Omelia (28-06-2015)
Carla Sprinzeles
Commento su Sap 1,13-15; 2,23-24; Mc 5,21-43

Questa domenica costituisce un vero e proprio inno alla vita.
La vita è un dono che riceviamo alla nostra nascita, ciascuno di noi la riceve in modo diverso dagli altri. In ogni aspetto, fisico, biologico, psichico, spirituale, siamo diversi gli uni dagli altri. Difatti per esempio le medicine non funzionano per tutti nello stesso modo. Così anche per la struttura psichica: ci sono dei pensieri che alcuni amano riprendere, mentre per altri non hanno alcun significato.
Proviamo, ognuno nel suo spazio di vita a descrivere la nostra identità spirituale.
Ciascuno di noi è una piccola immagine di Dio e deve sviluppare quella. L'azione di Dio suscita in noi, ogni giorno, delle caratteristiche positive, è importante prenderne coscienza e non lasciarsi vivere inconsapevolmente per collaborare con questa azione di Dio. In Israele si credeva fermamente che Dio è il Signore della vita.

SAPIENZA 1, 13-15; 2, 23-24
I passi che leggiamo, tratti dal libro della Sapienza affermano che Dio è il Signore della vita.
La frase di apertura: "Dio non ha creato la morte" annuncia il tema partendo dall'esclusione della responsabilità di Dio sulla nostra morte. Eppure muoriamo! "Egli ha creato le cose perché esistano", ma allora Dio non è onnipotente? Dio ha creato una creatura non un altro Dio. Noi siamo partecipazione della sua vita, ma non siamo in grado di riceverla se non in piccoli frammenti. Possiamo anche rifiutarla e mettere al centro noi stessi, ingannandoci di essere noi la sorgente della vita, questa menzogna è il peccato.
Se la morte è la legge fondamentale della nostra esistenza, e questa ha un significato, il nostro atteggiamento dev'essere il dono integrale del nostro presente, senza trattenere nulla. La morte per un cristiano è un momento luminoso dell'esistenza, un momento di consegna definitiva del dono ricevuto, sicuri che per Dio nulla scompare di ciò che è bene, perché siamo amati di amore eterno, la qualità della nostra vita è eterna. La morte non è la pena per il peccato, la morte è l'emergenza del nulla che il peccato, la menzogna ha perpetuato. E' il non apparire della persona che ha rifiutato costantemente il dono che le veniva offerto, è respingere l'amore.
L'amore è l'anima della vita, il peccato, inteso come rifiuto dell'amore, è la ragione della morte. Quando la morte diventa un atto di amore, accogliendo i doni ricevuti, diventa un momento di vita.
La vita è collegata, nel testo della Sapienza, con il concetto di "giustizia", che non è la legalità, ma la caratteristica di Dio, l'amore universale di Dio, che rispetta la nostra libertà. Sarà anche la nostra giustizia vissuta nel concreto che ci salverà, giustizia come condivisione con i fratelli della vita che riceviamo ogni giorno.
L'uomo è fatto per una vita eterna, lo sentiamo nel nostro profondo, e questa vita eterna non è la vita dell'al di là, ma è una qualità di vita che nasce ogni giorno. "Chi ama ha la vita eterna" dice Giovanni nella sua prima lettera. Quando Dio diventa il centro, quando la persona non è più centrata su se stessa e sui suoi desideri, ma è centrata sull'azione di Dio che accoglie, comincia a svilupparsi la dimensione spirituale, la dimensione filiale, la vita eterna.

MARCO 5, 21-43
Oggi nel brano di Marco che leggiamo, sono indicate due donne: una ragazza di dodici anni, che sta morendo, e una donna, che da dodici anni, perde sangue. Due donne che sembrano cedere a una depressione che, incarnandosi nel loro corpo, ha tolto loro il gusto di vivere.
Gesù segue il padre della bambina, che è "agli estremi" bisogna affrettarsi. Ed ecco che il Signore si ferma nella folla, come se avesse tutto il tempo. Avremmo detto: non è il momento, vieni più tardi! Invece per il Padre che guida Gesù, non c'è uno più importante dell'altro. Se una persona soffre, è urgente venirle incontro. Per lui non esistono conflitti di priorità: la vita è offerta a tutti coloro che credono nella sua potenza.
Per la donna che soffre di flusso di sangue continuo non c'è via di uscita. Dice il Levitico che quando una donna soffre di mestruo non regolare è impura e non si può rivolgere a Dio, non può avere rapporti sessuali, per cui è infeconda, la peggiore situazione per quei tempi. Non può andare in luoghi pubblici, perché qualcuno, anche solo sfiorandola, diventa impuro.
Questa donna ha sentito parlare di Gesù e ci prova, ma di nascosto, perché rischia grosso! Da dietro le spalle di Gesù lo tocca e guarisce. Gesù si accorge che qualcuno lo ha toccato in maniera diversa e che la vita si è trasmessa e vede una donna che le si è gettata tremante ai suoi piedi. Per Gesù quello che agli occhi della religione è una trasgressione, è fede che salva e porta pace. Gesù non la rimprovera, ma addirittura, oltre ad averla guarita la chiama: "Figlia!"
Cosa significa? Che la stessa vita di Gesù si è trasmessa a quella donna, che è in condizione di impurità!
L'insegnamento è che non c'è nessuna persona, qualunque sia la sua condizione civile, morale, sessuale, affettiva, che possa essere esclusa dall'amore di Dio. E guai a chi mette le barriere tra costoro e Dio: Gesù non lo tollera!
Da Dio ci allontana l'odio covato e alimentato: questo sì che impedisce di avere comunione con lui!
"Io sono la Vita" ha detto Gesù a Tommaso, prima di morire.
Ci sono malattie che nascono dalla perdita di senso. Ci sono persone che muoiono perché non hanno creduto nella vita. Come giungere a credere che il Signore è la vita, che ce la dona in abbondanza, quando tutto sembra perduto, quando non c'è sbocco, quando la morte sembra l'unica soluzione? Occorre fare come Gesù venirle incontro senza incoraggiamenti, invitare ad aver fede nella potenza di Dio.
Credo che le due donne non desiderassero solo di venir fuori da uno stato infelice, ma una vera rinascita a un'altra forma di vita, che nessun guaritore può dare. La loro fede aspettava questa vita diversa, quella forza interiore, che avrebbe permesso di guardare la loro vicenda con occhi nuovi.

Amici, mi viene da chiedere a ognuno di voi e a me: con che occhi guardo la vita?
Al mattino, quando mi alzo, sono consapevole di iniziare una nuova giornata, nuova nel senso che si sta creando ora, che è la stessa vita di Dio, secondo le nostre possibilità di riceverla?
Credo che sia importante esserne consapevoli e avventurarci con aspettative diverse. Se viviamo così, non c'è mai monotonia! L'unica preoccupazione è irradiare l'amore intorno a noi!