Commento Es 16,2-4.12-15; Sal 77; Ef 4,17.20-24; Gv 6,24-35
La liturgia della scorsa domenica attraverso il racconto del miracolo compiuto da Gesù della moltiplicazione dei pani e dei pesci ha voluto farci meditare il nostro attaccamento a tutto ciò che è terreno. Le folle dopo questo grande miracolo volevano proclamare re Gesù, ma Egli si ritirò da solo sulla montagna. Cristo vuole far comprendere alla moltitudine che ha sfamato che il vero pane è solo Lui perché è stato mandato dal Padre per la salvezza del mondo.
Gesù vuole che noi gli siamo fedeli, nella nostra piccolezza, perché solo così potrà, con la sua potenza, fare grandi cose. Il poco cibo del ragazzo è servito per tutti per mezzo di Cristo.
Attraverso la liturgia di questa domenica il Cristo insiste nella sua predicazione, perché vuole far comprendere alle folle di allora, ma soprattutto a noi oggi, la differenza fra il pane dato nel deserto che finisce e il "pane" mandato veramente dal cielo da Dio per la salvezza dell'umanità; questo pane infatti dura in eterno.
Nella prima lettura, tratta da libro dell'Esodo, rileggiamo il lamento degli Israeliti nel deserto che si adirano con Mosè ed Aronne perché non avevano da mangiare e non avevano acqua; quasi avrebbero preferito che il Signore Dio li avesse lasciati in Egitto dove c'era abbondanza di tutto.
Il Signore Dio disse a Mosè che avrebbe mandato loro dal cielo il pane e ognuno ne avrebbe potuto raccogliere quanto necessario per ogni giorno; questo per vedere se il popolo camminava nella sua legge: al tramonto mangeranno carne ed al mattino si sazieranno con il pane, cioè la manna cibo che gli israeliti non conoscevano.
Il Signore sapeva però che essi chiedevano il cibo, ma nel loro cuore avevano anche il desiderio di incontrarsi con lui; questo richiedeva un lungo cammino di fede. Solo nel deserto mangiarono la manna e molti morirono; al contrario chi mangia il pane mandato da Dio Padre vive in eterno, chi aderisce a Cristo vive con lui e trova la serenità spirituale.
Con il ritornello del salmo responsoriale il salmista evidenzia la preghiera del popolo che chiede al Signore di donargli il pane del cielo.
Nei versetti il popolo promette che tutto ciò che gli è stato tramandato, tutte le cose meravigliose che hanno vissuto i loro padri saranno raccontate ai loro figli.
Racconteranno soprattutto come il Signore fece scendere dal cielo la "manna" ed il cibo in abbondanza .
Nella seconda lettura l'apostolo Paolo scongiura i fratelli Efesini a non comportarsi più come i pagani che si preoccupavano solo di tutte le cose del mondo, ma "voi che avete ascoltato il Cristo e da lui siete stati istruiti nella verità abbandonate l'uomo vecchio e rivestitevi, come Cristo dell'uomo nuovo".
Gesù Cristo è l'"uomo nuovo" che non cambia mai, Egli è la "stella polare", che in un canto di comunione pronunciamo con fervore ed è anche l'ancora a cui aggrapparsi nei momenti difficili, è il faro che illumina nella notte oscura.
Quando ci affidiamo al Cristo la vita riprende con gioia e solo con lui possiamo fare l'esperienza di creature nuove.
Quando nella nostra vita ci siamo abbandonati completamente al Cristo risorto ci siamo sentiti veramente in pace con lui, con noi stessi e con tutti gli altri: allora perché nel quotidiano non lo facciamo e ci lasciamo coinvolgere da tutte quelle cose che servono ma spesso sono inutili?
L'apostolo Giovanni nel vangelo di questa domenica mette in rilievo la differenza fra "miracolo e segno"; il miracolo infatti rischia di diventare qualcosa di grandioso che produce emozione e meraviglia, ma non ha conseguenze, mentre il segno porta l'uomo ad andare oltre il fatto e a cogliere il messaggio segreto dell'avvenimento.
Giovanni dice che né il miracolo né il segno portano ad avere fede, servono però per avvicinare la Parola per interpretarli.
Il Cristo del vangelo di Giovanni prende l'uomo dove si trova, il Verbo scende dal cielo e cerca di portare l'uomo alla sua sequela attraverso la Parola spiegata ed interpretata.
Le folle quando non videro più Gesù e neppure gli apostoli presero le barche ed andarono a Cafarnao a cercarlo per interrogarlo, per conoscere quali opere dovevano fare per avere il cibo di cui parlava il maestro.
Gesù rispose loro: "Voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma solo perché vi siete saziati, datevi da fare per il cibo che dura per la vita eterna non per quello che non dura. Il Padre vuole che crediate in colui che vi ha mandato: questa infatti è l'opera di Dio".
Le folle chiesero ancora una sicurezza a Gesù: Dio aveva mandato ai loro padri nel deserto la manna per saziarsi, ma Gesù che segno dava loro?
La manna aveva avuto una grande importanza nel vecchio testamento, ma Gesù dice loro che non era Mosè che l'aveva data, ma era scesa dal cielo mandata da Dio.
Gesù rispose ancora: "Io sono il pane disceso dal cielo, chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà sete mai".
Gesù vuole che gli uomini si incontrino con lui, con la sua persona, per creare con loro una relazione di amore che faccia loro comprendere quello che Dio Padre vuole per tutti gli uomini, cioè che tramite il Cristo possano arrivare alla vita eterna attraverso il pane disceso dal cielo.
Il cammino dell'uomo di oggi come allora passa nella coniugazione di tre verbi: credere che Cristo è stato mandato dal Padre, accoglierlo e vivere ogni giorno con lui.
A Cafarnao Gesù cerca di far comprendere alle folle cosa è il "pane disceso dal cielo", ma la gente, ormai sazia, non ha più fame. Gesù non è comunque insensibile ai problemi materiali degli uomini, ma vuole distogliere la loro attenzione e preoccupazione solo da cibo che è terreno, per far sì che nel cuore di ogni fratello sgorghi il desiderio di conoscere il Cristo e attraverso lui entrare in relazione con il Signore.
Il guaio è che spesso nella nostra vita non abbiamo "più fame" di cose grandi, ci fermiamo perché sazi del nostro piccolo orticello, che ci da frutti appena per noi, siamo appagati da quello che abbiamo e ci basta, ci consideriamo dei mediocri e quindi va bene così. Questo atteggiamento, comprensivo per l'uomo, dimentica però che tutti siamo chiamati alla santità, ed allora svegliamoci e cerchiamo di raggiungere le alte vette!
Di fronte alla meraviglia di un mare calmo e tranquillo ci assale il desiderio di immergerci e di nuotare finché le forze ce lo permettono e solo così possiamo dire di aver goduto di quella meraviglia della natura. Non parliamo poi dei panorami che possiamo vedere dalle cime dei monti, la grandezza del creato ci riempie il cuore di gioia, ma quanta fatica per arrivare in alto a godere quello spettacolo?
Giovanni propone all'uomo di "superare" la linea che esiste fra le certezze umane che ci gratificano e fare il salto di qualità che ci porterà alla comprensione della Parola e alla vicinanza continua del Cristo nella nostra vita.
Credere in Gesù Cristo, mandato dal Padre e seguirlo con fede vera: ecco la grande proposta di questa liturgia.
Per la riflessione di coppia e di famiglia:
- Ci è mai capitato di lamentarci con il Signore per qualcosa che non è andato secondo le nostre aspettative? Se sì, perché?
- L'Uomo nuovo di cui parla il vangelo chi è per noi? Che senso ha la frase: "rivestitevi dell'uomo nuovo e seguite il Cristo" per la nostra vita di cristiani e di persone inserite nella società?
- Siamo capaci di immergici negli avvenimenti che, a volte, possono anche sconvolgere la nostra vita per comprenderne a fondo il significato: ci chiediamo cosa il Signore vuole da noi?
- Quando riceviamo l'Eucarestia siamo veramente sicuri che quel "pane" è Cristo mandato a noi dal Padre?
- Riusciamo ad entrare in relazione con Gesù e con il Padre? La fede ci aiuta in questo?
- Siamo sicuri di cercare sempre, in ogni momento della nostra vita, il "vero pane" e di seguire la strada indicata dalla Parola?
Gianna e Aldo - CPM Genova