Omelia (14-06-2015) |
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COMMENTO ALLE LETTURE Commento a cura di Mons.Remo Bonola Introduzione. Nel mondo d'oggi, due sono gli stili che si competono il primato dell'agire: lo stile dell'uomo e lo stile di Dio. 1. Lo stile dell'agire dell'uomo. Si tratta di comportamenti finalizzati ad ottenere cose grandi, con i mezzi limitati propri della natura umana, convinta di poter fare tutto, con le sole sue risorse e capacità terrene. I risultati di questa prassi, in genere sono quelli tipici della montagna, che partorisce un topolino. Risultati, che si evincono da quanto ci ricorda il profeta Ezechiele nella 1ᵃ lettura: "Sapranno tutti gli alberi della foresta, che Io sono il Signore, che umilio l'albero alto e innalzo l'albero basso, faccio seccare l'albero verde e germogliare l'albero secco". (1ᵃ lettura). La Parola di Dio, dunque è chiara nel bollare qualunque impresa, piccola o grande che sia. Se l'uomo, solo perché si sente albero alto, crede di poter fare a meno di Dio, tanto nella vita personale, quanto in quella morale, sociale e politica, registrerebbe un totale fallimento di se stesso e della sua società. La verità metafisica, che l'uomo spesso dimentica, o non vuole riconoscere, è quella formulata da Gesù Figlio di Dio nel sentenziare che: " Senza di Me non potete fare nulla" (Gv. 15,5). Che poi, a pensarci bene, tutto lo stile dell'agire fallimentare dell'uomo, si scopre nelle cause, con le quali S. Giovanni nella sua prima lettera, denuncia la triplice concupiscienza: 1. Della carne, come sete di piacere 2. Degli occhi, come sete dell'avere 3. Della superbia della vita, come la sete di potere. (1ᵃ Gv. 2,16). Riflessione. L'uomo d'oggi allora, per rendere credibile e fruttuoso il suo agire, farebbe bene, che si attenesse a quanto suggerisce l'autore americano John Allan Peterson nel suo volume "For man only" dove dice:< Il mondo oggi ha bisogno di uomini che non si lasciano "corrompere", che mantengono la parola, che stimano il carattere più importante del denaro, che non esitano a correre rischi, che sono altrettanto onesti nelle piccole cose, come nelle grandi, che non scendono a compromessi, che non credono che la furbizia e la mancanza di scrupoli, siano la migliore ricetta del successo, che non si vergognano, né hanno paura di difendere la verità anche a costo di andare contro corrente. 1. Lo stile dell'agire di Dio è tutto il contrario di quello dell'uomo. Infatti Dio ama fare cose grandi, servendosi di cose piccole, per nascondere la sua onnipotenza e in pratica lo ha dimostrato: 2. Creando l'universo con un semplice atto di volontà; 3. Riscattando l'umanità dai danni provocati dal peccato, prima con la promessa di un Messia, poi mandando sulla terra il proprio Figlio, come nostro Salvatore; 4. Lasciandoci, per volontà del suo Figlio, un "Salvagente portentoso", quale il suo Regno, che si storicizza nella Chiesa, durante il corso dei secoli. Riflessione. Lo stile di Dio dunque si rivela onnipotente, ma allo stesso tempo umile e generoso, con un'unica prerogativa: quella di pretendere dalla nostra libertà, l'adesione piena alla persona del suo Figlio Gesù, al suo Vangelo e alla sua Chiesa. Di Cristo, del suo Vangelo e della sua Chiesa dunque, nessuno pensi di poterne fare a meno. Dice infatti S. Macario vescovo:< Guai all'anima, che non ha in sé il vero timoniere Cristo! Avvolta dalle tenebre di un mare agitato e sbattuta dalle onde degli affetti malsani, sconquassata dagli spiriti maligni, come da un uragano invernale, andrà miseramente in rovina [...] Infatti una volta abbandonata, sarà tutta invasa da spine e da rovi e, invece di produrre frutti, finirà nel fuoco. Guai all'anima, che non avrà Cristo in sé! Lasciata sola, comincerà ad essere terreno fertile di inclinazioni malsane e finirà per diventare una sentina di vizi>. ( S. Macario vescovo, dalle "Omelie"). 1. Lo stile di Dio, con Cristo si è incarnato nella storia dell'uomo. Infatti, Gesù Figlio di Dio, ha ricalcato perfettamente la strategia del Padre, insegnando e compiendo cose grandi, con persone e immagini insignificanti. Tra queste ultime, la liturgia di oggi ci presenta quelle del: 2. Seme: " In quel tempo, Gesù diceva alla folla: Così è il Regno di Dio: come un uomo, che getta il seme sul terreno; dorma, o vegli, di notte, o di giorno, il seme germoglia e cresce". (3ᵃ lettura). Quello che ci colpisce, in questa similitudine è il comportamento della Parola di Dio, paragonata al seme, che indipendentemente dal contadino, o dagli addetti ai lavori, una volta gettato sul terreno germoglia e cresce: 1. Prima come stelo = simbolo di una fede recepita come curiosità; 2. Poi come spiga = simbolo di una fede ancora immatura; 3. Infine come chicco di grano maturo = simbolo di una fede convinta e perseverante. Riflessione. Quale di questi tre stadi del seme, si addice di più a noi credenti? La risposta è scontata, ed è quella di concludere la nostra esistenza terrena nella situazione di chicchi di grano maturi, per una mietitura eternamente felice. " Fratelli, - ci ricorda S. Paolo nella 2ᵃ lettura - [...] tutti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, per ricevere ciascuno la ricompensa delle opere compiute, quando era nel corpo, sia in bene, che in male" (2ᵃ lettura). Perciò, scrive il salesiano Sabino Palumbieri, come dovrebbe essere l'uomo ideale di oggi: < L'anelito dell'uomo si colloca e si dirige verso verità senza ombre, verso la libertà senza ceppi, verso la giustizia senza veli, verso la comunione senza sponde, verso la felicità senza fine, verso l'essere senza vuoti>. (Sabino Palombieri da "Cristo nostra speranza" Ed. Centro Studi). Ma sarà mai possibile per noi, assimilare e riflettere sul nostro mondo, l'identikit di questo uomo ideale? 1. Il granellino di senape. Il Signore dice: " Il regno di Dio [...] è come un granello di senape, che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi, che sono sul terreno, ma una volta seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell'orto" (3ᵃ lettura). Fuori metafora il Signore afferma che: 1. Il Regno di Dio, che nella storia si offre alle nostre coscienze e allo stesso tempo si identifica con la Chiesa da Lui voluta, è paragonabile alla debolezza insita nel seme in sé. 2. Ma una volta, che questo debole seme cade sul terreno,, sia delle coscienze, sia della Chiesa, esplode nella grandezza e nella potenza di Dio. Riflessione. Perciò il Regno di Dio, che possiamo definire "Il Salvagente più formidabile", che Dio Padre in Cristo, ha regalato all'umanità, non è opera dell'uomo, ma solo di Colui che ha creato noi e l'universo. Pertanto, dinanzi a certe nostre eventuali perplessità, circa la perfezione del Regno di Dio nella storia, lo scrittore francese Francois Mauriac, ci esorta a:< Non giudicare il Regno di Dio dalle "balbuzie" dei suoi ministri>, mentre il venerato monaco trappista Thomas Merton (1915-1968) ci ricorda, che:< Dio è tutta la nostra gioia e in Lui la nostra polvere (come quella del suo Regno sulla terra, che è la Chiesa) può diventare splendore>. Quale meraviglia dunque, vedere che la meschinità della polvere, Dio può trasformarla in luce? Conclusione. Non c'è dubbio dunque, che dello stile dell'uomo, possiamo benissimo farne a meno; mentre, nella misura che sapremo indossare lo stile di Dio (= fare cose grandi, con le cose piccole dell'umiltà), potremo senz'altro migliorare noi stessi, la Chiesa e il mondo. Diversamente, tanto noi, quanto la Chiesa, da una parte saremmo solo un'illusoria gabbia di polli, che si credono aquile, e dall'altro, il mondo si dimostrerebbe in misura preoccupante, solo un'enorme prateria di belve senza recinti. |