Omelia (05-07-2015)
Omelie.org - autori vari


COMMENTO ALLE LETTURE
Commento a cura di don Marco Simeone

Questa domenica è una domenica strana, almeno come letture: dal vangelo ci aspettiamo un aiuto, un'illuminazione per vedere la strada e la forza per percorrerla, e invece il vangelo finisce con un Gesù meravigliato da tanta incredulità a causa della quale ha le mani legate. Infatti per ricevere un miracolo questi andrebbe almeno chiesto- se non altro per buona educazione!-, e invece ci troviamo con Gesù che parla nella sua Nazareth ai suoi concittadini (che non erano poi tanti visto che Nazareth era un piccolissimo posto sperduto del nord) che lo snobbano.
Meglio: il vangelo dice che si "scandalizzavano" di Lui, perché?
In effetti Gesù era già diventato un personaggio pubblico, si parlava di Lui non solo nella regione della Giudea ma anche a Gerusalemme, aveva fatto addirittura miracoli, e allora perché tanta diffidenza? Il vangelo ci riporta questa obiezione che fanno a Gesù: di lui sappiamo tutto, e allora da dove gli viene tutta questa sapienza? Conosciamo addirittura fratelli e sorelle (Ndr. La stessa parola traduce essere fratelli, cugini o semplicemente della stessa tribù) e allora, chi pensa di essere?
È interessante proprio questa considerazione per 2 ragioni: 1) questo dimostra che non sapevano, ovviamente, tutto di Gesù, e questo ci fa capire la preghiera della colletta che chiedeva a Dio di toglierci il velo dagli occhi per vedere realmente chi abbiamo a fianco, quei fratelli che vivono insieme con noi, che pensiamo di conoscere e che invece ci rimangono estranei, perché l'essenziale è invisibile agli occhi (.. dice il piccolo principe!). 2) La cosa, però, che confonde e disturba gli abitanti di Nazareth, è la consapevolezza che il Messia aveva vissuto quasi 30 anni fianco a fianco con loro e loro non se ne erano resi conto, che il Messia aveva lavorato umilmente per loro per tanto tempo e non se ne erano accorti.
La ribellione che nasce dentro è la difficoltà di comprendere la grandezza dell'Incarnazione: può Dio volermi così tanto bene da farsi piccolo come me e camminare al passo mio per accompagnarmi; davvero pensa così tanto bene di me? Sono così prezioso ai suoi occhi? È questo lo scandalo dell'incarnazione: se Gesù si fosse presentato con effetti speciali, eserciti angelici o fulmini e lampi dal cielo subito gli avrebbero (avremmo) spalancato le porte della città (magari continuando ad aver paura di lui in fondo al cuore...); in fondo è come ce lo saremmo immaginato: Dio in alto e noi in basso, il Signore così tanto in alto da non potersi immischiare con noi e noi così piccoli che non vale nemmeno la pena provarci a essere migliori di come siamo, tanto...
È proprio questa idea di noi e di Dio che Gesù è venuto a far saltare in aria: il Signore ha piegato il cielo e si è tuffato nella nostra vita per viverla con noi, per riportarci a casa, nel cuore stesso della Trinità. Dio ci prende talmente sul serio da mettersi in gioco (io direi che tutto il creato si è stupito della scelta di Dio, tranne l'uomo...), e se questa verità dal natale sta sotto i nostri occhi, le implicazioni pratiche sono ancora più sconvolgenti. Che rapporto posso/devo avere con Dio? Come si prega? Dove lo posso rintracciare? Come si risolve la mia crisi familiare? Come educare i miei figli? Come faccio con il lavoro? Questi sono tutti problemi pratici con cui siamo obbligati a fare i conti. Quanto invece ci piacerebbe un raggio di luce dall'alto dei cieli che aggiustasse tutto, o sapere che per parlare con Dio bisogna fare viaggi disumani o preghiere che i semplici mortali ignorano; invece oggi Gesù ci svela che forse la soluzione è proprio lì, vicino a noi, nella vita di ogni giorno, quando, caduto il velo che non ci fa riconoscere Gesù accanto a noi, scopriamo la forza del Suo amore, quando ci sentiamo amati nonostante tutto e infinitamente, quando questo amore umile e silenzioso di Gesù diventa potenza di resurrezione che ci dice che non fuggendo si trovano le risposte, stando proprio lì dove ci ha invitato, nella nostra vocazione, in questo preciso tempo della storia del mondo, e scoprire che Gesù è Signore della storia e della vita, che con Lui tutto diventa possibile, soprattutto diventare noi stessi. Questi sono i miracoli veri che cambiano la vita, che fanno fare esperienza di Dio, per questo Paolo ci racconta di questa illuminazione del Signore che gli svela che la "spina nella carne" non ce l'ha messa Lui ma diventa l'occasione per incontrare Gesù Cristo, la nostra debolezza è il luogo dove smettiamo di pensare di essere Dio (tutto dipende da me) e scoprire il vero Dio (tutto è dono del Suo amore). Come cifra di controllo, per vedere se questo incontro è vero per davvero, dovrebbe lasciarci il gusto della lode e della gratitudine.
Da parte sua il Signore continuerà ad amarci, come i concittadini di Nazareth, amare noi, genia troppe volte ribelle e autoreferenziale, vincendo la nostra durezza con la pazienza del Suo amore.
Allora pregare diventa ascoltare chi ci parla nella vita di ogni giorno con ciò che ci accade attraverso quel "vocabolario" che è la bibbia. Allora amare è affrontare ogni giorno la pochezza del nostro cuore e riempirlo con l'amore di Dio, allora si che le famiglie ripartono. L'amore è presenza silenziosa e generosa, allora anche i ragazzi che hanno preso una strada sbagliata scoprono che c'è qualcuno per cui vale la pena fare marcia indietro.
Gesù oggi è entrato nella nostra chiesa per fare miracoli: glielo lascio fare?