Omelia (28-06-2015) |
mons. Gianfranco Poma |
Non temere, soltanto: credi! Quella che leggiamo nella XIII domenica del tempo ordinario, Mc.5,21-43, è certamente una delle pagine più belle del Vangelo di Marco: ciascuno di noi. Marco, di solito breve ed essenziale, qui si dilunga non solo nella narrazione dei fatti ma nel renderci partecipi delle sensazioni interiori dei personaggi, delle loro percezioni più intime: le mani hanno un ruolo importante, il toccare, sentire nel corpo, nascere alla vita veramente, gustare la vita, entrare in relazione e sentirne la ricchezza... E continua Marco a condurci nel cammino della fede: nel suo modo spiazzante ci provoca ad un'esperienza, non ci dà una definizione della fede, ci fa incontrare Gesù, ci libera dalle nostre paure, ci fa uscire dal perimetro della legge, ci dà il coraggio, la vertigine della libertà. E tutto è così fatto di carne! La fede non è un'ideologia, non tocca solo la mente; non è un'etica, non tocca solo la volontà: la fede è l'incontro con Gesù, Dio nella carne, Dio nel sangue, Dio nella sessualità liberata di una fanciulla che comincia la sua vita feconda, di una donna coraggiosa a cui non è più impedita una vita di relazione, Dio nell'affetto di un padre che ritrovando la sua relazione con la madre, sa amare in modo nuovo una figlia resa capace di camminare da sola per affrontare la vita, Dio nelle relazioni sociali liberate e non condizionate da pregiudizi, precomprensioni, esclusioni. È stupenda questa pagina in cui siamo invitati a comprendere che cos'è il Vangelo di Gesù, il lieto annuncio di Dio che si è incarnato perché la la nostra carne sia tutta piena di Dio. Tutto comincia dall'amore di un padre, che supera i condizionamenti della sua condizione di capo della sinagoga: "avendo visto Gesù, cade ai suoi piedi, lo supplica molto e gli dice: ‘La mia piccola figlia è all'estremo, vieni ad imporgli le mani perché sia salvata e viva'. E Gesù andò con lui". Marco non dice di che cosa soffra la figlia: ci lascia intendere che la sua malattia, forse, è proprio l' "amore" di un padre troppo apprensivo e possessivo che esclude la madre, parla della figlia che a dodici anni, l'età dell'ingresso nella maturità, lui vede come la "sua piccola". Forse la malattia della figlia è quella del padre possessivo che la fa soffrire, le impedisce di crescere, la fa morire: forse è il padre, non libero nel suo amore, che deve guarire. Adesso ha visto Gesù... e Gesù cammina con lui. Una donna incrocia la strada di Gesù: al contrario di Giairo, ricco che non vuol perdere ciò che ha, è povera, senza nome, ammalata, ha perso i suoi beni con i medici, non ha e non può avere figli, condannata all'isolamento dalla legge che la ritiene impura e a non avere relazioni intime per la sua condizione. Eppure sente il desiderio di vivere, non perde il coraggio, lotta con tutte le sue forze, ma continua a peggiorare: "ha sentito parlare di Gesù" e rinasce in lei la speranza. Marco si ferma a descrivere ciò che lei sente, pensa: "Se toccherò anche solo le sue vesti, sarò salva". E non esita a farsi strada tra la folla, da dietro tocca il suo mantello, e "sente nel suo corpo che è guarita dal male". Adesso, ancora con maggior insistenza Marco descrive la reazione interiore di Gesù che tra lo stupore dei discepoli chiede: "Chi mi ha toccato". Gesù ha sentito uscire da sé una forza... Marco ci coinvolge nel chiederci cosa sia questa forza, perché pure noi la possiamo sperimentare: questa povera donna cercava la vita, cercava qualcuno con cui vivere, cercava l'amore. Gesù non può non sentire chi, tra tanta folla, cerca "Lui", lo "tocca": la forza che egli sente uscire da sé è l'Amore. Lei ha cercato Lui, almeno le sue vesti: Lui cerca lei, persona tra la folla. Adesso lei sente dentro di sé la sua forza, l'Amore liberante che la rende capace, lei impaurita e tremante, di essere se stessa, di dire a Lui tutta la sua verità. "La tua fede ti ha salvata": la tua fiducia, il tuo coraggio di abbandonarti, di cercare l'Amore e di lasciarti amare...va' in pace, resta sana dal tuo male, rimani nel mio Amore e ama. Adesso il cammino di Gesù riprende ostacolato da coloro che annunciando al capo della sinagoga la morte della figlia, vorrebbero convincerlo a fermarsi, a non importunare oltre il Maestro. Queste parole contengono un sottile e amaro rimprovero al padre che tardi ha capito che con il suo amore malato ha condotto la figlia alla morte. La reazione di Gesù che li sente parlare così, è invece di speranza per il padre che cerca la vita della figlia ed ha bisogno di ottenere per sé la capacità di un amore guarito. "Non temere: soltanto credi!": "Non lasciarti condizionare dalla tua paura, dal timore di aver fallito per il tuo amore possessivo: solo credi, abbandonati, liberati da te stesso, lasciati amare e imparerai ad amare". Adesso Marco si ferma a descrivere un'azione molto importante che Gesù compie: egli costruisce una comunità con quelli che egli sceglie, al di fuori della folla, dello strepito e dei pianti, prende con sé il padre e, finalmente, anche la madre, e li conduce dove è la fanciulla e tenendola per mano le parla con la lingua che lei comprende. "Fanciulla, io ti dico: alzati". "E, dice Marco, la fanciulla si alzò e camminava, infatti aveva dodici anni": non era una piccola bambina, come il padre l'aveva descritta. Adesso l'amore guarito del padre insieme con quello della madre, libera la figlia perché cammini ed entri in una comunità generata dall'Amore di un Dio che è con noi. È meravigliosa questa pagina nella quale, il Vangelo, la lieta notizia, è l'incontro con Gesù che cammina con noi, si lascia toccare e ci tocca, il Dio Amore che salva liberando l'amore, entrando nell'intimo della nostra vita, riabilitando la vita sessuale come ricchezza umana, e creando una comunità familiare e sociale la cui unica Legge è il dono liberante del suo Amore. |