Omelia (14-06-2015) |
mons. Antonio Riboldi |
Il Regno di Dio è come un granello di senape Chi di noi è avanti nell'età ricorda senz'altro che una volta era un fatto rarissimo e scandaloso nei nostri piccoli paesi, dominati dalle certezze che erano ‘fede, famiglia, lavoro', che qualcuno, non dico rinnegasse, ma manifestasse dubbio o indifferenza su Dio, sull'unità della famiglia e sulla dignità e necessità del lavoro. Più che a ‘speranze' ci si affidava a ‘certezze', forse non sufficientemente coltivate, perché, al momento dei cambiamenti avvenuti nella società, sono come crollate, lasciando il vuoto che tutti conosciamo e che dà luogo ad un profondo senso di frustrazione. A questo vuoto e non senso della vita si aggiunge oggi il manifestarsi insistente di un senso di impotenza di fronte alla brutalità del male, che il mondo ci presenta giorno dopo giorno, in una crescita che sembra volersi avvicinare al dominio totale sull'uomo. Tanti, allora, quando si ha come l'impressione che il male stia sommergendoci, negandoci ogni briciola di speranza, vivono, con sofferenza, una dura amarezza interiore, altri appaiono quasi ‘rassegnati' al male, come una resa incondizionata, anche se impossibile e assurda per ogni cristiano che segue veramente Gesù. Ma occorre davvero vivere una fede che riveli la pienezza della Presenza di Dio, l'Unico capace di sostenerci fino al martirio. Anche Papa Francesco, nella visita a Sarajevo ha evidenziato che ‘nel nostro tempo l'aspirazione alla pace e l'impegno per costruirla si scontrano col fatto che nel mondo... si percepisce un clima di guerra... quanta sofferenza, quanta distruzione, quanto dolore!'. Ma ha subito alzato lo sguardo al Cielo: ‘"Pace è il sogno di Dio, è il progetto di Dio per l'umanità, per la storia, con tutto il creato.' E' questo il motivo per cui oggi S. Paolo ci esorta: "Fratelli, siamo sempre pieni di fiducia e sapendo che siamo in esilio lontano dal Signore finché abitiamo nel corpo - camminiamo infatti nella fede e non nella visione - siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore. Perciò, sia abitando nel corpo sia andando in esilio, ci sforziamo di essere a Lui graditi. Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, per ricevere ciascuno la ricompensa delle opere compiute quando era nel corpo, sia in bene che in male". (II Cor. 5,6-10) Sono tanti i fratelli che coltivano la fede nella vita e vogliono essere ‘graditi a Dio'. Forse conoscono anche la fatica di mettere alle spalle il mondo, ma soprattutto vivono dell'interiore gioia che Dio dona in pienezza a chi vive di fede in Lui: chi ama non pensa a ciò che rinuncia, ma all'amore di cui vive. Sono, con le parole di Papa Francesco, coloro che si impegnano a ‘fare la pace' che ‘è un lavoro artigianale" che richiede "passione, pazienza, esperienza, tenacia. Beati sono coloro che seminano pace con le loro azioni quotidiane, con atteggiamenti e gesti di servizio, di fraternità, di dialogo, di misericordia...". È la chiave di lettura che ci dà l'evangelista Marco per poter vivere la speranza nel Regno. Attorno a Gesù, allora come oggi, si affollava tanta gente, ognuno con la sua domanda, ognuno con la sua speranza. Che cosa poteva offrire il Figlio dell'Uomo? Sicurezze materiali, condivisione di potere, difesa della sofferenza, verità comode? Tutta la storia insegna che la massa ha sempre cercato un ‘messia' che la mettesse al sicuro dalle incertezze e dalle paure: non importa se questo avveniva rapinandoci dei più elementari diritti, libertà, dignità, amore, che sono la vera nostra grandezza. Così come la storia puntualmente dimostra che questi ‘messia' hanno solo saputo, e continuano a creare cimiteri di martiri, mai la civiltà dell'uomo. E Gesù cosa offriva, cosa offre? Il Maestro descrive se stesso, il Suo Regno, ‘come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura... A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell'orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra' (Mc 4, 26-34) Ho provato una volta, in Terra Santa, a tenere tra le mani un seme di senape: sembrava di avere ‘un nulla' che chiunque poteva distruggere, ma, contemplando gli alberi, nati da tali semi, mi rendevo conto di quello che quel ‘nulla' poteva diventare, se solo avesse trovato un terreno che lo accogliesse. Gesù si presentava anche nella forma esterna, davanti ai suoi ascoltatori, come quel seme di senape. La Sua Parola, che ha una potenza creatrice, aveva la stessa debolezza. Lo dice chiaro l'evangelista: ‘Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa. ' Anche i suoi discepoli, a cui aveva spiegato ogni cosa, nel momento della Passione, quando il Male provò a stritolare quel granello di senape, lo abbandonarono e lo tradirono. Ma la croce era il giusto terreno che quel granello cercava, per diventare lo splendido Regno di Dio che siamo anche noi e che nessuno riesce più a demolire. Il Vangelo certamente fa giustizia di tanti che non voltano le spalle a Cristo, e non si lasciano abbagliare, accettando le tante offerte del mondo, simili a fuochi artificiali nella notte, che offrono luce e calore per la durata di pochi secondi! Una volta spentisi, si torna al buio e alla realtà evanescente a cui ci si è affidati. Facile cedere al vuoto del mondo, sembra non si corrano rischi... ma spesso, già quaggiù, i frutti dell'agire secondo il mondo sono solitudine e non senso, mentre stupendo è il 'premio' garantito alla coerenza di chi fa del Vangelo il solo Libro della sua vita: è pace e gioia nello Spirito. E, grazie a Dio, ci sono ancora tanti cristiani che non si lasciano intontire dall'ambizione alle cariche o dalla superficialità delle mode senza senso. Le critiche sono per loro la conferma davanti a Dio e agli uomini che la coerenza nella fede è un bene che va oltre tutti i vantaggi momentanei, spesso definiti 'bene', ma che tali non sono. Siamo sinceri, è davvero 'coraggio' l'affidarsi al nulla delle cose o non è piuttosto essere degli sprovveduti, incapaci di guardare oltre l'immediato, il subito ed adesso? Occorre davvero tanto coraggio per essere cristiani veri, che si nutrono di fede e danno alla vita il significato che Dio stesso le ha donato? Se riflettiamo seriamente alla nostra povertà e a chi dovremmo essere, - come ha detto a Sarajevo, Papa Francesco, rammentando le parole di San Paolo - cioè cristiani capaci ‘di rivestirsi con sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità... ' sembrerebbe di sì. Ma Papa Francesco oggi, come Gesù ieri, ce lo dice chiaramente, ‘non dipende solo da noi.... La pace è dono di Dio, non in senso magico, ma perché Lui, con il suo Spirito, può imprimere questi atteggiamenti nei nostri cuori e nella nostra carne... la pace è dono di Dio perché è frutto della sua riconciliazione con noi. Solo se si lascia riconciliare con Dio, l'uomo può diventare operatore di pace". Il Regno di Dio, che è Gesù, è già in mezzo a noi ed è un seme che cresce, ma occorre che i cristiani, che con serietà vogliono vivere di fede, di fatto da Lui si facciano condurre, cercando di dare alla vita, in ogni atto o gesto quotidiano, anche il più semplice, la stessa cura che Dio ha per il seme che ha posto in loro. D'altra parte tutti sappiamo che la vita non è uno scherzo: la vita non concede a nessuno leggerezza e superficialità, perché comunque, per la sua stessa finitezza, mette a dura prova ciò che davvero siamo e crediamo, ma il sorriso di un cristiano di grande e sincera fede - e ne ho incontrati tanti - testimonia la bellezza dell'uomo che, ogni giorno, si lascia plasmare da Dio. Diamo a Dio la nostra totale ed incondizionata fiducia, abbandonandoci alla Sua azione, mettendo la nostra vita nelle Sue mani e nel Suo Cuore, affidandoci a Lui, credendo che Lui e solo Lui conosce il cammino che dobbiamo percorrere per essere davvero felici. Dio non voglia, carissimi, che viviamo senza una ragione o senza uno sguardo al Cielo. Ricordiamocelo sempre: non siamo cose, siamo figli del Padre, tutti, e quindi chiamati alla sola Bellezza che è propria dei figli di Dio, quella che si riflette nelle persone buone. Quando si incontra un cristiano vero, che è sempre gioioso e pieno di speranza, nonostante sofferenze e difficoltà, davvero si ha l'impressione di avere tra le mani un ‘granello di senape', tanto appare ‘povero e indifeso', ma senti che dietro vi è l'immensa pianta del Regno di Dio, già operante in mezzo a noi. Pensiamo ai tanti nostri fratelli martiri per la fede... oggi! Sono essi ‘seme di nuovi cristiani' |