Omelia (12-07-2015) |
mons. Gianfranco Poma |
Cominciò a mandarli due a due Il brano che oggi leggiamo, Mc.6,7-13, segna l'inizio di una nuova tappa nel cammino di formazione dei discepoli di Gesù nel Vangelo di Marco. La Liturgia domenicale ci fa leggere solo alcuni brani di un percorso preciso e graduale che richiede di essere percorso in tutta la sua integrità: la lettura e lo studio personale deve completare quello liturgico perché sia possibile cogliere in modo adeguato il percorso proposto, e seguirlo nella sua autenticità evangelica. Il rifiuto subito nella sua patria non ha per nulla fermato lo slancio di Gesù che anzi comincia ad allargare il campo del suo insegnamento nella regione circostante: l'incredulità che ha destato la sua meraviglia è nata dalla chiusura dei suoi compaesani di fronte ad un Dio che si manifesta nella normalità della carne umana. Di fronte alla mancanza di fede, Gesù non mette in atto intelligenti strategie di potenza per poterli convincere, non fa sfoggio della sua divinità: con maggiore consapevolezza rimane fedele al suo cammino dentro l'umanità, per mostrare che la forza di Dio, il suo Amore, sta nella debolezza. Proprio quando il suo insegnamento e la sua presenza cominciano a suscitare "scandalo", egli passa ad una nuova fase del suo progetto: aveva cominciato a chiamare i suoi discepoli (Mc.1,16-20), poi aveva fatto dei Dodici una comunità perché stessero con Lui e per mandarli ad annunciare con l'autorità di scacciare i demoni(Mc.3,13-19). Se fino a questo momento essi lo hanno accompagnato ascoltandolo insegnare e vedendolo agire, adesso Gesù comincia a mandarli. Il loro programma è quello stesso di Gesù: come lui vanno ad annunciare; egli condivide con loro "l'autorità sugli spiriti impuri" ed essi hanno lo stesso suo successo, è Lui il fondamento della loro missione, ma occorrerà camminare con Lui sino alla Croce per capire il contenuto dell'annuncio e il cambiamento di mentalità richiesto e per sperimentare che la sua autorità è la presenza in Lui di un Dio che condivide la carne dell'uomo, la ama e la salva: adesso Gesù comincia a mandare i Dodici perché annuncino, li rende partecipi della sua "autorità", ma quanto ancora devono comprendere! E li manda "due a due": certo per motivi concreti, per dare rilevanza giuridica alla loro testimonianza, ma certamente perché questo risponde al progetto di Dio di fare dell'umanità una comunione di Amore. Non si può annunciare l'Amore se non amando: solo chi lo sperimenta può annunciarlo. Nessuno può pretendere di annunciare da solo un'esperienza che non può che essere di dialogo e di condivisione di esperienze diverse. Dopo la presentazione del fondamento dell'invio in missione, dei suoi attori e del mandato generale, Gesù rivolge raccomandazioni concrete: "E ordinò loro di non prendere nulla..." ogni equipaggiamento è escluso...gli inviati non devono confidare in niente se non in Colui che li invia... soltanto il bastone, i sandali e una tunica necessari per il viaggio. Ecco: il viaggio! Marco, a differenza di Matteo (10,4), più che alla radicalità della spogliazione degli inviati perché appaia che ciò che importa è solo l'annuncio del Regno, pensa all'inizio della missione come ad un "viaggio" che la comunità dei discepoli di Gesù comincia. Senza pane...con il bastone: tutto richiama l'esperienza del popolo d'Israele che nell'esodo viveva del dono della manna nel deserto (Es.16). La missione dei Dodici è la realizzazione nella storia del cammino del popolo messianico, la cui legge è l'Amore e la condizione la libertà: proprio la libertà da ogni paura, da ogni preoccupazione, da ogni condizionamento è il dono nuovo che Gesù vuole che i suoi discepoli sperimentino nella loro missione, frutto del loro rimanere con Lui. Per questo Gesù diceva: "Dovunque entriate in una casa, rimanete...", e le sue indicazioni, sono un invito a rimanere liberi, non condizionati dalle situazioni più o meno favorevoli dello spazio e del tempo. Gesù apre davanti ai Dodici l'orizzonte di un mondo nuovo, il mondo della libertà e dell'Amore, nel quale l'esistenza umana trova il suo significato pieno. Marco conclude il suo racconto così: "Partiti, portavano l'annuncio perché cambiassero mentalità, e scacciavano molti demoni, e ungevano molti malati e li guarivano". Mentre Gesù nella sua patria ha potuto guarire "pochi" malati, sono "molti" quelli guariti dai discepoli: è un successo, quindi, il loro? Certo..., ma forse equivoco! In realtà, se Marco parla del successo degli inviati come guaritori e come esorcisti, nulla è detto sull'esito dell'annuncio e della richiesta di conversione. Se i Dodici sono stati resi partecipi di una "autorità" straordinaria, poi le raccomandazioni hanno come scopo paradossale di privarli, secondo la logica umana, dei mezzi normali perché la loro missione abbia successo. È il paradosso della potenza e della debolezza che interpella i Dodici e continua ad interpellare noi. Da questo momento sempre con maggiore insistenza Marco sottolinea il rischio dell'incomprensione dei discepoli: anche per noi rimane aperto il cammino, mai scontato, dell' autenticità dell'esperienza della fede che significa sperimentare la forza e la inesauribile bellezza di Dio, ma rimanendo con Lui, sempre nella fragile quotidianità dell'esistenza umana. |