Omelia (12-07-2015)
mons. Roberto Brunelli
Tutti i battezzati sono missionari

Nessuno è profeta in patria, abbiamo sentito dire da Gesù domenica scorsa. Non per questo egli ha desistito dalla sua missione; anzi ne ha fatto partecipi i discepoli, come leggiamo nel passo odierno del vangelo (Marco 6,7-13): "Chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due... Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse".
Mandati a parlare, dunque profeti: perché questo è il significato del termine. Profeta è chi parla per conto di un altro, dal quale ha ricevuto l'incarico di farlo. Basandosi su come è usato nell'Antico Testamento, il termine ha finito per designare chi parla a nome di Dio, e qualifica anche quanti svolgono compiti analoghi pur se sono chiamati altrimenti, ad esempio apostoli, o discepoli, o pastori, o missionari, o catechisti, e così via. I dodici apostoli, qui ancora chiamati discepoli, sono dunque profeti: incaricati da Gesù, parlano in suo nome, e infatti ripetono quello che lo stesso evangelista riferisce di Gesù agli esordi della sua vita pubblica: "Andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi..." (Marco 1,14-15). Nel contempo i Dodici anticipano qui quello che sarà il loro solenne mandato, conferito loro da Gesù prima di salire al cielo: "Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato" (Marco 16,15-16).
Questo è il compito primo degli apostoli, la ragione fondamentale per cui Gesù ha istituito la sua Chiesa: proclamare il vangelo, la "bella notizia" che Dio ama gli uomini e li invita a vivere per sempre con lui; proclamarlo a tutti, di generazione in generazione, nel mondo intero; annunciarlo a chi ancora non lo sa, ricordarlo a chi tende a dimenticarsene o a trascurarlo. La Chiesa dunque è per sua natura missionaria; il giorno che smettesse di annunciare il vangelo, non sarebbe più la Chiesa voluta da Cristo; non avrebbe più il suo sostegno (e dunque avrebbe, prevedibilmente, vita breve).
Ma sarebbe un errore pensare che il compito assegnatole dal Fondatore sia riservato al papa, ai vescovi e ai preti, o a quanti chiamiamo "missionari", cioè a chi lascia il proprio paese per andare là dove il vangelo è ancora poco o per niente conosciuto. Missionaria è la Chiesa come tale, e dunque lo sono tutti quanti ne fanno parte. Ciascuno lo è a suo modo, secondo i doni ricevuti e le circostanze in cui viene a trovarsi, ma lungo percorsi comuni: ad esempio un comportamento coerente, la pratica dell'amore del prossimo, e la non-reticenza, cioè il coraggio di dichiararsi, quando occorre, per quello che si è; il coraggio di manifestare la propria fede.
Alcune domeniche addietro si è presentata l'occasione di ricordare che tutti i battezzati formano un popolo di sacerdoti. Il vangelo di oggi permette di aggiungere che sono anche un popolo di profeti, cioè di uomini e donne incaricati dal Signore di parlare in suo nome, di testimoniare, con le parole e con la vita, la fede in lui, il suo amore infinito. Ci si può chiedere quando mai il Signore ha conferito a ciascuno dei suoi fedeli un tale compito, e con quali mezzi essi lo possano adempiere. A proposito dei mezzi, è istruttivo un altro passaggio del vangelo odierno: nel mandare i Dodici a due a due, Gesù "ordinò loro di non prendere per il viaggio nient'altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche". In altre parole, di non confidare nelle risorse umane; oggi diremmo di non ritenere che la missione possa essere efficace nella misura del denaro di cui si dispone, o del potere, e neppure magari di una sbrigliata intelligenza, ma solo nella fede in lui. L'incarico, insito nel battesimo e fattosi esplicito con la cresima, è sostenuto dalla forza dell'eucaristia e degli altri sacramenti, e trova la sua luce affidabile soltanto nella Parola di Dio.