblico vasto necessita di essere mediata e trasmessa con semplicità, immediatezza, con parole adatte ed accessibili a tutti. Poi nel privato, in un discorso di approfondimento meditativo della parola stessa è possibile andare a fondo delle tematiche. E' come dire che durante la messa, il sacerdote tiene l'omelia per tutti e poi nel privato il cristiano si lascia guidare dalla parola stessa attraverso l'approfondimento del brano biblico per capire meglio e rispondere con maggiore coerenza personale a quanto la parola stessa ci chiede. Ma chi dedica questo tempo suppletivo alla parola di Dio, per approfondirla? A volte ci si stanca anche di ascoltare la semplice, e molto spesso pertinente omelia del sacerdote durante la messa, perché non siamo più abituati all'ascolto della parola, né tantomeno cerchiamo la parola di Dio per farne oggetto di meditazione personale al di fuori dei contesti liturgici o ufficiali. Facciamo spiegare da Cristo stesso, nella preghiera e nella meditazione personale, cosa il Signore vuole comunicarci e dirci con quella parola, quel brano della Sacra Scrittura, con quel versetto del vangelo, con il salmo responsoriale. Dalla parola ascoltata nasce e si sviluppa l'impegno, la coscienza che si deve andare oltre la stessa parola e la stessa riflessione e meditazione. Papa Francesco nella sua esortazione apostolica Evangelii gaudium ci ricorda a che cosa il Regno ci chiama. "Leggendo le Scritture risulta peraltro chiaro che la proposta del Vangelo non consiste solo in una relazione personale con Dio. E neppure la nostra risposta di amore dovrebbe intendersi come una mera somma di piccoli gesti personali nei confronti di qualche individuo bisognoso, il che potrebbe costituire una sorta di "carità à la carte", una serie di azioni tendenti solo a tranquillizzare la propria coscienza. La proposta è il Regno di Dio (Lc 4,43); si tratta di amare Dio che regna nel mondo. Nella misura in cui Egli riuscirà a regnare tra di noi, la vita sociale sarà uno spazio di fraternità, di giustizia, di pace, di dignità per tutti. Dunque, tanto l'annuncio quanto l'esperienza cristiana tendono a provocare conseguenze sociali. Cerchiamo il suo Regno: «Cercate anzitutto il Regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta» (Mt 6,33). Il progetto di Gesù è instaurare il Regno del Padre suo; Egli chiede ai suoi discepoli: «Predicate, dicendo che il Regno dei cieli è vicino» (Mt 10,7). Ed aggiunge commentando indirettamente il testo del vangelo di oggi: "Il Regno che viene anticipato e cresce tra di noi riguarda tutto e ci ricorda quel principio del discernimento che Paolo VI proponeva in relazione al vero sviluppo: «ogni uomo e tutto l'uomo». Sappiamo che «l'evangelizzazione non sarebbe completa se non tenesse conto del reciproco appello, che si fanno continuamente il Vangelo e la vita concreta, personale e sociale, dell'uomo». Si tratta del criterio di universalità, proprio della dinamica del Vangelo, dal momento che il Padre desidera che tutti gli uomini si salvino e il suo disegno di salvezza consiste nel ricapitolare tutte le cose, quelle del cielo e quelle della terra, sotto un solo Signore, che è Cristo (cfr Ef 1,10). Il mandato è: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni creatura» (Mc 16,15), perché «l'ardente aspettativa della creazione è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio» (Rm 8,19). Tutta la creazione vuol dire anche tutti gli aspetti della natura umana, in modo che «la missione dell'annuncio della Buona Novella di Gesù Cristo possiede una destinazione universale. Il suo mandato della carità abbraccia tutte le dimensioni dell'esistenza, tutte le persone, tutti gli ambienti della convivenza e tutti i popoli. Nulla di quanto è umano può risultargli estraneo». La vera speranza cristiana, che cerca il Regno escatologico, genera sempre storia". Il Salmo 91 di questa domenica ci rammenta, infatti, che Il giusto fiorirà come palma, crescerà come cedro del Libano; piantati nella casa del Signore, fioriranno negli atri del nostro Dio". Sulla scia di queste riflessioni di Papa Francesco si comprendono anche gli altri tre testi biblici di oggi, di questa domenica XI del tempo ordinario, che celebriamo dopo aver completato anche le grandi feste e solennità post-pasquali, fino a quella di domenica scorsa del Corpus Domini. Il profeta Ezechiele ci ammonisce circa quanto il Signore farà verso il suo popolo, verso chi è fedele e saggio e chi è infedele e stupido, espressi nel simbolismo e nell'immagine dell'albero della foresta, ovvero i singoli credenti e l'intero popolo di Dio: "Sapranno tutti gli alberi della foresta che io sono il Signore, che umilio l'albero alto e innalzo l'albero basso, faccio seccare l'albero verde e germogliare l'albero secco. Io, il Signore, ho parlato e lo farò". Mentre da parte sua, san Paolo apostolo nel brano della seconda lettura di oggi, tratto dalla sua seconda lettera ai Corìnzi, ricorda di aver fiducia in Dio, che siamo lontani dalla nostra vera patria, che è il cielo e soprattutto che "tutti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, per ricevere ciascuno la ricompensa delle opere compiute quando era nel corpo, sia in bene che in male". La via della salvezza è indicata e tracciata. Sta a noi percorrerla nel modo migliore e consona alla parola di Dio che ci spinge ad agire continuamente verso il bene, rifiutando il peccato e il male e facendoci gustare la bellezza e la dolcezza interiore di fare il bene e vivere nel vero bene. Sia questa la nostra preghiera oggi: "O Padre, che a piene mani semini nel nostro cuore il germe della verità e della grazia, fa' che lo accogliamo con umile fiducia e lo coltiviamo con pazienza evangelica, ben sapendo che c'è più amore e giustizia ogni volta che la tua parola fruttifica nella nostra vita". Amen |