Omelia (07-06-2015)
don Maurizio Prandi
Gesù è... una tenda!

Celebriamo una bella festa... bella perché legata a quanto di più umanamente nostro possa esserci: il corpo. E' la celebrazione del Corpo del Signore Gesù che giovedì sera abbiamo portato in processione nel segno del pane. E' stato un gesto di grande importanza perché ha visto coinvolti in un modo unico durante l'anno il corpo di Gesù che è l'Eucaristia e il corpo di Gesù che è la chiesa. Una comunità che porta Gesù e lo porta a chi è impossibilitato a venire in chiesa. Per questo abbiamo celebrato la messa tra case e condomini, per questo abbiamo percorso alcune vie delle nostre comunità. Proprio questo "portare", mi fa venire in mente la seconda lettura che abbiamo ascoltato, che oltre a raccontarci di come Gesù abbia fatto della propria vita un'offerta, ci dice anche che Gesù è come... una tenda! Che bella definizione di Gesù ci da l'autore della lettera agli Ebrei: una tenda, non un qualcosa di statico. Non so se sia un'interpretazione teologica giusta, ma la lettera agli ebrei dice proprio questo: il Cristo è entrato nel mondo attraverso una tenda non fatta da mani d'uomo... l'uomo entra nel mondo grazie al suo essere Dio (la tenda non fatta da mani di uomo)... Bello che Gesù, come la tenda, si muova, non stia fermo... la cosa che mi piace e che lego alla celebrazione di oggi è proprio questa una tenda, non si monta da sola, non si muove da sola, non si smonta da sola. Nell'Alleanza nuova di cui ci parla la seconda lettura, in quel sacrificio, impariamo che una vita, la vita di Gesù, ci è stata consegnata perché noi potessimo portarla proprio come faremo con la nostra bella processione, montarla come si fa con una tenda e permettere a tutti quelli che incontriamo di entrare, riposarsi, ripararsi, vivere! Che bello... Gesù è quella Tenda, dice la seconda lettura, che, non è costruita da mani di uomo perché viene da Dio, ma pensate: a mani di uomo è stata consegnata, affidata, perché da queste povere mani possa raggiungere, come dice la prima lettura, tutti i popoli.

C'è, in questa seconda lettura, un bel particolare... lo trovo molto significativo: riguarda quel riferimento all'eredità e precisamente alla salvezza ricevuta in eredità. Per dare qualcosa a qualcuno, non abbiamo molte possibilità... due: regalare, oppure fare un testamento e lasciare in eredità. Per ricevere un'eredità ci vuole una morte e se Dio non ha scelto la modalità del regalo ma quella del testamento, è per dirci che per dare la vita bisogna dare la propria. Celebriamo ancora una volta un Dio vicino... oggi possiamo capire quanto Dio è vicino, quanto Dio ha pietà di noi, quanto Dio è coinvolto nella nostra vicenda.

La prima lettura è il racconto del patto di amore che Dio stabilisce con i suoi figli. Non si può non rimanere colpiti da quante volte viene ripetuta la parola tutti... come a dire che quando c'è di mezzo Dio non c'è risparmio, non c'è parcellizzazione, non c'è un pezzetto soltanto ma... tutto!

Le parole di Dio.... Non alcune, non le più belle per me, non le più attraenti, non le più facili, non quelle che mi vengono bene.... No... tutte le parole!
E poi le norme, i comandi, quelle che abbiamo imparato essere le proposte di Dio... tutte!

E poi... tutto il popolo... che bello... e che difficile! Tutto il popolo... non solo quelli con cui sto bene, non solo quelli con cui c'è più affinità, non solo quelli della mia razza, non solo quelli con il mio colore della pelle... no... tutto il popolo!

Dicevo prima che quando c'è di mezzo Dio non c'è risparmio, ma la solennità che celebriamo oggi forse vuole dirci che anche quando c'è di mezzo la vita non ci deve essere risparmio... Credo che nella solennità di oggi ci sia un invito a intendere così la vita, con i suoi impegni e le sue responsabilità... nel segno della totalità, non di viverne un pezzetto... in questo sono convinto che la parrocchia può aiutare nel suo piccolo: chi è catechista o animatore... non lo è per un pezzetto, così come chi si occupa dei poveri, così come chi presiede le celebrazioni... mi veniva in mente questo ripensando ad un commento di don Daniele Simonazzi alla liturgia di oggi. Un ospite dell'Ospedale psichiatrico giudiziario, ascoltando il vangelo di oggi ha subito commentato così: ma questa è la messa!!! Il complimento più bello per un prete. C'è un celebrare la messa che è così vicino al vangelo che subito riconosci che quello che stai facendo ti riporta all' originale dell'Ultima cena. Sinceramente, non è che ho sempre presente questo e mi spiace... la nostra Messa è l'Ultima cena di Gesù... è l'Ultima cena per me, che presiedo, è l'Ultima cena per chi, con colui che presiede, celebra la messa, ovvero per l'intera comunità parrocchiale. E' quella la preoccupazione da avere, che sia una celebrazione conforme a quella cena che per Gesù è stata l'ultima, che per Gesù è stato il momento nel quale ha cominciato a dare la vita. E' la vigilia di una morte, di una offerta della vita e alle volte siamo più preoccupati di dove si celebra, dei muri, che del cosa si celebra. Alle volte... soprattutto ai matrimoni, incontri persone che ti dicono: don... mi raccomando che qui poi si deve andare a mangiare... rapido eh? Oppure la domenica anche: ma verso che ora finisce? Don Daniele scrive che è come se andessimo da qualcuno che soffre, che sta molto male e gli chiediamo: oh! Ma ci metti tanto a morire? Anche in mezzo a tanti errori, a tanti gridolini dei bambini, a tante incomprensioni... la Messa proviamo a farla bene, perché è Gesù che dona la vita, perché siamo noi che doniamo la nostra, perché è come quando accompagniamo una persona cara all'incontro con Dio... abbiamo tutto, meno che fretta che i nostri cari muoiano...

Don Daniele arriva a dire questo: pensate se di noi e della nostra vita si potesse dire questa è la messa, se fossimo gente da Ultima Cena per come si ama, per come la messa la si celebra, per come la si vive!

Non so se si possa dire ma... è difficile poter dire di essere arrivati a conoscere Dio o ad avere una idea chiara di Lui, però qualcosa di certo lo possiamo affermare: la totalità del suo dono e altrettanto chiara dovrebbe essere la qualità della nostra risposta: la stessa totalità nell'ascoltare, nell'aderire alle sue proposte, nel legarci ai nostri fratelli. C'è un particolare di una bellezza unica in questa prima lettura: si parla prima di fare, eseguire, e poi di ascoltare. Viene qui affermata e chiesta una adesione totale, perché il principio della fede è riconoscere il bene che mi viene incontro... riconosco che mi posso fidare e allora mi butto, ci sto! Abramo prima è partito, poi ha cercato di capire e così anche la Vergine Maria. Siamo qui, oggi come giovedì sera, per chiedere la stessa grazia, la stessa capacità di adesione per poter fare le parole del Signore ancora prima di capirle.