Omelia (21-06-2015)
mons. Gianfranco Poma
Non avete ancora fede?

Il brano che oggi leggiamo, Mc.4,35-41 segna una tappa significativa nel cammino della fede che con raffinata sensibilità pedagogica il Vangelo propone ai suoi lettori.
Appare qui l'arte narrativa di Marco, vivace ed essenziale, e la sua profondità teologica, spiazzante. Tutto è narrativo e al tempo stesso simbolico, evocativo dell'esperienza che Gesù sta vivendo con i suoi discepoli.
Appena concluso il discorso in parabole, Marco dice che "proprio quel giorno viene la sera": credere l'Amore e sperare nel mondo nuovo di Dio non vuol dire alienarsi neanche per un istante dalla realtà drammatica della storia, dalla sera che viene. "Quel giorno, in cui viene la sera", è ogni giorno in cui vive Gesù con i suoi discepoli, è il nostro oggi, in cui sperimentiamo la presenza del suo Amore per noi anche dentro l'oscurità della vita. Proprio mentre viene la sera, Gesù dice ai suoi discepoli: "Passiamo all'altra riva", spingendoli ad uscire, a non rinchiudersi in se stessi, ad entrare ancora di più dentro il mondo. "Congedata la folla, lo portano via, com'era, nella barca. Ce n'erano molte altre con quella". I discepoli, forse preoccupati per Lui, prendono l'iniziativa: lo allontanano dalla folla, se ne impossessano, in qualche modo rivendicandolo per sé, dimenticando la presenza di molte altre barche. Quanto è facile scambiare la fede con la presunzione di poter disporre di un Dio per sé! Marco ci sta guidando nel cammino della fede: ma la fede cos'è? Adesso Gesù tace e si lascia condurre nella barca dai discepoli: anche nella Passione si lascerà condurre verso la Croce da chi lo ha catturato. Ma chi è il più forte? Chi davvero conduce la storia? La narrazione di Marco diventa rivelativa: sullo sfondo intravediamo la figura di Giona e sentiamo l'invocazione dei Salmi. "Ci fu una grande tempesta... e le onde si rovesciavano nella barca..." E Lui dorme! Non dorme come Giona per fuggire da ciò che Dio gli chiede: dorme tranquillo perché ha fatto ciò che il Padre gli chiede. Dorme e non vuole, come Giona, nascondersi nella stiva della barca per essere lasciato in disparte: dorme a poppa, su un cuscino. Eppure, anche Lui, come Giona, finirà per tre giorni e tre notti, nel ventre della terra: Gesù sarà l'ultima e definitiva interpretazione dell'esperienza umana di Giona. Gesù dorme come Dio nell'A.T. quando i salmisti e i profeti gridano: "Svegliati, perché dormi, o Signore? Svegliati!" (Sal.44) Il sonno di Gesù è segno ("sacramento") del sonno di Dio mentre l'uomo credente grida, urla, prega perché teme che Dio non lo veda, lo abbandoni. Egli sa, quando grida, quanto è pesante il sonno di Dio, e gli mette davanti il suo cuore, il suo peccato, e rimane nella sua impotenza. Dio che dorme: è il momento della Croce, del silenzio, del sabato santo, del sonno di Cristo nel sepolcro. Quanto è difficile non perdere la pace, restare saldi in Dio, confidare solo in Lui e non negli uomini: accettare il silenzio di Dio è la fede. C'erano molte altre barche, eppure solo quella dei discepoli che avevano preso con sé Gesù, viene sbattuta dalle onde e sommersa dall'acqua. Anche Lui, come Giona, ha sperimentato la forza del male: ma non è fuggito, non si è sottratto. Gesù dorme "a poppa, sul cuscino", come un figlio abbandonato nelle braccia del Padre: anche nel silenzio è certo dell'Amore del Padre più forte del male più grande, Amore che è tutto nel nulla dell'uomo. Gesù è nella pace anche quando è sommerso dalle onde più potenti: è la fede. I discepoli l'avevano preso con sé ma ancora non hanno compreso il suo insegnamento, non una dottrina ma l'esperienza del figlio che crede l' Amore del Padre. "Ma voi, non avete ancora fede?", chiede Gesù provocando i discepoli a guardare dentro di sé: "Perché avete ancora tanta paura?". Essi infatti l' avevano svegliato e rimproverato con durezza: "Maestro, non t'importa che periamo?". Al "Maestro" che insegna l'amore, forse rinfacciano il disinteresse per la loro sorte o la non partecipazione alla loro fatica. "Svegliato (azione passiva: è Dio che lo sveglia!), sgridò il vento e disse al mare: Taci, calmati". Gesù, ancora appoggiato al cuscino, affidato all'Amore del Padre, esercita sugli elementi della natura il potere che è del Creatore. "Chi è, dunque, costui al quale anche il vento e il mare obbediscono?": si chiedono i discepoli l'un l'altro, stupiti per l'effetto della sua Parola. Alla "grande" forza del vento succede la "grande" calma, che porta i discepoli ad un "grande" timore: chi è costui che mentre si scatena la tempesta dorme ed appena si sveglia dà un ordine al quale il vento e il mare obbediscono? Non può che essere il Figlio di Dio il cui sonno non è turbato dagli elementi che sono sottomessi ai suoi ordini! Ma i discepoli di fronte al suo sonno tranquillo reagiscono con la mancanza di fede e la sua Parola capace di imporsi al vento e al mare li riempie di grande paura: sono passati dal panico che li ha spinti a porgli una richiesta impertinente, al grande timore che ha fatto nascere in loro il sospetto sull'identità del loro maestro. Ma ancora non hanno la fede, sono ancora lontani dalla tranquillità che può renderli partecipi del sonno di Gesù, abbandonato all'Amore del Padre, della sua pace anche mentre infuria la tempesta!