Omelia (19-07-2015)
CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie)
Commento su Ger 23,1-6; Sal 22; Ef 2,13-18; Mc 6,30-34

Il motivo unificante la liturgia, dell'ufficio delle letture di questa 16a domenica del tempo ordinario, è tratto dal Salmo 22°: "Il Signore è il mio pastore" "che guida alla sorgenti della gioia eterna" come completa la colletta. Ma c'è anche un secondo tema non meno importante ed è quello del silenzio, che oggi non viene più considerato perché si ha paura di stare soli con se stessi. Questi due temi vengono unificati nella persona di Gesù di Nazaret che raduna i dispersi del gregge e invita al silenzio. A lui dovranno rendere conto gli attuali pastori " che fanno perire e disperdono il gregge". Solo Gesù avrà pietà dell'Israele di Dio, giacché al proprio riposo e a quello degli apostoli, rientrati dalla missione, antepone la buona novella del Padre che, per questo lo ha inviato.


La prima lettura (Ger 23,1-6) ci ricorda quali sono i doveri fondamentali dei pastori, che Dio ha chiamato e a cui ha affidato il compito di custodire il suo gregge, per farlo crescere e renderlo florido. Non tutti coloro che sono stati convocati hanno adempiuto alla loro missione. Non pochi si sono rivelati inadeguati perché sfruttatori del gregge. A causa di tali pastori molte pecore si sono disperse, altre sono state "scacciate e non ve ne siete preoccupati". Di fronte all'attuale crisi religiosa e vocazionale ci sono alcuni pastori, che sono tentati di accusare le pecore poiché non vengono spontaneamente all'ovile, dal quale loro, i pastori, non vogliono uscire a cercarle. Come ai tempi di Gesù, anche oggi le folle accorrono dove sperano di trovare veri pascoli e vera pace.

È inutile attendere il ritorno di queste pecore perché pentite della loro fuga. È necessario uscire dalle sacristie e raggiungerle là dove sono mostrando loro il volto materno della Chiesa.


Il Salmista ci comunica che il Signore è per noi buon pastore e mensa ospitale del Padre. In questo salmo, inoltre, sono citati tre dei sacramenti dell'iniziazione cristiana: al v. 2. il Battesimo (le acque), al v. 5 l'Eucaristia ( la mensa) e la Confermazione (l'olio). L'immagine del buon pastore sarà ripresa da Gesù in due parabole: quella della pecorella smarrita e quella del buon pastore.


Gesù, il buon pastore, è la nostra pace, la pace a cui tutti aneliamo abolendo le distinzione che dividono gli uomini. L'umanità in lui si ritrova unita, riconciliata e il punto in cui ciò avviene è la croce da lui abbracciata per amore nostro. Un cuore pieno di pace non ha origina da una conoscenza filosofica, non nasce dalla soddisfazione dei sensi, né da una vendetta adempiuta ma, dalla preghiera, dal sacrificio, dalla donazione di se stessi in silenzio, senza suonare trombe e campane, dimostrando di essere e non dal fare o, peggio, dal voler fare agli altri e prendercene i meriti, mentre noi siamo rimasti solamente a guardare.


I quattro vv. dell'odierno Vangelo ci presenta due quadri. Il primo addita a noi l'importanza del silenzio: i discepoli sono appena rientrati dalla loro prima missione pubblica a cui Gesù gli aveva inviati. Ad essi, il Maestro, vuole offrire una pausa di pace, un ritiro spirituale. Questa legge del silenzio, del riposo, è una necessita fisica e spirituale. Tale situazione riguarda anche noi che, bombardati, a tutte le ore, da continui flussi di parole, suoni ed emozioni, corriamo il rischio di svalutare la nostra breve vita. Il mangiatore di fave, Pitagora, insegnava ai suoi discepoli, che il silenzio era importantissimo e che si poteva rompere solo per dire qualcosa di più importante del lo stesso silenzio. Lo stesso Francesco di Assisi, certamente non un parolaio: nella Regola raccomandava ai suoi frati di predicare con "brevi parole" e fate a meno anche di queste attraversò Assisi facendo la "predica del silenzio". Stare in silenzio vuol dire ascoltare l'altro, il canto degli uccelli, la musica del creato che ci parlano con armonia.

Il secondo quadro ci parla della folla e dei suoi problemi: " Vide grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore". Anche oggi Gesù si commuove vedendo le sue pecore sbandate, perché prive di pastori o con pastori perversi, che cercano di sbaragliarle, insidiandole dirigendole verso luoghi impervi o privi di pascoli. Questa situazione non rispecchia la situazione dei tempi di Gesù e di Giovanni Battista, ma è attuale anche oggi. Oggi come allora le folle affamate si dirigono dove sperano di trovare vero pane e vera pace, perché hanno necessità di essere liberate da formalismi, pregiudizi e seduzioni, teologici e non. È inutile stare nelle sacristie e attendere spontaneamente il loro ritorno, pronti a ricevere i rimproveri dei loro pastori. È necessario che i pastori scendano dai loro stalli, vadano a cercarli con umiltà, deponendo le vesti del maestro, che non sono, e indossando l'abito dimesso del padre che perdona, che compatisce, ma soprattutto del pastore che le pascola e non del pastore che le tosa, le scuoia e le mangi.

La Chiesa odierna deve tener presente, oggi più che mai, che la sua fecondità non le viene dall'appoggio del potere politico, dal prestigio delle istituzioni, ma dai suoi pastori integerrimi e non falsamente amici, dalle sue piccole comunità.


Revisione di vita

- Nei riguardi dei figli, della moglie, del marito, dei nostri sottoposti, in breve del nostro prossimo ci comportiamo come buoni pastori oppure come giudici privi di misericordia?

- Confondiamo giustizia con mancanza di misericordia?

- Il nostro orgoglio è sempre smisurato, il mio Io è al di sopra di tutti, perciò calpesto
prima di essere calpestato. Siamo di quelli che dicono: "cane per cane ci sono prima Io?"


Marinella e Efisio Cagliari.