Omelia (28-06-2015) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Miracoli sì, miracoli no Rivolto ai Giudei, Gesù nel Vangelo di Giovanni esclama: "Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non volete credere a me, credete almeno alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me e io nel Padre." (Gv 10, 37 - 38). Con questa affermazione, forse trascurata in buona parte anche da noi pastori e guide spirituali, Gesù attribuisce il giusto ruolo ai miracoli e ai segni prodigiosi. Tante volte ai fenomeni preternaturali si guarda con eccessivo entusiasmo, suonando le campane a festa a qualsiasi presunta apparizione mariana o interpretando a priori come fatto prodigioso un qualsiasi fenomeno in realtà decifrabile per mezzo di cause naturali. In tanti altri casi si incappa invece nell'errore opposto, cioè nella presunzione di poter spiegare qualsiasi avvenimento per mezzo di prove scientifiche o espedienti razionali, precludendosi volutamente alla possibilità del sovrannaturale. Anche all'interno della Chiesa e perfino nella gerarchia ecclesiastica non è difficile trovare chi addirittura al miracolo non crede neppure; d'altra parte però si trova non di rado chi interpreta in senso esclusivamente miracolistico fenomeni anche banali. Una lunghissima parentesi si apre poi quando si affronta il tema dei disturbi satanici e delle possessioni diaboliche: ora si attribuisce al diavolo la colpa materiale di un minimo evento negativo quale la malattia o la rottura di un fidanzamento, ora si riscontrano fedeli che, sebbene preparati e di provata virtù, escludono categoricamente perfino l'esistenza del maligno. Che il miracolo sia un fatto possibile e non contrario alla ragione umana lo prova il fatto stesso che esso è sempre stato radicato nel pensiero dell'uomo. L'ambizione al fenomeno sovrannaturale è infatti stata sempre presente nello spirito umano perché da sempre è presente la volontà di assoluto e di anelito trascendentale. Nell'ottica della fede in un Dio onnipotente non si può omettere la possibilità che Questi possa compiere tutt'oggi un miracolo qualsiasi. Soprattutto poi quando si tratti del Dio di Gesù Cristo, il quale ha dimostrato i suoi prodigi straordinari già nascendo da una Vergine e diventano Figlio dell'Uomo pur restando Figlio di Dio. Come potrebbe non commettere miracoli il Dio che si è incarnato per la nostra salvezza? Se quindi da un lato vanno evitati sensazionalismi, superstizioni ed esagerazioni intorno ad un evento, seppure vada adoperata molta prudenza e discrezione prima di avallare come miracoloso un determinato fenomeno, dall'altra non bisogna neppure escludere la possibilità che Dio possa compiere miracoli a vantaggio dell'uomo e a riprova della sua Rivelazione. Come interpretare infatti gli eventi miracolosi avvenuti al tempo dei profeti e degli apostoli e che possono ripetersi anche ai nostri giorni? Essi sono nient'altro che la prova evidente della Rivelazione di Dio all'uomo. Servono semplicemente a confermare e avallare ciò che Dio ci ha comunicato nella Scrittura e nella Tradizione della Chiesa, perché abbiamo la prova certa e definitiva di ciò che Dio ci ha comunicato. Ecco perché nessuno dei presunti miracoli, visioni o apparizioni deve smentire o contraddire l'insegnamento della Chiesa o della Rivelazione ufficiale: al contrario, un reale evento soprannaturale è identico quando incoraggia e orienta verso le vere asserzioni della verità in cui credere. Certamente nessun miracolo è mai necessario quanto la fede, che ci porta ad accogliere immediatamente come veritiere tutte le verità rivelate da Dio. E' anche vero che la morte e la resurrezione di Cristo siano l'unico elemento sufficiente a che siamo salvati nella speranza non senza il primato della fede; come pure è vero che gli stessi prodigi straordinari avvengono non prima che da parte nostra si manifesti una fede consolidata e provata. Ciò nonostante è ragionevole che Dio possa concederci delle prove incontrovertibili della sua auto comunicazione e che possa farlo, adesso come allora, per mezzo di segni sensibili ed evidenti quali le guarigioni, gli esorcismi e gli interventi straordinari sulla natura. Gli atti di misericordia e di straorinaria bontà da parte di Gesù sono la prova definitiva che davvero lui ci rivela un Dio Amore che vuole recuperare l'uomo ad ogni costo e che tende per ciò stesso ad avere ragione del male e della morte, dominando anche la malattia fisica e debellando anche il peccato. L'annuncio di Dio viene sempre accompagnato da qualche segno prodigioso, sebbene non sempre questo raggiunga il livello di miracolo e del resto lo stesso concetto di "parola" di Dio (dabar) racchiude in sé il parlare e l'agire di Dio come cose intrinsecamente connesse. Nel duplice intervento con cui Gesù si prodiga nei confronti di questi due sfortunati interlocutori che fuoriescono dalla folla riboccante intorno a lui, Gesù mostra due realtà indissolubili: 1) la fede viene sempre premiata con il fatto stesso di essere tale e di venire esercitata con perseveranza e fiducia. Come più volte ripeteva San Francesco di Paola Fondatore del mio Ordine, "a chi ama Dio tutto è possibile" e nulla vieta che il Signore possa ricompensare ogni minimo atto della nostra fede e della fiducia nei suoi confronti con una manifestazione soprannaturale. Ciò avviene a proposito della povera donna emorroissa che, esaurite tutte le possibilità di ricorso medico e periziale, giunge lei stessa a toccare il lembo del mantello di Gesù, ottenendo immediatamente la guarigione dal suo male fisico. Superata la vergogna e la paura, si prostra davanti al Signore e da questi riceve stima e congratulazioni, perché ha mostrato in lui tanta fede da non aver bisogno di interloquire: le è bastato il contatto con la sua veste perché scaturisse da Gesù una "forza", cioè una corrispondenza attenta e immediata in senso miracolistico alla buona predisposizione che lei aveva provato. Negli Atti degli Apostoli si verificheranno episodi analoghi per cui malati e paralitici crederanno nella parola di Pietro, che sarà per loro sufficiente che anche la sua ombra li accarezzi per essere guariti (At 5, 15). 2) L'intervento prodigioso del Signore ci ragguaglia della sua vera onnipotenza da Dio fatto uomo che si coniuga con l'amore indefinito per l'umanità e con il suo voler compatire le infermità e le limitatezze dell'uomo. Il miracolo infatti significa soprattutto il potere con cui Dio manifesta in Cristo il suo amore per l'umanità, ciò soprattutto quando si tratta di resurrezioni da morte: in esse Cristo riafferma di essere lui stesso "la resurrezione e la vita", preannunciando la sua vittoria sulla croce. A casa di Gairo nessuno è disposto a credere alle sue parole quando egli dice che la fanciulla dodicenne non è morta, ma solo addormentata. Ma la fede del capo della sinagoga, frattanto esercitata da questi nei confronti di Gesù, ottiene inesorabilmente che la piccola si alzi e cammini alle parole "Talita kum". Sembrerebbe un paragone illogico e fuori luogo, eppure all'età di dodici anni Gesù nel tempio interrogava i dottori occupandosi della Parola rivelata dal Padre, noncurante delle ansie dei genitori che intanto lo cercavano. Adesso sta ridando la vita a una fanciulla di dodici anni, mentre i genitori cercano altrove consolazione, convinti che sia morta. E' evidente che si tratta di fenomeni miracolistici che avallano la presenza del Regno di Dio nel mondo. Essi consolidano anche la certezza che questo Regno è effettivamente Amore che si palesa in opere di misericordia e che, come afferma il libro della Sapienza (I Lettura) afferma il primato di Dio sul dolore e sulla morte. In virtù del quale gli è possibile ogni cosa, anche ciò che per l'uomo è inverosimile. |